Personaggi ed Eventi

Intervista su Putin

segnalato dalla Redazione, da un articolo di Repubblica

L’intervista
Galljamov: “Da Groznyj in poi la leadership di Putin basata sui conflitti”
di Rosalba Castelletti – Da la Repubblica del 26 marzo 2025

Quando fu eletto nel 2000, nessuno immaginava che sarebbe diventato un dittatore

Quando il 26 marzo del 2000 Vladimir Putin fu eletto presidente della Federazione russa per la prima volta, nessuno avrebbe previsto che l’oscuro ex funzionario del Kgb prestato alla politica sarebbe rimasto all’apice della “verticale del potere” per 25 anni. «Neppure Putin lo avrebbe immaginato», dice al telefono con Repubblica Abbas Galljamov, 52 anni, suo ghostwriter durante quel primo mandato e poi durante la sua parentesi da premier. Oggi consulente politico indipendente, Galljamov è ricercato in patria e costretto all’esilio a Tel Aviv.

Nel 2000 Putin arrivò alle presidenziali da favorito, dopo aver sferrato da premier l’anno prima la seconda guerra cecena. Da allora ha combattuto in Georgia, Crimea, Donbass, Siria e dal 2022 in Ucraina. Quanto hanno contribuito le guerre a consolidare il suo potere?
«Nella politica russa ci sono due paradigmi. Uno è quando domina la politica estera, l’altro è quando domina la politica interna. Quando è la politica estera a dominare l’agenda, le autorità sono patrioti che difendono la Russia dalle forze straniere che l’assediano e gli oppositori sono i traditori. Quando è la politica interna a dominare, tutto si capovolge: i governanti sono oppressori, gli oppositori i paladini della giustizia. La politica russa è una lotta perpetua per l’agenda. L’opposizione cerca di attirare l’attenzione sulla politica interna, le autorità sulla politica estera e per riuscirci cercano l’escalation. Quando la necessità di escalation diventa dominante, iniziano le guerre».

È quello che è successo in Ucraina?
«Esattamente. La popolarità di Putin era in calo dal 2018. La gente aveva perso interesse nella politica estera. Era stufa di sentir parlare di Ucraina, Nato, Usa e Medio Oriente e aveva iniziato a prestare sempre più attenzione alla politica interna. Le presidenziali del 2024 sarebbero state un disastro e per scongiurarlo Putin ha usato il pretesto dell’escalation con la Nato e Kiev per iniziare una guerra che in realtà aveva pianificato da tempo come “guerra diversiva” per distrarre l’attenzione della nazione da un’agenda per lui non redditizia.
Non pensava però che sarebbe durata oltre tre anni e che sarebbe stata così devastante. Puntava a un’operazione lampo come fu l’annessione della Crimea nel 2014».

Lei ha iniziato a scrivere i discorsi di Putin nel 2001. Com’era allora? Immaginava che sarebbe rimasto al potere per un quarto di secolo?
«Allora nessuno ci avrebbe creduto, Putin compreso. Era un buon manager. Molto razionale, attento.
Nessuno avrebbe mai creduto che sarebbe diventato un dittatore che avrebbe cercato di governare il Paese a vita, che avrebbe iniziato una guerra dopo l’altra e ucciso centinaia di migliaia di persone, che avrebbe scatenato repressioni mai viste dai tempi di Stalin. Allora il suo governo era problematico, ma era comunque democratico. Oggi non solo è un regime autoritario, ma ha iniziato a trasformarsi in un regime totalitario».

Com’è avvenuta questa trasformazione?
«Un passo alla volta. Quando fu eletto nel 2000, Putin non aveva in mente nulla di veramente cattivo.
Sì, era corrotto. Voleva far soldi, perciò ha preso il controllo del sistema finanziario del Paese. Per farlo ha abusato della legge, si è creato dei nemici e quando è stato necessario si è difeso con la forza. E così, un passo alla volta, è arrivato al punto in cui per mantenere il potere doveva iniziare una guerra».

