Racconti

Vecienzo finefine (2)

di Francesco De Luca

 

 

per la prima parte (leggi qui)

 

L’ho già presentato ai lettori di Ponza-racconta. Un isolano come tanti. Capitano abilitato al comando di navi nei limiti del mar Mediterraneo, Vincenzo aveva più esperienza che studio, più maestria che dottrina.

Suo nonno, Aniello, aveva posseduto un vascello col quale aveva trafficato nei porti della costa laziale e campana e le isole ponziane. Sull’orma di suo padre, quando le isole erano sotto il dominio dei Borbone.
La famiglia da generazioni sfornava “uomini di mare”, Vincenzo tutto il suo apprendimento la aveva ingerito sulla coperta, nella stiva, a prua e nella cabina del veliero di suo padre: La Salvazione.
Prima mozzo, poi nocchiere e infine capitano. A 25 anni il padre Veruccio lasciò il comando a lui. Più intraprendente, più coraggioso, più traffichino. Ma la bravura, da tutti a lui riconosciuta, era il ‘saper prendere il mare’.

Lasciò poi il suo bastimento e si imbarcò su navi in giro fra Marocco, Spagna, Turchia, Francia. Navi da carico.
Si sposò con una ragazza scelta da adolescente. Coppia felice, arricchita da due figli, maschio e femmina.
Ma la famiglia non lo attirava quanto il navigare.
Cosi, nonostante la sua avvedutezza, lasciò incompleto l’ordito familiare. I figli crebbero senza la sua guida, la moglie divenne un’estranea, Vincenzo acuì il suo egocentrismo. Disattento alle comparazioni, ai distingui, ai dissensi. Quando non poteva comandare diveniva solitario e misantropo. I viaggi gli erano più confacenti. Li desiderava pur patendo l’allontanamento dalla casa, dalla famiglia, dall’isola.

Io mi sono convinto che soffrisse l’incapacità a realizzare relazioni paritetiche. Era un capitano a cui piaceva comandare. Lasciandosi dietro la moglie, i figli, gli amici, i compaesani.
Arrischio questo giudizio perché, una volta lontano il mare, mi ha aperto l’animo. Nelle chiacchierate che hanno accompagnato la sua vecchiaia e il mio fresco pensionamento, ci siamo intrattenuti su tante cose e mi ha fatto leggere i suoi scritti riposti.

Ve li voglio partecipare, e questo articolo vuole essere l’introduzione alle sue pagine di diario, scritto durante le traversate fra un porto e un altro, fra una solitudine e un rimpianto.

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