Editoriale

Epicrisi 519. Un sito al passo col mondo che cambia

di Enzo Di Giovanni
Qualcuno ha detto che la democrazia rappresenta uno stato provvisorio, intermedio tra due dittature.
Insomma, un’anomalia.
Al punto che nei momenti più bui della storia, quando appare l’uomo forte a salvare la patria, la prima cosa che fa è sottolinearne le manchevolezze, l’inerzia, l’inadeguatezza ad affrontare i problemi.
La democrazia non dà risposte, ma crea domande.
L’uomo forte invece non crea dubbi, risolve.

Le dittature moderne, i totalitarismi del secolo scorso, si differenziano dalle società precedenti perchè vicine alle persone. Non suggeriscono brioches, quando il popolo ha fame.
Ma agiscono in nome del popolo: “popolo” è la parola più usata nei comizi ammantati di retorica, e democrazia totalitaria è un termine con cui molti gerarchi fascisti amavano definire il proprio regime.
Noi europei, intendo dire quelli del dopoguerra, siamo stati fortunati: del sogno di un mondo senza guerre abbiamo respirato, ce ne siamo nutriti come contraccolpo alle tragedie dei due conflitti mondiali del novecento al punto da non accorgerci nemmeno quando i bagliori della guerra sono esplosi violentemente al di là dell’Adriatico negli anni ’90.

Bene, anzi male: questa fortuna sta finendo, o perlomeno è fortemente minacciata

Ce ne accorgiamo adesso non per l’intensità dei conflitti in corso, o per il numero di vittime, perchè di guerre l’umanità non ha mai smesso di farne, ma bensì per l’accelerazione impressa alla storia.
Quando scoppiò il conflitto russo-ucraino, molti osservatori, anche internamente all’Ucraina, rimasero sbigottiti, perchè in fondo non credevano fosse possibile l’invasione dei fratelli russi.
Durante lo scenografico incontro-scontro tra Trump e Zelenski sono stati bruciati in pochi minuti 80 anni di rapporti ed equilibri politici che sembravano cristallizzati.
Ma nulla avviene per caso, ci sono pulsioni sociali che favoriscono la nascita di sovranismi, legati, oggi come ai tempi della repubblica di Weimar, a crisi economica e complottismi che creano l’humus necessario al malcontento. Allora potevano essere gli ebrei, oggi la sostituzione etnica provocata da migrazioni incontrollate: il fascino dell’uomo forte al comando si nutre di narrazioni virali ad hoc, spesso fake, che sfruttano le debolezze, le falle della democrazia.

Che le cose non funzionano, è infatti sotto gli occhi di tutti: un’Europa che non è riuscita ad andare oltre a tecnicismi burocratici, con profonde spaccature interne e l’incapacità di politiche condivise e funzionali a tutti i paesi membri. La guerra in Ucraina è il frutto di una pressione della Nato ad est che poteva e doveva essere evitata, tanto per dirne una. La destabilizzazione di un’area cruciale del Mediterraneo, la Libia, provocata dall’uccisione di Gheddafi, potrebbe essere un’altra. E che dire della diversa concezione dei conflitti russo-ucraino ed israelo-palestinese, con il primo in agenda ed il secondo ignorato, nella migliore delle ipotesi?

Ma allo stesso tempo, quest’Europa, per quanto lontana dall’idea dei padri fondatori, è l’unica che abbiamo come suol dirsi, l’unico nostro riferimento in un mondo sempre più globalizzato per interessi economici ma sempre più polarizzato in blocchi contrapposti.
Cosa potrà succedere, possiamo solo ipotizzarlo, come nei tanti pezzi in risalto questa settimana:
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A proposito del conflitto palestinese, invito a leggere Mosab, poeta palestinese 2 perchè la poesia, quando è vera, riesce ad esprimere i sentimenti ed il senso delle cose meglio di mille convegni ed analisi politiche. Che spesso sono strumentali e non rendono giustizia su quella che, a parere dello scrivente, è un’azione deliberata di pulizia etnica colpevolmente sottaciuta.
A proposito di poesia, è interessante Viva la poesia! I versi amati dal Papa, con la visione di Francesco che, cito, immagina l’arte come“città rifugio”, un’entità che disobbedisce al regime di violenza e discriminazione per creare forme di appartenenza umana capaci di riconoscere, includere, proteggere, abbracciare tutti. Tutti, a cominciare dagli ultimi», perchè la creatività ovviamente non elimina le tensioni, ma le trasforma.
La stessa ricerca di una sorta di cittadella dove rifugiarsi che emerge dai Tre ricordi di Fulco Pratesi: più mancano riferimenti certi, più si ha bisogno di segni, e di oasi.
E a proposito di oasi, come considerare il mondo del Fieno?

In Primo marzo di Franco De Luca, uno spaccato autentico di una Ponza che sta scomparendo, ma che va rimodulata, perché portatrice di un messaggio che va salvaguardato. E sempre di Franco, la vita isolana dal punto di vista dei basoli del Corso… Come anche di Ponza, con uno sguardo storico-letterario e botanico tratta l’articolo di Giuseppe Mazzella: Ponza, il giardino di Circe.

Salutiamo con profondo dispiacere Lucia Coppa, che ci ha lasciato troppo presto, ma di cui non dimenticheremo il sorriso e la gentilezza.

Dalla stampa:
Proseguono le interessanti cronache dal Marocco, una terra a noi vicina di cui sappiamo troppo poco:
E per finire la settimana, una piccola carrellata di pezzi sull’otto marzo:

Buon 8 marzo fatto, e buona domenica!

Immagine di copertina. Donne indiane col sari tradizionale (da https://www.mondointasca.org)

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