Viaggi

Viaggio in Marocco (14). Meryem e la scatola di fiammiferi

di Brunella Borsari

Il gruppo della Scuola di Scrittura del Viaggio si è spostato a Essaouira. Ecco qualcuna delle cronache da quella ridente cittadina di mare, tra gabbiani, negozietti, barche da pesca e spiagge da surf.
S. R.

Meryem e la  scatola di fiammiferi
di Brunella Borsari

Mi ha scelto lei. Si è avvicinata a me, fra tutte le persone sedute in quella panca a elle posizionata contro il muro del locale, ha aspettato che spostassi la mia borsa e mi è saltata in grembo. Ho accolto quella morbida creatura pelosa con tenerezza: ho un animo da ‘gattara’, ho sempre avuto presenze feline nella mia vita, l’ultima mi ha lasciato da poco e ancora ne soffro. La accarezzo, percepisco la vibrazione delle sue fusa mentre ascolto, attenta.

Mi trovo a Essaouira, una città marocchina sulla costa dell’Atlantico: bastioni fortificati con cannoni che puntano verso il mare, un piccolo porto pieno di barche verniciate di blu, una medina con le case bianche e i tanti negozi colorati, che offrono ogni tipo di merce.
Cielo azzurro, sole splendente, peccato sia freddo, ma almeno non c’è il forte vento dell’Atlantico che qui soffia sempre: ma non in questi giorni, per fortuna!
Dal riad dove alloggiamo abbiamo percorso un breve tragitto nei vicoli della medina e siamo arrivati al caffè L’Esprit.

Il locale è minuscolo, ci eravamo già passati ieri: all’interno, tutto lo spazio è occupato dal bancone, e da una panca ricoperta di cuscini a colori vivaci, addossata alla parete di fronte, con un tavolo davanti per appoggiare i caffè. All’esterno, lungo i muri bianchi, sono state posizionate altre panche, ad uso dei clienti del caffè. Ma stamattina è troppo freddo e preferiamo stringerci tutti dentro, ordinando cappuccini e caffè caldi.

Meryem, la titolare del caffè, ci accoglie con un sorriso luminoso. È una giovane donna alta e flessuosa, con una pelle ambrata perfetta, penetranti occhi scuri e capelli neri lucenti che tormenterà con le dita per tutta la durata del nostro incontro, infilandoli e sfilandoli dal collo del maglione.  Piccoli cerchi d’argento le dondolano dolcemente ai lati del viso: assoluta bellezza.
Ha accettato di incontrarci e di raccontarci la sua storia grazie alla nostra amica Antonella, che in questo viaggio si è assunta il compito di farci sentire più viaggiatori che turisti, mettendoci a contatto con persone, esperienze e aspetti autentici di questo paese.

Antonella ha conosciuto Meryem, come Ghizlane, la cantate sufi che abbiamo incontrato l’altro giorno (leggi qui), al festival femminile Hey sister, che si tiene ogni anno a Marrakech : donne che cercano di conoscersi, fare rete, scambiarsi competenze.

