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Viaggio in Marocco (12). Il ragno nella bottega delle spezie

di Sandro Russo

Nelle “istruzioni per l’uso” della contrattazione nella Medina di Marrakech, Claudio ha suscitato l’immagine del ragno per il venditore appostato in un angolo del suo negozietto, pronto a calarsi sul cliente che vi entri. Per esperienza diretta ho capito perfettamente cosa intendeva.
Chiamavamo “er ragno” il nostro amico Maurizio, nei primi anni eroici e un po’ hippy del nostro insediamento al casale dove ancora adesso vivo, anche se negli anni è diventata una casa quasi normale. Lui aveva colonizzato una grande stanza, delle tante a disposizione, e ci aveva costruito dentro un lettone fatto con i passoni delle vigne (i pali di sostegno delle viti), enorme e inamovibile, tanto che poi, qualche anno dopo, l’abbiamo dovuto fare a pezzi, perché dalla porta proprio non passava.
Ebbene Maurizio viveva in quella stanza come appunto un ragno, nella sua ragnatela con letto, dove ineluttabilmente cadevano le sprovvedute amiche di Tina (altra ospite stanziale del casale) che andavano a trovare lei e poi, spinte dalla curiosità, il personaggio di cui avevano sentito parlare. Non l’avessero mai fatto. Nel momento in cui entravano, il loro destino era segnato.
Un po’ da spettatore, tutto vedevo e registravo. Mi incuriosivano le varie tecniche messe in atto dal ragno come pure i tentativi di fuga delle povere ‘mosche’. I meccanismi erano quelli basici dell’attacco o della fuga, ma le varianti erano infinite. C’era molto da imparare. Rispetto a un certo numero che riusciva a scappare – poche -, qualcuna si fermava a cena – e quello era il segnale della resa – qualcuna gli aveva pure proposto un vero ‘fidanzamento’ (e in tal caso era lui a spaventarsi e a lasciarla scappare!)


Qui a Marrakesh, nella Medina, il suk della città è tutto un susseguirsi di negozietti dove si vende di tutto… qualunque cosa ti venga in mente là la trovi. O te la possono procurare. Ogni negozio ha il suo ragno, con barba o senza; vestito all’occidentale o con una lunga jallaba; benevolo o burbero…
Sono entrato in una botteguccia di spezie (1), neanche una delle più grandi di quelle viste in giro, quelle con le piramidi sgargianti­ di polvere di ogni colore che passando uno non può fare a meno di fermarsi a guardare.

Gli odori e le spezie sono tra le cose che più mi attirano; ne ho una discreta conoscenza, per una frequentazione di più lunga data dell’Oriente, anche per la curiosità di trovare analogie e differenze al confronto tra l’Africa e l’Asia, al riguardo.
Guardo da fuori, gironzolo, annuso; poi mi decido a varcare la soglia. Il “ragno” della situazione è un signore di mezz’età, una tunica bianca e blu a strisce verticali, tarchiato, con barba brizzolata che gli incornicia il viso squadrato. Mi saluta e esce, come per lasciarmi libero di guardare o provare, a mio piacimento.

Le spezie sono tante, gli odori si accavallano, i ricordi evocati anche – sono i profumi i più potenti evocatori di ricordi -; così che i frequentatori di questo tipo di negozi hanno sempre l’aria un po’ trasognata. Chissà se il negoziante lo sa; sospetto di sì… anche se sembra come tutti gli altri, certo ci sarà qualcosa che distingue un venditore di spezie da uno, per dire, di carbone, o di frutta. Una  certa ‘corrispondenza’ con la merce che si vende ci dev’essere! È un pensiero che mi accompagna sempre.
In realtà non trovo niente di nuovo. O non so cercare…
Quando il negoziante rientra e si avvicina, mi mostra cose che conosco bene… I tuberi essiccati (gialli e durissimi) della curcuma, tuberi bitorzoluti di ginger, scaglie di corteccia di cannella
Sono attratto da grossi cristalli di un bell’azzurro intenso. Ce ne sono mucchi di diversa forma e colore.
Un sacco credo che contenga cristalli di verderame, che ha delle applicazioni in agricoltura come fungicida.

