di Marigiò Stabile. Un racconto dalla medina di Marrakesh, da un’altra partecipante al viaggio, new entry in Ponzaracconta
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Un mercante
La preghiera dell’alba oggi l’ho trascurata, non ho sentito il richiamo: troppo dolore al ginocchio mi ha tenuto sveglio a lungo, il sonno mi ha colto soltanto nelle prime ore del mattino. Allah nella sua grande misericordia capirà.
Sukaina al mio fianco dorme ancora, sfinita dalla sua lunga giornata; per uscire dal letto sfioro il suo grande corpo disteso. Nessun brivido, lontano il tempo della gioventù, quando ogni primavera mi donava un figlio. Ma Allah dispone la vita secondo i suoi piani, non è lecito il rimpianto.
Alla luce della finestra lo specchio macchiato del bagno rimanda il mio viso: ho ancora la pelle bruna, anche se in questa casa della medina non entra mai il sole. Prendo la brocca, mi sciacquo la bocca, bevo una lunga sorsata: i pochi denti rimasti mi fanno male, mio figlio Youssef mi ha promesso che per l’Aid al fitr mi donerà il necessario per una dentiera. Solo qualche pelo di barba, da qualche tempo non cresce tanto: in ogni modo stasera dopo la preghiera del tramonto entrerò da Mahmoud il barbiere, che dopo la rasatura mi passa sempre quel suo olio profumato di sandalo che lascia a lungo il suo buon odore.
Mi vesto: la galabeya marrone non è tanto pulita, sul davanti la cucitura si è sfilacciata, ma non voglio lamentarmi con Sukaina, ha già tanto da fare con i nipoti. Prendo le ciabatte e il bastone, esco nel vicolo. Per fortuna il negozio non è lontano: cerco nella tasca la chiave.
– “Buongiorno Shaik” –. Dalla bottega vicina mi saluta Kais, mio nipote, gli rispondo con un cenno, invidio la sua giovinezza.
Cigola la porta del negozio, il lungo specchio all’ingresso rimanda la mia immagine : un vecchio mercante con le spalle cadenti e la galabeya unta, le guance molli. Tiro fuori gli sgabelli, anche la loro paglia è consunta. Mi appoggio allo stipite e guardo i turisti nel vicolo. Da Kais ci sono due straniere, stanno comprando le sue scatole di tuya. Poi Kais mi si avvicina: una delle due ha bisogno di comprare un bastone, mi dice. Mi raddrizzo, tiro indietro le spalle e il ventre, con i miei pochi denti accenno un sorriso. Mi sforzo di mostrare di nuovo la sapienza del vendere che tutto il vicolo un tempo mi riconosceva. Accoglierò le straniere, le abbraccerò; so che per le infedeli questo è mesh mushkila, non si fanno problemi. A quella che vuole il bastone proporrò di venire a Marrakesh, proporrò di sposarla, come facciamo tutti qui in medina. Credo che lo sappiano ormai anche le turiste, ma questo lusinga sempre la loro vanità. Alzerò il prezzo della mia merce, discuterò un poco, offrirò loro altre meraviglie: Simsim eftaha, Apriti sesamo, entrate signore nella caverna di Ali Babà, ci sono oro e gioielli, abiti di seta, tappeti preziosi. Cercheranno di tirare sul prezzo: non lo sanno fare ma qualcuno dice che quando arrivano nel nostro paese le loro guide glielo consigliano. Prenderò il loro denaro, poi tornerò sulla porta ad aspettare i clienti.
Alla fine della mia lunga giornata tornerò da Sukaina; facciamo ancora insieme la preghiera del tramonto, se Allah lo permette anche stasera non la farò aspettare.
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