Che cosa pensa dei negoziati in corso con gli Usa? Putin è davvero interessato a una pace in Ucraina?
«Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca per Putin è stata una benedizione. Perciò non può permettersi di entrare in rotta con lui. Lo sta convincendo a sostenere le sue rivendicazioni contro Kiev offrendogli in cambio affari o successi in Medio Oriente, come in Iran, per guadagnare tempo e ottenere una posizione di maggiore forza nei confronti dell’Ucraina».

In tre anni di conflitto in Ucraina, Putin ha superato le sanzioni, la mobilitazione, il ritiro da Kherson, l’ammutinamento di Wagner. Non ci sono crepe nel suo potere?
«Ci sono molti segnali di debolezza.
Il primo, e più ovvio, è che non può vincere la guerra che ha iniziato.
Pensava di sconfiggere l’Ucraina in tre giorni e invece combatte da tre anni. La propaganda strombazza che la Russia è la più grande potenza mondiale e che l’Ucraina è uno Stato artificiale. E allora come può uno Stato artificiale resistere al Paese più potente al mondo? E l’economia è ancora lontana da una crisi generale, ma le autorità stanno usando la parola “crisi” per molti settori. In conclusione, la sua leadership è indiscussa, ma è superficiale. Nel profondo si sta indebolendo, perché la sua legittimità si è basata sul presupposto che vincesse sempre e adesso non vince, non può vincere».

Putin è solito chiedere agli storici quale sarà l’epitaffio dei posteri su di lui. Lei che cosa risponderebbe?
«La storia non è ancora scritta. Molto dipenderà da come si concluderà la sua presidenza. Se riuscirà a nominare un successore, allora, almeno in Russia, il giudizio sarà neutrale. Se invece il suo regime crollerà con lui o subito dopo di lui, passerà alla storia come un Hitler che ha portato la Russia verso l’abisso».

[Di Rosalba Castelletti, articolo da la Repubblica del 26 marzo 2025]

Articolo in file .pdf: Repubblica del 26 marzo 2025. Putin. Interv. a A. Galljamov di R. Castelletti

1 Comment

1 Comments

  1. Sandro Russo

    27 Marzo 2025 at 06:10

    Mi ha impressionato e fatto pensare questo articolo su Putin, nell’analisi di uno che lo conosce bene per aver lavorato fianco a fianco con lui – per qualche tempo scriveva i suoi discorsi; quindi non un dozzinale detrattore – attraverso l’allineamento di fatti storici e controllabili, che si sono susseguiti in Russia durante i 25 anni della sua presidenza. Un articolo sulla personalità del leader e sul suo modo di gestire le crisi, dominato dall’urgenza di difendere e rafforzare il suo potere (personale, non della Russia, si badi bene, anche se nella sua testa, immagino, i due termini si sovrappongano).
    Un articolo che manda in soffitta molti dei presupposti della geopolitica, la possibilità attribuitale “di predire l’azione politica (e quindi gli eventi futuri) tramite l’analisi del contesto spaziale (da intendersi in senso non meramente geografico, ma anche culturale, sociale ed economico) degli attori politici stessi o almeno di una parte dei comportamenti politici (Wikipedia). Disciplina che pure mi aveva attirato per una breve stagione, in tempi in cui si potevano analizzare i dati e ragionarci sopra. Prova ne sia lo spazio che abbiamo dato sul sito alle analisi di Limes e del suo fondatore/direttore Lucio Caracciolo. Non ora che le vicende mondiali sembrano aver preso una piega irrazionale e perciò imprevedibile.
    Quale geopolitica poteva prevedere la nefasta associazione Trump – Vance – Elon Musk? Esisteva la geopolitica ai tempi del re Sole (Luigi XIV di Borbone), quando alleanze e guerre venivano decise dall’umore del sovrano, quando i saggi traevano auspici nel cabinet du roi dal fatto che l’intestino del sovrano avesse funzionato bene o il re non fosse invece costipato?

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