Personaggi ed Eventi

A venticinque anni dalla morte di Craxi

segnalato dalla Redazione

 

Craxi 25 anni dopo, il perfetto Cinghialone espiatorio
di Filippo Ceccarelli – Da la Repubblica on line del 18 genaio 2025

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Bettino Craxi (1934-2000)

Per quanto possa suonare cinico, è abbastanza normale l’avventura di Bettino Craxi che in vita ebbe la potenza e la gloria, però poi perse l’una e l’altra nel peggiore dei modi, fino a morirne in solitudine e lontano dalla sua patria.

Assai meno scontato è il destino postumo che la storia gli ha riservato: dalla gioia selvaggia che a furor di popolo accompagnò la sua rovina all’odierno unanime tributo, mai come oggi prossimo a una specie di apoteosi. Venticinque anni, è vero, sono il tempo di una generazione, ma il rito crudele del capro espiatorio non ha tempo e da esso può forse arrivare qualche lumicino su un così vertiginoso ribaltamento.

In questo senso fin dall’inizio Bettino Craxi aveva in sé tutte le caratteristiche per rientrare nella fattispecie e quindi caricargli addosso, a tempo debito, tutti i peccati disponibili sulla piazza ribollente. Tanto per cominciare era un omone che incuteva paura fisica al primo sguardo; aveva spalle larghe, vista acuta, respiro, mani che trasmettevano fremiti d’insofferenza; e ancora cuore, fegato e stomaco, quest’ultimo con opportuno rivestimento peloso per farsi largo prima nel Psi e poi sulla scena pubblica. Per quanto indispensabili al suo mestiere, giganteggiavano in lui cattive abitudini tipo la prepotenza e l’arroganza, pur essendo una creatura a suo modo timida e perfino tenera, comunque imperfetta nonostante il culto tributatogli a suon omaggi cortigiani, templi greci di cartone e piramidi da faraone congressuale.

Si tirava appresso un drappello, ma forse era una banda di fedelissimi; quando si trattò di individuare un personaggio cui identificarsi, scelse un bandito, Ghino di Tacco. Detta in modo brutale: uomini di tal fatta nel mondo del potere hanno le più ampie possibilità di finir male, ma questo forse già lo sanno, di solito i più se ne fregano e prima dell’inesorabile disfatta si sono divertiti molto più dei leader prudenti.

La storia è piena di capri espiatori che per il solo fatto di esserlo sono assai più innocenti di quanto la folla infuriata sia disposta a credere lì per lì.
Ma Craxi aveva anche un disegno temerario che andava oltre la guerra contro i due partiti-chiesa: cambiare la società italiana com’era stata finora — in buona sostanza ciò che realizzerà, senza di lui, Berlusconi. Ma un po’ era eccessivo il compito che si era dato, un po’ non ebbe pazienza, a un certo punto si ammalò, perse il filo e il giudizio, d’altra parte aveva troppi nemici, non solo Pci, Dc e socialisti cacciati in malo modo, ma giudici, giornalisti, spioni, alta banca, potenze internazionali.

Quando divenne “il Cinghialone”, cioè una preda, gli amici o lo tradirono o guardarono da un’altra parte: «Bugiardi, becchini ed extraterrestri» li raggruppò lui in una serie di foto ritoccate che, solo rabbioso e malandato, spedì in Italia con intenti vendicativi. Dopo tutto Tangentopoli si configura come una grande crisi sociale, un momento di sbandamento e di passaggio: a tutti e a ciascuno convenne dunque allontanare nel deserto quel personaggio rovesciandogli addosso — a lui più che a ogni altro — colpe che erano di tutti e di ciascuno.

Per molti saperlo laggiù in Tunisia — esule o latitante era il classico falso dilemma — fu per anni un sollievo. Quando Craxi lasciò questo mondo, sia pure velata dal cordoglio dell’ipocrisia, la sua morte venne vissuta come una conclusione violenta e liberatoria. In questo senso, a un quarto di secolo di distanza, la si può anche rivedere come un sacrificio che nel suo esito fu in qualche modo collettivo.

Ma è proprio qui, nel disconoscere quella sorte e separarsi da quella morte, che si distorce e al tempo stesso si compie il sorprendente meccanismo del capro espiatorio. Perché la violenza sopravvive alla vittima e in forme ambigue e complesse genera colpa e alimenta paura nella folla un tempo inferocita. Fino a quando, per i sopravvissuti, l’odio di un tempo non si trasforma nella necessità di rovesciare il sentimento che ha portato a sacrificare Bettino Craxi alle terribili leggi di quel potere che fu la sua gloria e la sua rovina

 

 

 

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