di Sandro Vitiello
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Siamo a metà marzo ed a Ponza incominciano a vedersi i segni della primavera che sta per arrivare. Le piante delle scope sono tutte in fiore, così come tanti alberi da frutta, sono arrivati i cudaianculi e la presenza dei felloni nelle reti da pesca è costante. Eppure c’è ancora parecchia instabilità nel clima, le piogge non mancano e il sole si affaccia con fatica. Le mie giornate ponzesi fuori stagione sono fatte di camminate e di parenti da andare a salutare. Non manca mai una visita ad Anna, la cugina del ristorante Punta Incenso. Là dove finisce la strada.
Entro in quella che tanti anni fa era la sala del ristorante. Vicino alla stufa c’è Raffaele, il marito di Anna. Mi saluta con quel suo tono di voce molto suadente, figlio di tante sigarette mai abbandonate, e mi siedo vicino a lui.
Raffaele ha passato gran parte della sua vita in mare. Destino condiviso con tanti ponzesi della sua età. Avere ottantotto anni significa portare a spasso non solo tanti ricordi ma anche le cicatrici di una vita vissuta intensamente.
Raffaele è nato nel 1937, nella casa in cui lo incontro, figlio di Luigi ’i Piscitiello e di Santina, anch’essa Vitiello. Lei razza ’i Ciaccio.
Ha fatto le scuole elementari fino alla quinta e i suoi insegnanti avevano un’alta considerazione di quel ragazzino. Però nel ’47 era già un traguardo importante per un giovane di Le Forna arrivare alla quinta elementare.
A undici anni è in Sardegna a pescare aragoste dalle parti dell’isola di Tavolara con suo zio Francesco; soprannome ’u pazz ’i Tavulara.
Dopo qualche anno lo troviamo a Castelsardo imbarcato con Filippo ’i Carmè’ ’i Caparossa a pescare corallo. Intanto mette gli occhi su una ragazzina più giovane di lui di tre anni e a diciassette anni lui, quattordici lei, si fidanzano ufficialmente. Lei, Anna Vitiello; pure lei razza Sacco, a Cala Fonte.
Insieme diventano una coppia inossidabile: quattro figli, sei nipoti e tre bisnipoti a garantire la progenie.
Anna è il personaggio pubblico della famiglia da quando a fine anni settanta mise in piedi il Ristorante Punta Incenso. Negli spazi che erano la casa dei genitori di lui, dove finisce la strada, a Le Forna. Ristorante ormai alla terza generazione.
Torniamo a Raffaele.
A metà anni cinquanta Raffaele è a Vignola con il suocero Girolamo, mio padre e altri, a pescare aragoste.
Passa qualche anno e lo troviamo in Toscana insieme a suo fratello Silverio ‘Miccetta’ su una zaccalena (lampara) a pescare acciughe e pesce azzurro.
Una barca per tutte: il mitico Albatros.
E poi negli anni settanta torna a Ponza e prende possesso, insieme ai miei fratelli Livio e Cesare, di quella che era la barca del suocero e di mio padre. La Sant’Anna seconda. Tanti anni ancora e poi l’ultimo imbarco, si fa per dire. Una barchetta di sette-otto metri “Silvia” con cui lavorare da solo. Quanto bastava per fare tutto da solo.
Una barca gialla ancora in mare, la guida Guglielmo, il minore dei suoi figli. Una barca che ha lavorato sempre intorno alla nostra isola e che ha portato a terra ogni ben di Dio. Pesce raramente venduto, in gran parte destinato al ristorante della moglie.
Raffaele rappresenta l’anima più autentica del ponzese.
Il legame indissolubile con il mare, l’impegno costante a uscire in barca, anche quando il tempo non era dei migliori, la conoscenza approfondita dei fondali, delle stagioni della pesca, del saper decifrare il tempo, le correnti, la luna. Essere in simbiosi totale con il proprio mondo e ricavare da questo il necessario per vivere. Sicuramente, come da tradizione ponzese, ha dedicato del tempo alla terra ma se passavi da casa sua e lui non era in mare, lo trovavi alle prese con un mazzo di reti da sistemare o con una coffa da passare. Le mani andavano sempre.
E adesso?
Adesso le giornate si sono fatte lunghe, anche se la primavera si avvicina, le parole si sono ridotte all’essenziale ma lui è lì con il suo sorriso, con la sigaretta sempre tra le dita e con quello sguardo che ti racconta di un mondo che ormai appartiene ad un numero sempre più limitato di persone.
Nota
Le foto in barca sono quelle appese sui muri del ristorante