Meryem ha portato alla manifestazione la sua esperienza imprenditoriale, ed è quello che farà anche con noi. Ma, con grazia e sempre sorridendo ci parla anche di sé, della sua storia personale.
Senza alcuna ostentazione ci racconta della sua infanzia e giovinezza privilegiate, all’interno di una famiglia abbiente e di alto ceto sociale. Suo padre è ingegnere, dirigente di una multinazionale; viene da Marrakech, ha lottato duramente per studiare e fare carriera, peraltro riuscendoci alla grande. E’il classico self made man, uomo di successo e padre inevitabilmente ingombrante.
La madre è una donna colta, laureata, che viene da una famiglia importante: suo padre, il nonno di Meryem, era addirittura ministro. Non ha mai neppure tentato di lavorare, si è dedicata alla famiglia e alle sue due figlie.
Meryem quindi ha avuto un’infanzia protetta, le scuole migliori, e quando è diventata più grande è stata mandata a studiare in Francia. Il padre aveva grandi aspettative nei suoi confronti, e non ha nascosto la sua delusione quando lei ha scelto di studiare Comunicazioni all’Università. Per lui, ingegnere, l’idea di studiare comunicazioni era astratta e astrusa, una scelta di scarso spessore rispetto alle facoltà più tradizionali, come invece avrebbe preferito.
Parla animatamente in un inglese fluente e molto comprensibile, mentre muove le mani disegnando semicerchi nell’aria: di fatto ci sta raccontando dell’inizio della sua ribellione, di un difficile processo di separazione e di affrancamento dalla figura paterna temuta ma amatissima.
Dopo la laurea, un’esperienza lavorativa a New York (lo dice con naturalezza, come se trasferirsi a NW fosse alla portata di ogni comune mortale) che però non la convince. Da lì, la decisone di rientrare in Marocco e di aprire una sua attività, sempre nell’ambito delle pubbliche relazioni.
Il Covid, per lei come per tutti, è stato un punto di non ritorno, che ha fatto saltare progetti e programmi, ma al contempo facendo emergere le esigenze e le idee più forti.
Meryem, che intanto si era sposata, approda a Essaouira, si innamora di questa città bianca sull’oceano e si imbarca nell’avventura di aprire un piccolo caffè, che lei pensa come un posto di libertà, dove tutti possano essere accolti e sentirsi a proprio agio, artisti, transessuali, ballerine balinesi… e anche viaggiatori italiani, a quanto pare.
Chissà come le sarà venuta l’idea. Ma non è una sprovveduta, affronta l’apertura del suo caffè L’esprit con spirito imprenditoriale e un know how che le viene dalle sue esperienze professionali precedenti.

Il caffè comincia a funzionare, lei è felice a Essaouira. Arriva anche suo padre, per vedere il locale, e ovviamente non ne è soddisfatto: è così piccolo, commenta,“sembra una scatola di fiammiferi “. In effetti…
Ma Meryem non si lascia smontare, ha molte idee per la testa: ci sono progetti di espansione, nei locali a fianco verrà creato un centro per iniziative culturali, ci sono già contatti e impegni con le autorità locali. È work in progress, si intuisce che lei voglia incidere sulla realtà del luogo al di là del piccolo spazio del suo caffè, e ben oltre la gradevolezza dei suoi cappuccini, dei meravigliosi biscotti alle mandorle (una autentica delizia, delicata a fragrante) e della dolcezza dei gatti del vicolo.
E, alla fine, suo padre ha acquistato una casa qui ad Essaouira: lei lo dice sorridendo compiaciuta. Immagino verrà spesso a prendere il caffè qui, nella scatola di fiammiferi, per vedere questa sua figlia bellissima e risolta, ricca di idee e di energie per realizzale. È un’approvazione paterna implicita e forse tardiva, sicuramente non più richiesta o necessaria, ma non per questo meno importante per Meryem. E un cerchio che si chiude.

Ho continuato per tutto il tempo ad accarezzare il pelo morbido della gatta, stabilmente accoccolata sulle mie gambe. Non ho affatto voglia di alzarmi e andarmene:la golosità del biscotto e il calore della scatola di fiammiferi, insieme al sorriso di Meyem hanno creato un momento perfetto.
Ma non possiamo continuare a invaderle il caffè! A malincuore mi alzo, faccio un ultima carezza alla gatta, che non ne vorrebbe sapere di spostarsi, saluto Meryam e la ringrazio: ci ha regalato una condivisione preziosa, è stata accogliente  e amichevole.
Ho vissuto un momento di calore e bellezza: un altro regalo del nostro viaggio, questo tempo a Essaouira, a respirare l’oceano, perdersi nei vicoli e  ascoltare la voce – e la vita – delle persone.

Clicca per commentare

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top