Botanica

Le sorprese del ritorno, fotoracconto minimo

di Sandro Russo

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“Mi piacciono i viaggi”.
“Non mi piace partire”.
“Mi piace tornare”.
Tra queste apodittiche (e anche tra loro incongruenti) affermazioni, sono trascorsi circa dieci giorni dell’ultima settimana. Per brevità – e consolazione dei lettori – qui si dirà solo dell’ultima dichiarazioni: del piacere del ritorno, del giro di ricognizione fatto dopo più di una settimana di assenza, a fiutare l’aria, confermare le presenze, registrare le novità… Ce ne sono!

Sono esplose le mimose, una pianta tipica dei Castelli Romani, che punteggia di giallo qua e là la campagna:

Mimose colte per strada, da lontano o da vicino; l’ultima è quella del mio giardino:



Viburnum tinus (Fam. Viburnaceae, anche conosciuta come laurotino o lentaggine) è una pianta spontanea delle siepi, da queste parti; fiorisce in questa stagione con infiorescenze bianche a corimbo, di odore mielato e (particolare notevole) contemporaneamente porta i semi, di un inusuale colore blu metallico:

Anche appariscente la fioritura del mandorlo, che solo una settimana fa non avevo notato (controluce non rende; dovrò ri-fotografarlo domattina da un’altra angolazione):

Tra le ornamentali, mentre è avanzata la fioritura delle camelie, iniziata più di un mese fa (leggi qui e qui: Il signore delle Camelie), sono comparsi i piccoli fiori viola e bianchi (ma su piante diverse) dell’Hardenbergia (Fam. Fabaceae), una rampicante che altri anni aveva coperto completamente la ringhiera. Quest’anno, coinvolta dalla drastica potatura del Ficus repens con cui è in competizione, ha fatto solo una apparizione “di presenza”:


Ma le sorprese del ritorno non sono finite. Preannunciata dall’anticipazione dell’amico che è venuto a prendermi all’aeroporto, ho saputo dell’arrivo di una nuova micina, ancora cucciola, di nero velluto, che qualcuno avrà lasciato al cancello del casale. Qualche volta succede… tutti sanno che amiamo i gatti. È abituata al contatto con gli umani e si è subito ambientata. Voracissima e senza paura, è un problema far mangiare gli altri, in sua presenza. Il nome se l’è scelto da sola: Diavolina, come le tavolette per accendere il fuoco.
Bentornato a me, benvenuta a lei.

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