Botanica

Ponza, giardino di Circe

di Giuseppe Mazzella

 

Le nostre isole, anche per essere sulla rotta di una delle più importanti e antiche vie migratorie di oltre cento specie di uccelli, si è arricchita nel corso dei secoli di numerosissime piante medicamentose e officinali, al cui utilizzo si dedicarono i monaci cistercensi del Medioevo. Una tradizione che è continuata anche dagli isolani, almeno fino alla seconda metà del secolo scorso, quando l’uso dei farmaci non era ancora alla portata di tutti. Anche per corrispondere ai recenti contributi ospitati sul sito, nei quali viene sottolineata la volontà degli isolani di non disperdere questo importante patrimonio vegetale, assieme alle tradizioni agricole, ripropongo un mio articolo, seppure in misura ridotta, da me già pubblicato nella rivista storica “Annali del Lazio Meridionale” (Anno XXI, n. 42, novembre 2021). Articolo che, seppure dedicato ad una questione mitica, quella dell’erba Moly con cui Ulisse sfuggì alle malìe di Circe, mette in risalto alcune nostre particolari preziosità.

Ovviamente la questione è senza una possibile soluzione definitiva. Da sempre il Circeo e l’isola di Ponza si contendono l’onore di aver ospitato la Maga Circe e la sua misteriosa magione nella quale attirava i naviganti di passaggio, per trasformarli in maiali. Destino al quale, secondo il racconto omerico, sfuggì solo Ulisse, di ritorno alla sua Itaca dalla guerra di Troia. A sostenere la tesi del Circeo tra i più famosi studiosi del novecento c’è Victor Berard. Per la verità la sua ricostruzione, molto criticata per la metodologia e l’utilizzo dei mezzi moderni di navigazione ai quali ricorse nei suoi viaggi ne1 Mediterraneo, oggi non gode di molto credito.

Ulisse e la Maga Circe dal film “Ulisse” del 1954

La bibliografia sul viaggio di Odisseo è sconfinata e si arricchisce di anno in anno, con sempre nuovi apporti, che fanno viaggiare l’eroe in tutto il mondo allora conosciuto e oltre le Colonne d’Ercole fino all’Islanda, al mar Baltico o più modestamente nel mare Adriatico. Al di là del Circeo, che bisogna riconoscere almeno ha il nome nel suo destino, almeno venti sono le isole che sono state proposte come sede della Maga “dai riccioli belli”, “padrona del canto e della tessitura”. E tra queste c’è naturalmente Ponza.

A riproporne l’idea in tempi relativamente recenti fu a metà Ottocento lo studioso e storico ponzese Giuseppe Tricoli, convinto della tesi isolana, che nella sua celebre Monografia “individuò” addirittura i luoghi della Maga. Sulla stessa linea si espresse con un singolare studio il poeta Tommaso Lamonica, che collocò con dovizia di particolari topografici la Reggia nella frazione di Santa Maria nell’isola di Ponza. Tesi da ritenersi naturalmente interessata, essendo Lamonica ponzese.
Del tutto avulso da questa visione di parte è quella di S. H. Butcher, che nel suo studio dedicato al viaggio di Odisseo, ritiene plausibile Ponza come isola di Circe. Molti altri studi recenti la collocano ancora al Circeo, come il bello e illustratissimo libro di Giacomo Etna “Il viaggio di Ulisse”.

Qualche anno fa il pittore romano Libero Magnoni, in un suo delizioso intervento – lui che aveva fatto il servizio nella Marina Militare a Torre Fico al Circeo nel lontano 1926 – e conosceva e amava Ponza, alla quale ha dedicati bellissimi acquarelli – per non dare torto a nessuno, “fissò” la sede invernale della Reggia al Circeo e quella estiva nell’isola. Ovviamente una pura invenzione poetica, non suffragata da nessun dato e tanto meno dal racconto omerico, ma che sottolinea il fascino straordinario dei nostri luoghi che il tempo non ha scalfito.

