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Pigre, le mie mattine a Essaouira… Cominciano presto, quando è ancora notte. Le strade deserte, i negozietti tutti chiusi; si incontrano pochissime persone e nessun turista. Molti gatti, invece… A quest’ora sono loro gli unici padroni della città.
Mi dirigo verso il mare per istinto. Il porto canale è indicato da un bastione e da una scogliera, poco più in là c’è una lunga spiaggia. Dalla parte opposta – l’ho visto dall’alto – un’altra lunga spiaggia dove si frangono le onde. È lo spazio dominato dai gabbiani, a decine, posati su un lembo di sabbia; molti altri in alto a volteggiare sopra le banchine con le reti ammonticchiate e le barche da pesca ormeggiate. Uccelli affamati, a banchetto tra i resti delle attività umane.
Sono attratto da una macchia dai colori intensi sulla banchina, tra le reti. Una macchia arancio e verde, spicca tra il grigio e il marrone circostante. Mi avvicino. È una tavola da surf. La custodisce un uomo in pantaloncini da bagno, lo immaginavo giovane, da lontano, invece ha una certa età.
– Mamma mia, col freddo che fa qui, la mattina – penso rabbrividendo, mentre mi avvicino.
– Bonjour, good morning! –
– Buongiorno! – mi risponde in italiano – Ma da che l’avrà capito?
– Buongiorno, ma non hai freddo?
– Ci sono abituato – mi dice.
Si chiama Mauro ed è delle parti mie, in provincia di Roma. Essaouira è un posto di hippies e surfisti, ma ora io li ho davanti entrambi, riuniti in una sola persona. Mauro ha voglia di parlare e io lì al momento giusto. Parliamo per un’ora, mentre il sole si alza sull’orizzonte e scalda questi ultimi scampoli d’inverno. Della stagione eroica della sua giovinezza gli sono rimasti solo un paio di baffoni a manubrio e una mosca sotto al mento che si tocca spesso, mentre parla. Il suo corpo è ancora grosso e massiccio, con un accenno di stomaco prominente. I capelli sono un po’ radi, più grigi che neri, ma ancora si permette una coda che raccoglie dietro la nuca con un elastico. Poi un paio di tatuaggi di creature marine – un delfino, una sirena – sui bicipiti appena inflacciditi. Mi racconta di essere stato l’universal soldier del ‘Movimento’ cui aveva aderito con entusiasmo fin dal suo diffondersi, quando anche lui era giovane. Ne aveva accolto tutte le istanze, confuse all’inizio, che si erano precisate nel corso degli anni. Era stato contro la guerra del Vietnam e contro tutte le guerre; idealmente insieme ai giovani che protestavano nei campus americani. Era stato a Parigi nei giorni del Maggio francese e via via aveva abbracciato quel modo di vivere libero, da cittadino del mondo, seguendo le ‘migrazioni’ dei fratelli, ormai il suo popolo di appartenenza. Con loro aveva conosciuto Goa e l’Afghanistan, gli anni del Guatemala e i raduni a Chichicastenango.
Poi la musica! L’aveva studiata in gioventù – Ero dotato! – mi dice – Ho deluso le aspettative dei miei, che già mi vedevano concertista! Di musica rock era anche vissuto per qualche tempo. Lo chiamavano “Zio rock”! Gli piaceva… lo prendeva come un complimento. Era stato a Woodstock, nel ’69, e l’anno dopo all’Isola of Wight…
– L’isola di Wight!? Strana la vita e gli incontri che si fanno… – dico – Ma lo sai che quell’anno c’ero anch’io? Ricordiamo assieme quei tre giorni di esaltazione, che a volte, a distanza di anni, mi sembra di avere solo sognato. Poi Woodstock. Lui era stato anche lì. Mi dice che qualcuno, anni dopo, avrebbe ricordato la chiusura di quel raduno e le note dell’inno americano suonate da Jimi Hendrix – distorte sino a sembrare le raffiche di una mitragliatrice. Lui, a quel suono che si diffondeva nel campo mezzo addormentato nelle prime ore del mattino, aveva sentito un brivido, ma non aveva pensato a un commiato.
La visita di Jimi Hendrix a Essaouira, nel 1968, è entrata nelle leggende locali
Le date dei concerti – mi dice – avevano scandito i suoi anni: dentro e intorno la vita: persone con cui aveva condiviso tutto, le case dove aveva abitato, i joint, il sesso, il cibo che aveva imparato a fare per tutti. Ma soprattutto la sensazione di esser parte di qualcosa di più grande, un nucleo resistente di “umanità”, malgrado tutto; le mani e il sorriso sempre aperti per accogliere gli amici in difficoltà; una visione comune del mondo che non aveva bisogno di essere spiegata, e se gli altri non la condividevano non gli importava granché.
Non erano stati anni facili da attraversare, evitando droghe ed eccessi. Aveva ‘svoltato’ l’esistenza insegnando le cose che conosceva bene. Insegnava a suonare diversi strumenti e si era fatto un discreto nome, nel giro; ma organizzava anche viaggi cosiddetti ‘alternativi’, corsi di cucina; alle brutte si offriva come bracciante per la raccolta e la potatura degli olivi.
Ma poi il mondo era diventato sempre più rigido e impermeabile per lui e per quelli come lui. Qua e là erano ricominciate le guerre, molto peggiori di quella del Vietnam, contro cui aveva manifestato nei suoi anni verdi.
Il sistema aveva vinto? Più volte i suoi allievi gli avevano chiesto di pagare con un bonifico e un amico gli aveva consigliato di aprire un conto in banca… Non erano cose per lui, quelle… Anno dopo anno aveva seguito le migrazioni della sua gente, di paese in paese, in un mondo che si andava restringendo sempre più, tra regimi dittatoriali e guerre sommerse o combattute sul campo.
E infine si era trovato a Essaouira, sulla costa atlantica del Marocco, un posto che aveva intravisto e amato negli anni passati con un gruppo di amici che inseguiva le onde per il surf in giro per il mondo. Era passato per Marrakesh, pochi giorni soltanto, prima di cercare il mare. Per una volta era da solo, nessuna compagna, nessun gruppo intorno a fargli corona e supporto.
Ci siamo salutati.
– Dovresti provare il surf – mi ha detto, con una sfumatura di ironia. Non fa per me! Rispondo …soffro l’acqua fredda ed è troppo tardi per cominciare cose nuove, alla mia età.
Lo accompagno per un tratto, verso le onde, poi resto sulla spiaggia mentre lui entra in acqua senza un sussulto. Di nuovo rabbrividisco per lui. Poi si allontana nuotando appoggiato alla tavola, per raggiungere la zona di mare al di là dove si formano le onde.
Seguo le sue prime evoluzioni, poi mi allontano a piedi, dalla parte opposta. Quando arrivo sull’altura mi volto ancora per cercarlo con gli occhi, ma non riesco più a vederlo.
