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Il bianco, il nero e… il grigio. La cupidigia

di Pasquale Scarpati

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Si è talmente coinvolti in mille cose da fare, che non solo non ci accorgiamo del tempo che passa ma soprattutto spesso non riusciamo a cogliere le sfumature che le giornate ci regalano. Così la mattina, aprendo gli occhi, vediamo la luce del giorno oppure, se è ancora buio, accendiamo quella artificiale e la sera vediamo il buio soltanto là dove non c’è luce. Altrimenti il passaggio tra il giorno e la notte non è avvertito. Quando fa buio, infatti, subito cerchiamo qualcosa che lo rischiari: di norma una lampadina. Lampioni lungo le strade che si accendono all’imbrunire fanno sì che ci sia sempre luce.
Bisogna trovarsi a Trebbiente o nella profonda oscurità marina per capire cosa sia il nero.
Esistono, però, altri momenti della giornata che andrebbero “gustati” come quando si gusta una cosa che piace, di qualsiasi genere esso sia. Per fare ciò innanzitutto bisogna soffermarsi e poi soprattutto non andare di fretta. Perché è pur vero che all’alba ci sono moltissime persone che stanno già sveglie, ma anche loro vanno già di fretta su mezzi veloci oppure lavorano in locali da cui non è possibile osservare quello che accade fuori come i panettieri.

L’alba, nel suo pallore, comincia a definire i contorni delle cose naturali ed umane che al buio erano informi. Ancor più se sono del tutto sconosciute. Perché, se si è circondati da cose conosciute, in qualche modo si riesce ad immaginarle anche se a volte in modo non preciso. Ma se ci si trova in ambienti sconosciuti non di rado si è presi dal panico specialmente quando ciò che ci circonda potrebbe incutere paura. L’alba rischiara il tutto e, fugando l’immaginazione, ci fa vedere la realtà.
Di seguito spunta l’aurora dalle dita di rosa, come diceva Omero, ed infine sorge l’Astro che rende vivo ciò che ci circonda. Dopo un po’ di tempo, lo stesso Astro va a riposare e se ti trovi e ti soffermi ad ammirarlo tu vedi che lui arrossisce forse per tutto ciò che ha visto.
Ma comunque è uno spettacolo talmente affascinante che non di rado quelli che sullo slargo di Chiaia di Luna hanno ammirato tale spettacolo, applaudono come se si trattasse di gratificare un attore che ha ben recitato.
Ecco: il chiarore prima pallido che sfuma nel bruno; infine di nuovo sopraggiunge il buio. Pertanto per chi va di fretta, non accorgendosi di questi momenti della giornata, diventa tutto bianco o tutto nero. Così in tutte le cose che accadono, alcuni ci vogliono far vedere il bianco, altri il nero come fossero due linee nettamente separate. Ma sul nostro Pianeta ciò non è possibile a causa dell’aria. Piano piano, quindi, appaiono le sfumature. Ma per vederle bisogna fermarsi e soffermarsi. Sembrano cose marginali. Invece sono essenziali per capire.
Come all’alba riusciamo a capire il senso pieno di ciò che ci circonda e all’imbrunire possiamo analizzare la giornata trascorsa prima di inoltraci nel buio, così i grandi eventi che si susseguono in questi giorni vanno analizzati anche alla luce di ciò che sta emergendo e di cui poco si sapeva.
Emergono, infatti, attriti ed incomprensioni.
“Emerge – sbotta Verucccio – la cupidigia. Quella che, da sempre, ha provocato immani catastrofi!”.
Prosegue: – “Il denaro serve. Serve anche per migliorare il tenore di vita e per il progresso. Penso, infatti, a quanto denaro occorre per la ricerca in tutti i settori della vita umana. Ma spesso, purtroppo, a qualcuno il denaro non basta mai per cui diventa avaro e bramoso. La cupidigia non elargisce nulla. Tende soltanto ad accaparrare, senza dare nulla in cambio. Pertanto, pensando solo ad accaparrare, porta, paradossalmente, anche alla distruzione dei beni che danno sostentamento. Per questo da una parte desiderando sempre di più e dall’altra notando che gli introiti diminuiscono anche a causa del disfacimento di ciò che ha, non può far altro che riversare violenza sugli altri, adducendo mille pretesti (che si trovano sempre e da sempre). La cupidigia, infatti, genera violenza che a sua volta genera altra violenza da chi ha subito violenza. Il forte, infatti, martella il debole. Quest’ ultimo, a sua volta, cerca prima di difendersi poi non pensa ad altro che a rendere la pariglia. In un circolo tremendo e perverso da cui in genere si esce (se si esce!) da sotto la macerie, insanguinati e pieni di polvere e per la stragrande maggioranza delle persone con le… pezze al culo. È stato sempre così. Pochi fanno affari mentre tanti muoiono o soffrono.  La cupidigia, inoltre, non vede nettamente ma è strabica perché vede in modo distorto; è miope perché non vede al di là del proprio naso. È anche cocciuta perché vuole imporre agli altri il proprio modo di vedere anche se distorto. Purtroppo per aggiustare questi difetti ci vogliono, spesso, interventi oppure delle lenti costosissime che richiedono anni e anni di sacrifici da parte di tutti. Pertanto la cupidigia fa regredire il mondo. Comunque sia, il potente è sempre potente e fa valere la sua tesi con le buone e, purtroppo, anche con le cattive nei confronti di chi, sapendolo più debole, oppone una certa resistenza. Rigetta, anche con scherno, tutto quello che l’altro dice a propria difesa”.
Qui tace. A me, immediatamente, sovviene l’episodio dell’ambasciatore romano Gaio Popilio Lenate che si incontrò o meglio si scontrò con il re siriano Antioco IV Epifane; siamo nel 169 a.C.. Poiché quello resisteva e cercava di prendere tempo, lo umiliò davanti a tutta la Corte. Con un bastone, infatti, repentinamente gli disegnò intorno un cerchio, intimandogli di prendere una decisione prima di oltrepassare quella circonferenza. Pena, la guerra. Quello, cosciente della propria inferiorità militare, non potette far altro che sottomettersi al volere di Roma, militarmente più potente.