Quel che è certo è che, Ponza, questione Circe compresa, conserva tutta la straordinaria varietà erboristica che ha attirato l’attenzione sin dall’antichità di studiosi e appassionati. Trovandosi sulla rotta di oltre 100 specie avicole provenienti da1l’Africa, la sua vegetazione, benché impoverita negli ultimi decenni, resta un prezioso giardino magico, ricchissimo e affascinante, che a giusto titolo possiamo dire di Circe. Il catalogo aggiornato al momento comprende ben 748 specie: una varietà straordinaria che indirizzò gli antichi abitanti delle isole Ponziane a servirsene per gli scopi più vari. Anche se non sappiamo molto delle prime comunità di monaci che abitarono le isole attorno al sesto secolo della nostra era – quando Papa Silverio colse qui la palma del martirio, oggi Santo Patrono assieme a Santa Domitilla di Ponza – sappiamo abbastanza della comunità cistercense del XII secolo che aveva ben tre centri con centinaia di monaci che, oltre a dedicarsi alla pesca, con cui soccorrevano le casse episcopali prima di Terracina e poi di Gaeta, furono maestri erboristi molto ricercati.

I monaci di Ponza da una stampa di Pasquale Mattej

La felice latitudine, la buona insolazione, la temperatura resa mite dal mare, la ricchezza geologica dei terreni che garantisce condizioni favorevoli anche alle specie più delicate, producono sulla flora un effetto benefico. Furono proprio i monaci di Ponza (Monastero in località oggi nota come Punta Incenso) e quelli di Santa Maria e di Zannone a diventare grandi esperti, tanto da fornire all’intera costa laziale dirimpettaia i farmaci e i rimedi naturali, gli unici di cui si disponeva al tempo.

Grande teologo, ma appassionato dell’arte medicamentosa fu anche frate Raniero da Ponza, politico fine e consigliere molto ascoltato di Papa Innocenzo III, che a malincuore lasciava il silenzio delle nostre isole quando era chiamato a Roma come ambasciatore. Su questa figura rilevante, da poco riscoperta, sono in corso studi e pubblicazioni – un convegno è stato organizzato proprio a Ponza nel 2004 – che illuminano l’intensa attività teologica e di ricerca naturalistica che si viveva in quei secoli del Medioevo nelle isole Ponziane, vero giardino naturale ricco di ogni specie officinale.
Tra le curiosità va preliminarmente ricordato che la macchia mediterranea che ricopre le isole risale ad almeno centomila anni fa. A tale data che, collocata tra la prima e la seconda glaciazione, ci ricordano gli esperti, risalgono le radici e i rami intrecciati in alcune zone dell’Arcipelago. Di circa settantamila anni fa sono invece le radici fossili appartenenti forse alla antenata della Genista ephedroides, l’attuale ginestra splendente di giallo oro, presente in varie località di Ponza.

Genista ephedroides

Va anche ricordato che con la bonifica dei terreni e il taglio degli alberi di alto fusto, per far posto alle coltivazioni, in primis le viti, nella quale si impegnarono i coloni borbonici, hanno ridotto, ma non fatto scomparire del tutto le numerose specie. I primi coloni, 54 famiglie, che nel 1734 arrivarono a Ponza dalla vicina Ischia, dovettero infatti dedicarsi ad un’imponente opera di disboscamento, prima di poter avviare un’agricoltura che divenne sempre più fiorente, al punto che gran parte della produzione vinicola era esportata a Napoli. Così come va anche sottolineato che l’utilizzo di alcune piante, appartenenti alla farmacopea popolare. sono state utilizzate fino a pochi decenni fa dalle popolazioni isolane. L’isola, inoltre, è ricca anche di vere rarità, come la Centaurea cineraria, il Limonium o la Circea lutetiana.

Centaurea cineraria

Nelle numerose visite alle nostre isole che fece negli anni ottanta e novanta del secolo scorso, l’erborista e liquorista Mario Sarandrea di Collepardo, rilevò con soddisfazione la grandissima ricchezza della flora, praticamente incontaminata e straordinariamente ricca di specie altrove estinte.