Verderame, chimicamente è solfato di rame

Altre pietre blu sono lapislazzuli, una pietra dal passato glorioso: era usato dai pittori medievali per dare un colore blu ai loro affreschi, previa macinazione e altri trattamenti; la tonalità era intensa ed estremamente resistente nel tempo.

Il lapislazzuli è costituito da una elevata concentrazione di lazurite con associati altri minerali accessori come calcite e inclusioni di pirite

Ma la mia curiosità riguarda il colore blu delle stoffe dei Tuareg. Ho qualche difficoltà a farmi capire dal negoziante, evocando il deserto e gli “uomini blu”. È perplesso… poi si illumina. Tira fuori una boccettina di una polvere marrone e fa il suo piccolo show. Imbeve d’acqua una specie di cotton fioc; con un cucchiaino prende una piccola quantità della polvere e ci avvoltola dentro il bastoncino. Poi mi mostra il risultato…


Alla reazione con l’acqua la polvere marrone dà luogo al colore azzurro che cercavo io, quello delle stoffe dei Tuareg.
Mi dice: Teinture, teinture… ma non sa dirmi altro. Il povero negoziante ha fatto quel che poteva; per saperne ancora di più devo andarlo a cercare su internet, una volta a casa (2).

Tuareg del Sahara (foto pinterest.com)

Ma qualcosa devo comprare a questo punto… Ho aperto troppi contenitori! Mi oriento su una manciata di incenso (scarso un etto). Quando lo annuso – per automatismo: lo so che non profuma – lui scuote la testa e mi fa segno di accendere: – Fire… fire! – dice. E si precipita fuori dal negozio prima che possa fermarlo. Lo vedo che chiede un accendino a qualcuno là fuori. Rientra dentro e si dà da fare per accendere dei dischetti di carbone. Gli dico che non serve, che lo conosco bene il profumo dell’incenso bruciato (3), ma lui dice che lo fa per sé, e continua a darsi da fare con accendino e carbone. Finalmente ci riesce e l’odore comincia a spandersi per il bugigattolo.

Il momento del prezzo è sempre critico, quello in cui il ragno si dichiara e il cliente capisce. I condizionamenti sociali e il senso di opportunità impediscono la fuga; anche se la cifra richiesta è bassa, la regola è che bisogna comunque trattare, se no il ragno si offende. Allora torno al sacco dell’incenso e ne aggiungo dell’altro; un bel po’ ancora. Quando torno il negoziante dà uno sguardo, valuta; intanto gli porgo i soldi. Ha un attimo di indecisione, poi accetta. Mi lascia andare.
Per l’esercizio di contrattazione credo di aver svolto il compito: non ho abbassato il prezzo, ma aumentato la quantità: ha funzionato. Però mi sono nate mille curiosità: ognuno di quei sacchi poteva contenere un mistero. Mi è rimasto il desiderio di tornarci.

Note

(1) – Altre spezie a Marrakech, non nella Medina ma al mercato ebraico di Mellah, nel racconto di Chiara Alena:

(3) – Il colorante usato dai Tuareg per colorare le loro stoffe è di origine vegetale, e si ottiene dalla macerazione della pianta di Indigofera tinctoria (Fam. Fabaceae), con un procedimento complesso alla fine del quale di ottiene l’indigotina o indaco già noto in Asia 4000 anni fa: il suo nome deriva infatti dall’India, che ne era il principale produttore

(3) – L’incenso è la resina dell’albero tropicale Bosvellia serrata. Ho visto gli alberi e toccata la resina lungo la corteccia, in un viaggio a Socotra (Yemen), nel gennaio 2008. Le impressioni, le piante, le foto di quel viaggio, sono nel reportage uscito sul Magazine di Omero “Scuola di Scrittura in Roma”, e qui riportati in file pdfPiante di Socotra. L’erbario di Atlantide

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