Forse le cose non sono molto cambiate rispetto a 2200 anni fa circa! Pertanto non tutto è bianco e nero ma esistono sfumature che sarebbe il caso di conoscere e capire ma senza portare fretta. Poiché, spesso, per la fretta si suole demandare ad altri decisioni anche importanti.

 

Note (a cura della Redazione)

In una comunicazione privata Pasquale ci dice di aver scritto questo pezzo all’indomani del famoso scontro alla Casa Bianca fra Trump e Zelensky: “Il racconto è frutto dei miei ricordi da bambino e un po’ della mia esperienza e di ciò che mi raccontava mia madre”.

Etimologia di “cupidigia”
cupidigia /kupi’didʒa/ s. f. [lat. ✻cupiditia, der. di cupĭdus “cupido”] (pl. -gie). – [desiderio ardente di beni e piaceri materiali: c. di potere]. Sinonimi:  avidità, (lett.) brama, (lett.) bramosia, (lett.) cupidità, ingordigia, smania. Contrari: misura, moderazione, temperanza [da www.treccani.it].
– Dal latino cùpidus, da cupere: bramare smodatamente [dal Dizionario etimologico Utet; Tristano Bolelli; Ed. Tea,1994].
– Non è evanescente e pura come il desiderio (casto anche quando è carnale) né volontaria come la brama: è più simile all’avido avaro, all’ingordo cieco. Il cùpido osserva gelosamente la soddisfazione effimera delle proprie viscere, nelle quali conserva le suppurazioni maldigeste del piacere, la sanie di una voglia che non è mai volontà – stampella tarlata dell’egoismo [da https://unaparolaalgiorno.it/].

Immagine di copertina. Jabba the Hut è un personaggio della saga di Guerre Stellari – Star Wars, di George Lucas; 1977 e segg

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