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Da qualche parte verrà, questa sensazione di dejà vu che mi prende nella piazza di Marrakesh – Jamaa El Fna – che è anche un grande mercato, con un aspetto differente ad ogni ora del giorno. Diverso dal grande mercato tra il caldo e la polvere di Mogadiscio, nella mia Somalia della fine degli anni ’70; diverso anche da tutti i grandi mercati asiatici che ho visto: in Sri-Lanka, a Colombo e a Matara, dove ho abitato per due anni. Diverso dal mercato di Hong-Kong (non ci sono fiori, lì c’era un’intera foresta tropicale); diverso anche dal Central Market di Phnom Penh…
Ma ecco che a forza di evocare altri luoghi, l’immagine tanto intensamente richiamata, arriva. È l’angiporto del pianeta Tatooine, in Star Wars di George Lucas, in cui si incontrano le razze di tutti i pianeti della Galassia: esseri di ogni aspetto e colore, angelici o ributtanti, striscianti, volanti, forniti di tentacoli, con dieci occhi o con uno solo… Su tutti domina l’essere più schifoso creato dalla fantascienza cinematografica, Jatta The Hutt, ammasso verminoso e putrescente di carne molliccia, nel film coacervo di tutti i vizi: avidità, gola, lussuria, brama di potere.
In realtà Lucas, o il suo sceneggiatore, si ispirarono al mercato di Tattouine, in Tunisia, arricchendolo con la loro fantasia. Poi l’esperienza reale del regista, passando sullo schermo, è diventato patrimonio condiviso. E questa è la cosa straordinaria del cinema: che una intuizione individuale diventa esperienza di tutti.
Ma solo quando ho visto Jamaa El Fnaa a Marrakesh, ho capito che questa e solo questa è la Madre di tutte le piazze e di tutti i mercati. Ci trovi ogni tipo di merce offerta in tutte le lingue e ci sono quasi tutti: marocchini, stranieri di ogni nazionalità, gente di città e di campagna vestiti nelle fogge più disparate, con l’aggiunta di rumori in stereofonia e degli odori (che il Cinema ancora non ha). E tutto va a posto. Manca solo Jabba The Hutt, ma ce ne faremo una ragione.
Jamaa El Fna, con la luna coricata sul dorso
Immagine di copertina. Jamaa El Fna, la piazza di Marrakesh, da www.scuoladelviaggio.it
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Nota del 9 febbr. 2025 (cfr. Commento di Marco Muratore)
Anche di questi ne abbiamo visti tanti: resti da vendere o barattare, attivi nei deserti; reputazione di truffatori; difficilmente si oppongono all’arrivo di altri… Eccone uno:

Marco Muratore
9 Febbraio 2025 at 22:48
Jawa (tradotto in italiano come Java) sono umanoidi tipicamente bassi, nativi di Tatooine. Spesso si tratta di cercatori di resti tecnologici da vendere o da barattare, attivi nei deserti profondi, a bordo dei loro enormi sandcrawler. Un gruppo di Jawa fu responsabile del ritrovamento di C-3PO e di R2-D2 e della loro vendita allo zio di Luke Skywalker, Owen Lars. Un’altra tribù, guidata da Tteel Kkak, trovò il rancor di Jabba the Hutt. Hanno la reputazione di truffatori, in quanto hanno un’inclinazione al vendere equipaggiamento vecchio, come ad esempio droidi antiquati, ai coltivatori di umidità, ma sono delle creature passive, che difficilmente si oppongono all’arrivo di coloni sul loro pianeta (a differenza dell’altra popolazione nativa, i Sabbipodi) che, anzi, ritengono un’eccellente opportunità di commercio.
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La foto allegata all’articolo di base