segnalato da Maria Fausta Adriani del gruppo ‘Dialettica’ da: [email protected]
per altre poesie di Mosab, leggi qui
.
Strade palestinesi
Le vie della mia città non hanno nome.
Se un cecchino o un drone uccide un palestinese,
alla strada diamo il suo nome.
I bambini imparano meglio i numeri
quando possono contare quante case o scuole
sono state distrutte, quante madri o quanti padri
sono stati feriti o sbattuti in prigione.
Gli adulti in Palestina usano la carta d’identità solo
per non dimenticare
chi sono.
.
In guerra: tu e le case
Tu lotti. Tu
muori.
Non saprai mai chi ha vinto o perso,
o se la guerra è mai finita.
Non trovarono un posto per seppellirti.
Ti portarono a spalla,
in giro per il quartiere,
si fermarono alla scuola di quand’eri bambino
e al vecchio parco.
Le case mai ti videro.
Avevano già fatto le valigie.
La polvere ha eretto una tenda in ogni angolo.
La ruggine s’è posata con i suoi abiti lisi sul rubinetto
e sul cucchiaio.
Ruba il molle scivolare dell’acqua,
mentre tu,
tu dormi sulla sabbia smossa.
.
Esercizio difficile
A Gaza,
respirare è un lavoro,
respirare è un’operazione
di chirurgia plastica
compiuta sul proprio volto,
e alzarsi al mattino,
tentare di sopravvivere
un giorno ancora, è tornare
dalla morte.
.
Sette dita
Sempre quand’incontra la prima volta qualcuno, affonda
le sue manine nelle tasche dei jeans,
le muove
come se contasse
delle monete. (Ha appena perso sette
dita nella guerra). Poi
s’allontana,
ingobbita,
piccola come un nano.
.
A Gaza
A Gaza, alcuni di noi non possono mai morire del tutto,
ogni volta
che cade una bomba,
ogni volta
che una scheggia colpisce le nostre tombe,
ogni volta
che le macerie s’alzano sul nostro capo,
ci risvegliano dalla nostra morte provvisoria.
(Da Things You May Find Hidden in My Ear: Poems from Gaza, City Lights Books, San Francisco, 2002)
