Europa

Oggi 15 marzo 2025, la manifestazione per l’Europa

proposto dalla Redazione, da la Repubblica

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Chiudiamo con questo secondo articolo di Antonio Scurati – uno scrittore, non un politico – la serie di notevoli scritti seguiti alla proposta nata da Michele Serra di manifestare per l’Europa oggi a Roma. Appuntamento alle h 15 a Piazza del Popolo, sperando che ci sia anche il sole.

L’intervento
I guerrieri d’Europa e la pace
di Antonio Scurati – Da la Repubblica del 14 marzo 2025

Superiamo la mitologia bellica e cerchiamo una nuova via. L’Ue ha bisogno di un esercito democratico esclusivamente difensivo
“La democrazia liberale, la giustizia sociale, i diritti umani, ecco alcuni dei fondamentali valori europei la cui tutela oggi richiede il nostro impegno
“ Questo è uno di quei momenti nei quali è la storia a dover fare la politica. Noi europei non siamo chiamati a riarmarci, siamo chiamati a reinventarci
“Dobbiamo ritrovare il senso della lotta: della lotta, sottolineo, non della guerra Troppo a lungo abbiamo sonnecchiato nei nostri salotti

Se vuoi la pace, prepara la pace. Parole sacrosante. Le condivido a pieno. E aggiungo: se vuoi preparare la pace, sforzarti di comprendere la guerra.
Questo sforzo mi ha procurato da parte di alcuni – a me come a molti altri – l’accusa infondata e infamante di essere un “guerrafondaio”. La questione personale è di scarsa importanza ma ne porta con sé una generale che richiede un chiarimento cruciale.Ottanta benedetti anni di pace in Europa occidentale hanno trasformato la guerra in un tabù, sottoponendo la parola a una interdizione lessicale (chi la pronuncia viene accusato di fomentarla), ad aberranti eufemismi (“guerre umanitarie“) e la cosa stessa a rimozione: la guerra, contenuto psichico disturbante, è stata allontanata dalla nostra coscienza.
Non la abbiamo attivamente ripudiata, come suggerito dalla nostra meravigliosa Costituzione; la abbiamo inconsciamente rimossa. A questo ci siamo limitati. E, infatti, le guerre non sono per niente cessate. Sono state semplicemente respinte ai confini del nostro mondo e ai margini oscuri della nostra coscienza e, lo ribadisco, combattute da altri anche in nostro nome (alleati, eserciti professionali, popoli satelliti, tecnologie missilistiche). Basti pensare ai bombardamenti aerei di Belgrado nel 1999 o alle due sciagurate guerre del Golfo. Poco alla volta, siamo diventati guerrieri da salotto, inerti consumatori dell’osceno spettacolo della distruzione, siamo diventati spettatori della guerra.

Sto forse suggerendo che dovremmo tornare ad essere veri e propri guerrieri? Niente affatto. Mi è stato rimproverato di aver scritto che anche in Europa, e fino alle guerre fasciste, per millenni la guerra “non è stata solo il dominio della forza, è stata anche il luogo di genesi del senso”, di aver ricordato che i nostri avi hanno cantato nella guerra eroica “l’esperienza plenaria, l’accadimento fatidico, il momento della verità nel quale si sono generate le forme della politica, i valori della società, si sono decisi i destini individuali e collettivi”.
Stavo rimpiangendo e riaffermando quell’idea sciagurata? Niente affatto.
Quella storia millenaria muore nelle pianure d’Europa seminate di milioni di cadaveri di due guerre mondiali e io sono pienamente convinto che non possa e non debba essere riesumata. In quel testo mi sforzavo di comprendere l’ideologia bellica occidentale, non certo di riaffermarla.
Attribuire a me quella visione è un equivoco totale. Ma è un equivoco che va meditato.

Oggi il terribile spettro della guerra si aggira nuovamente per l’Europa. E noi dobbiamo fronteggiarlo. Non possiamo più rifugiarci in una comoda rimozione. Diventa, perciò, più che mai importante comprendere l’ideologia bellica occidentale, il mito della guerra su cui si fonda e che attribuisce allo scontro armato frontale la doppia virtù di essere rivelativo e decisivo, la sedicente capacità di rivelare le identità dei combattenti e di risolvere i conflitti una volta e per tutte. È un mito sciagurato, un sanguinoso desiderio di luce smentito migliaia di volta dalla storia e dai campi di battaglia eppure mai abbandonato.
Decostruire, demistificare, smascherare quel mito è compito degli uomini di pace.
Per farlo, bisogna però prima capire. Capire la guerra e capire la pace. Non si comprende l’una senza comprendere l’altra.

