di Giuseppe Mazzella di Rurillo
Passeggiando per la marina di Casamicciola, tra demolizioni e smantellamento,
con un vecchio compagno per una visione unitaria dell’isola d’Ischia, in una domenica di sole, a marzo
Casamicciola, 9 marzo 2025
L’appuntamento diffuso sul web era per questa mattina al Bar Unico, l’unico luogo di incontro sociale rimasto nell’antica piazza della Marina, alle 10.30, per parlare di Europa.
Una convocazione di amici per aderire alla manifestazione nazionale del 15 marzo a Roma “Una piazza per l’Europa“.
Ho portato con me il Manifesto di Ventotene ed il saggio di Lucio Levi. Un libretto di 176 pagine uscito nella serie “I classici del pensiero libero” del Corriere della sera uscito 15 anni fa al prezzo di un euro.
Ho letto, sottolineato e studiato quel libretto cinque anni fa in tempo di pandemia. Ho cercato di capire chi avesse scelto nel 1941 a Ventotene, dove erano confinati Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, l’uso dell’ aggettivo “socialista” per l’Europa che avevano in mente questi due visionari: l’uno, Spinelli, cacciato dal PCI, l’altro, Ernesto Rossi, battitore libero – si sarebbe detto nel calcio di Nereo Rocco e di Helenio Herrera – del “liberalismo” in una formazione “d’azione” che non amava una etichetta classica come liberale o marxista ma che ricercava una sintesi possibile tra due grandi ideologie che, pur sembrando opposte, erano eguali nel principio della “libertà” ma erano diverse sulla qualità e quantità della libertà.
Il Manifesto è stato scritto da Altiero ed Ernesto. Ma è Ernesto é quello che ha scritto il terzo capitolo. È Ernesto che sceglie il termine “socialista” per la sua Europa. Proprio lui che non è e non sarà mai socialista inteso come adesione al Psi o al Psdi nel dopoguerra. É un aspetto molto importante che mi ha profondamente colpito perché io sono con Ernesto. Sono un “liberale di sinistra” che trova nel “socialismo” la sintesi tra giustizia e libertà ma non la vede vicina, anzi. Lontanissima e non conciliabile col “comunismo”, né quello del PCI né quello del Pcus. Ne avranno parlato i due nella solitudine di Ventotene.
Dopo la guerra Altiero si troverà senza un partito mentre Ernesto si troverà nel Partito d’Azione che si scioglierà e lui sarà solo il giornalista de Il Mondo ma anche lì non troverà pace. Morirà nel 1967 senza la tessera di un partito o di appartenenza alla redazione di un giornale d’opinione. Di questo ho parlato questa mattina con Franco Borgogna, l’unico vecchio amico che ha raccolto il mio invito di vederci a Casamicciola per parlare di Europa.
Abbiamo fatto una passeggiata per piazza della Marina, per il litorale del porto turistico che è in smantellamento alla cala degli Aragonesi dopo otto anni di tentativi dell’imprenditore Antonio Punto per farne il più bel porto turistico della Campania. Poi i lavori alla montagna che si riversa sulla strada principale ed il mare che erode la strada e nessuno pensa di proteggere la carreggiata con scogli e sabbia per farne “il lido di Casamicciola” come lo era in altra parte cento anni fa.
Abbiamo visto il bar Calise 1925 chiuso ed in disarmo proprio nell’anno del centenario. Abbiamo visto la piazza ‘intubata’ dove sorgeva il Capricho de Calise che avrebbe potuto essere il grande Circolo Nautico della marina di Casamicciola. Certo. Sarà una piazza più ampia. Si terranno spettacoli. Ma dove esistono qui i luoghi di aggregazione sociale? Dove tenere un meeting? Il bel salottino al primo piano creato dall’architetto Sandro Petti nel 1982 per il bar Calise 1925 che, voluto da quell’artista visionario del ricevimento sociale che é stato Emiddio Calise, è chiuso e scomparso. Scomparirà perfino la saletta sulla piazza costruita in metallo ma su suolo pubblico.
Con Franco Borgogna abbiamo visto e parlato di tutto questo.
L’ho ringraziato del suo interessamento e gli ho sottolineato che porre Casamicciola al centro delle problematiche dell’isola d’Ischia non è campanilismo. É una evidenza. É un grido di dolore.