E non possiamo chiudere senza ricordare una pianta, candidata ad essere identificata come l’erba Moly, grazie alla quale Ulisse poté sfuggire ai sortilegi della Maga, proprio la Circaea lutetiana. Per la verità, il magico fiore che Ermete dà all’eroe è per lo più identificato dai botanici con atriplex halimus, dalla nera radice e dal pallido fiore giallastro. Ma anche su questo mistero si aggiunge al mistero. La candidatura isolana, per quel che possa valere, dà dignità ad una pianta che era utilizzata come medicamento deostruente e in infuso come emmenagogo, cioè capace di stimolare la mestruazione.

Circaea lutetiana

Oggi la flora delle isole Ponziane ha ripreso nuovo fulgore dopo il graduale abbandono dei terreni seguito al boom turistico. Sono, quindi, riapparse specie che si credevano scomparse alle quali, sempre per l’azione degli uccelli migratori, si sono aggiunte nuove varietà esotiche. Ed è così che ad ogni primavera esplodono in tutto il loro fulgore i colori dell’Erica arborea, dai fiori bianchi, il Ginepro fenicio, la Lavandula dall’intenso viola, il Rosmarino, l’Euforbia, il Timo, che vanno ad arricchire le centinaia di sfumature di tutte le specie presenti nelle isole Ponziane e che ne fanno, a ragione, il giardino di Circe.

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Appendice del 7 marzo 2025 (cfr. Commento di Biagio Vitiello)

Un’immagine della ruta (Ruta graveolens, Fam. Rutaceae) che cresce spontanea a Ponza (anche a Capri: vista  e fotografata da Sandro Russo in loco: leggi qui e qui):

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A Capri. A sin. la ruta (Ruta graveolens – Fam. Rutaceae) all’inizio della fioritura, a metà febbraio. A dx, il rosmarino (Rosmarinus officinalis – Fam. Labiatae), dai fiori celeste chiaro (nel particolare nell’angolo in basso a dx). Ma il fiore blu “che più blu non si può”, non è quello del rosmarino…

A seguire un paio di foto delle tante inviate da Biagio, della ruta presente nel suo Giardino botanico:

Infine due foto dei ruderi della fortificazione inglese a punta Incenso, sopra cala Felci:

 

2 Comments

2 Comments

  1. Biagio Vitiello

    7 Marzo 2025 at 06:06

    A riguardo dell’articolo “Il giardino di Circe”, non me ne voglia Giuseppe Mazzella, ma ho qualcosa da eccepire. A Punta Incenso non vi è mai stato un monastero. Lo stesso Tricoli dice (nella sua Monografia) che quel piccolo rudere presente su Cala Felci appartiene a una delle tante fortificazioni che gli Inglesi fecero, quando occuparono Ponza.
    Poi, a riguardo alle erbe medicinali, Giuseppe non ne ha citato una, molto conosciuta e usata, diffusa nelle nostre isole: la ruta (‘a ruta, ch’ogni male stuta).
    Infine, il Convegno su Raniero da Ponza venne fatto il 1991. Colgo l’occasione per comunicare che il prof. Moiraghi intende fare un aggiornamento di quel Convegno, avendo acquisito su Raniero altra documentazione originale, attinta da scritti dei papi: Innocenzo III, e Gregorio IX.

    Qualche immagine della ruta e dei ruderi della fortificazione inglese sopra cala Felci, nell’articolo di base (a cura della Redazione)

  2. Giuseppe Mazzella

    8 Marzo 2025 at 06:47

    Caro Biagio,
    ti ringrazio per le precisazioni (e per le foto), e certamente non ne te voglio. L’articolo è stato ridotto da quello originario, per motivi di spazio e conteneva altre specialità e disegni. Ovviamente questo non corregge gli errori. Un abbraccio e grazie sempre per la tua attenzione, Giuseppe

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