Oggi più che mai è fondamentale rendersi conto della forza di seduzione della mitologia bellica, al pari della seduzione fascista, perché, purtroppo, quei miti sono ancora tra noi, sono di nuovo tra noi e, soprattutto, sono tutt’intorno a noi.
Noi europei occidentali ce ne siamo finalmente liberati ma altri ancora vivono e uccidono nel solco di quella ideologia e mitologia bellica (i soldati imperialisti di Putin, certo, ma anche quelli di Netanyahu che s’illudono di portare la luce della guerra aperta nei cunicoli tenebrosi dell’orribile massacro terroristico compiendo massacri più grandi). È importante comprendere e demistificare perché anche per noi la mitologia della guerra rivelativa e decisiva è servita a rappresentare, a motivare e a giustificare il ricorso alle armi ben dopo la fine della Seconda guerra mondiale – da Baghdad a Kandahar, da Belgrado a Tripoli e, per alcuni aspetti, anche a Kiev – con il solo risultato di generare altra distruzione, altra violenza, altre guerre.
Soprattutto, è importante comprendere e demistificare l’ideologia bellica perché la guerra non è mai finita. E di certo non finirà domani.
L’abbandono dell’antica via del guerriero – salutata senza nostalgia, senza ritorno – ci obbliga a cercare una nuova via. Ci chiama all’impegno, alla responsabilità, all’inventiva e, sì, ci chiama anche alla lotta.

Il pacifismo fanatico, irrelato e acritico, è un atteggiamento irresponsabile, talvolta perfino complice. Ma il pacifismo critico, maturo e consapevole è una irrinunciabile conquista culturale dell’Occidente europeo. Io, proprio perché studioso delle ideologie guerriere e narratore delle guerre fasciste, mi dichiaro pacifista. Ma, se non vogliamo che dichiarazioni del genere restino irresponsabili e complici esercizi retorici, dobbiamo prepararci a batterci. Lo ribadisco: dobbiamo ritrovare il senso della lotta; della lotta, sottolineo, non della guerra. Spirito combattivo e spirito guerriero non sono la stessa cosa. Anzi, nel nostro caso sono addirittura contrapposti. La democrazia liberale, la giustizia sociale, i diritti umani, ecco alcuni dei fondamentali valori europei la cui difesa oggi richiede il nostro impegno, la nostra intelligenza critica, la nostra lotta. E non può essere una difesa guidata dalla miopia dello sguardo nazionale o, addirittura, nazionalista. Deve essere una difesa comune a tutti gli europei che condividono quei valori quali ragioni di vita, di buona vita. Difesa comune non significa riarmo, significa risveglio. Troppo a lungo abbiamo sonnecchiato nei nostri salotti, agiati, terrorizzati e protetti. Troppo a lungo abbiamo disconosciuto le pretese, illegittime eppure incombenti, della realtà, al riparo sul lato incruento dell’arma da fuoco impugnata da altri.

Ci sono momenti nei quali la politica fa la storia. Questo è uno di quelli nei quali è la storia a dover fare la politica. Noi europei non siamo chiamati a riarmarci, siamo chiamati a reinventarci. Non nel solco della tradizione bellicista ancestrale ma in quello del pacifismo attivo, militante e antifascista nato in Europa sull’isola di Ventotene negli anni della Seconda guerra mondiale.
Un esercito europeo unitario di pace, democratico, esclusivamente difensivo, affiancato ad apparati specializzati nella soluzione diplomatica dei conflitti, non in competizione ma al servizio del welfare, non culmine ma fondamento del lungo, incerto ma necessario processo di unificazione politica dell’Europa. Ecco, questa mirabile invenzione riempirebbe il vuoto lasciato dalla benefica estinzione dei guerrieri europei. Se non lo riempiremo noi quel vuoto, altri lo faranno. E non in modo pacifico.

[Antonio Scurati – Da la Repubblica del 14 marzo 2025]
Immagine di copertina: fa vanityfair.it (Getty images)

Per il primo articolo di Scurati, cui questo fa esplicito riferimento, leggi qui

 

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