segnalato da Sandro Russo
Per una sostanziale adesione generazionale, per aver condiviso entusiasmi e – soprattutto – delusioni, mi ha molto interessato questo nuovo libro di Gino Castaldo nella recensione di Paolo Di Paolo. Da la Repubblica di ieri.
C’era un ragazzo che come me voleva fare la rivoluzione
di Paolo Di Paolo
Gino Castaldo racconta, tra storia e autobiografia, il secolo della musica dalla magia del Piper ai miti del rock Senza fare sconti sulle illusioni perdute di una intera generazione
«Assorto e speranzoso », il bambino nato alla metà del secolo, cresciuto per metà napoletano e per metà romano di borgata, sente gli anni del Boom arrivare insieme all’adolescenza. Qualcosa che esplode come una imprevista, energica colonna sonora. Raccoglie più monetine che può e compra il suo primo disco. È convinto che la vita sia altrove: e la musica c’entra di sicuro; c’entra anche la band immaginaria che riempie i sogni con un rock stralunato. Un senso di «bigotta oppressione» si combatte fra amicizie complici e primi amori, poi comincia a disperdersi davanti a una scritta luminosa che dice “Piper Club”. Patty Pravo canta Ragazzo triste e illumina le fantasie di chiunque.
Era implausibile che non avesse una debordante playlist il libro con cui Gino Castaldo si affaccia nella narrativa: Il ragazzo del secolo (Harper Collins) è la partitura di un’esistenza che ha trovato nella passione per la musica la sua linfa, la sua corrente elettrica. Se devi deciderti a parlare con una ragazza che ti piace, l’essere stati entrambi a un concerto degli Stones non è solo un punto di partenza. È già un punto di arrivo.
Il Luigi che si racconta e dice “io” è sì l’autore, fra i maggiori giornalisti musicali italiani e firma storica di questo giornale, ma è anche, a tutti gli effetti, un alter ego romanzesco: e non perché le vicende narrate si discostino troppo dal vissuto effettivo. Semmai perché Castaldo sembra interessato a scrivere, più ancora che la propria, l’autobiografia di una generazione. O quantomeno: di un io che trova forza e identità nello spazio di un noi.
Il noi appassionato e militante che scopre John Coltrane e legge su Paese Sera le cronache degli scontri fra polizia e studenti a Valle Giulia. Se nasci nel 1950, sei un diciottenne nell’anno più turbolento della seconda metà del secolo; nelle aule del liceo Giulio Cesare, come in una canzone di Venditti, scopri l’eccitazione di un’assemblea politica nella stessa leggendaria mattinata in cui ti ritrovi in bocca la lingua di Martina. Che tempi!
Niente nostalgia, perché Castaldo si riappropria dell’«isola libertaria » che coincideva con la sua cameretta di allora come se fosse ancora lì, come se stesse ancora passando dai dolori del giovane Werther ai dolori del giovane Holden, come se Mick Jagger e Jimi Hendrix gli rimbombassero demoniaci nelle orecchie e la Lambretta 125 grigio metallizzata stesse per mettersi in moto.
È l’educazione sentimental-politica di quelli che sarebbero stati definiti, talvolta anche polemicamente, boomer: ma il bello di questo romanzo pieno di vita è la freschezza di uno sguardo che sa smarcarsi dalla prospettiva ex post e recupera quella del minuto per minuto. Con l’incoscienza, la frenesia, la libertà, i palpiti che fanno vibrare le pagine sul primo viaggio a Londra — estate 1968! — come se fossero un diario caldo di inchiostro.
Il millennial che firma questo pezzo potrebbe sentire anche un morso di quasi invidia; e non è detto che Castaldo, sornione, non se la rida sotto i famosi baffi: per l’aria di leggenda privata e pubblica che l’epoca della sua giovinezza torna a emanare. O forse non ha mai smesso. I cortei e gli hang-over epici, i viaggi e le discussioni estenuanti, l’allunaggio che riavvicina nell’entusiasmo padri e figli in conflitto, l’immaginazione al potere e gli autunni caldi.
Tuttavia, il peso del sottotitolo del romanzo — «o della rivoluzione perduta» — preme sulla storia e genera una crepa che via via si allarga. Gli scontri coi fasci sotto casa e il mito dell’Oriente guadagnato zaino in spalla. Lennon che canta Imagine e la violenza che cresce. Gli amici e le ragazze che sembrano essersi messi d’accordo nel sincronizzare congedi e sparizioni. La gara a essere il più a sinistra possibile, la voglia di fare un giornale. Il gigantesco laboratorio in cui si assottiglia e si sfalda il confine fra privato e pubblico. L’«ombra scura» della lotta armata. Dado che muore di overdose. I primi anni di Repubblica, il successo epocale di Porci con le ali, l’esordio al cinema di Nanni Moretti.
E poi? «Per entrare nel 1977 bisognava staccare un biglietto per l’inferno», scrive Castaldo: un po’ per metafora, un po’ sul serio. E ci porta verso il finale di questo romanzo-concerto o concertone, dove i romantici individualisti e i rivoluzionari giusti coltivano gli stessi sogni, dove incroci Lucio Dalla e Andrea Pazienza; e a Mick Jagger puoi rinfacciare di averti illuso. Di avere illuso te e milioni di ragazzi come te. Ma forse è un sogno. Un sogno che si dissolve.
E la rivoluzione? Resta un po’ di amarezza, si coglie nel corsivo sibillino dell’ultima pagina. Ma niente cinismo, quello mai. «Guarda me» dice un Dalla giovane e sorridente al nostro Luigi/Gino, sotto un portico di Bologna. «Io credo a tante cose nella vita, anche troppe: Dio, la musica, l’amore, e guarda caso sono tutte quelle che nessuno può fermare».
Sul palco. Patty Pravo canta al Piper di Roma nel 1965 (dall’articolo di Repubblica)
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Sandro Russo
28 Febbraio 2025 at 21:51
Di Gino Castaldo indimenticabili le trasmissioni e i libri a quatto mani con Ernesto Assante, da poco (e prematuramente) scomparso: una collaborazione cementata da un’amicizia di decenni!
Sulla delusione ho molte cose da dire anch’io come appartenente a una generazione “che ci aveva creduto”, Ho cercato di raccontarlo qui: https://www.ponzaracconta.it/2014/11/23/ripensando-alla-mia-isola-di-wight-molti-anni-dopo-3/
Un’ultima cosa. Noto nei titoli dei libri un reiterato, quasi disperato bisogno di testimoniare un’epoca forse per fermarla prima che dilegui, anche nel ricordo. Il ragazzo del secolo è il titolo scelto da Gino castaldo; La ragazza del secolo scorso quello di Rossana Rossanda (Einaudi, 2005) – M. il figlio del secolo, di Scurati