Religioni

“Homo occidentalis” in Asia

segnalato da Sandro Russo

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Non avrei mai pensato di riprendere (da la Repubblica) e pubblicare sul sito la recensione di questo libro e questa storia che è lontana anni luce dagli interessi e dal mondo isolano, senonché… la mia passata, intensa frequentazione di Ponza mi ha fatto conoscere diverse persone (anche tra i miei amici) che avevano avuto esperienze indiane e soggiorni di meditazione in ashram (…mai avrei pensato). Inoltre io stesso una certa conoscenza dell’Asia ce l’ho, avendo vissuto continuativamente in Sri-Lanka (dal 1999 al 2001) e in quegli anni (e nei successivi) ho molto viaggiato per paesi asiatici (India, Cambogia, Tailandia, Vietnam, Laos, ovunque tranne la Birmania). 
Infine – ed è il motivo più importante – è che un personaggio che somiglia molto al protagonista del romanzo, l’ho conosciuto. Ha soggiornato di recente per alcuni periodi come mio ospite al casale e solo da poco è partito per l’India (poi Nepal e Kashmir), ai primi di gennaio. Abbiamo anche scritto insieme per il sito (di suo è un bravissimo musicista), abbiamo chiacchierato e confrontato le nostre idee /vite.
Questo articolo è anche un mio modo per fargli compagnia. Ciao, Marco Màdana!

Il caso
In India l’eroe da bestseller è un italiano
di Carlo Pizzati – Da la Repubblica del 10 gennaio 2015

Upamanyu Chatterje racconta in un romanzo la vita di Fabrizio Senesi, ex monaco emigrato in Asia
Giorno per giorno, a settemila chilometri dalle radici e dalla sua abbazia, “Lorenzo”, come viene ribattezzato il personaggio nella finzione letteraria, perde la vocazione getta l’abito alle ortiche apre un centro di fisioterapia trova moglie e torna alla vita laica

I tempi cambiano. Le mentalità si aprono. Le barriere sfumano. Le certezze discriminatorie vengono messe in discussione. E, così, invece di avere solo narratori occidentali alla Rudyard Kipling che si immedesimano nei rudimentali “personaggi esotici”, emergono autori del Sud globale che scelgono come protagonisti gli occidentali.

È il caso di Lorenzo Searches for the Meaning of Life (Speaking Tiger), ottavo romanzo di uno degli scrittori più noti negli ambiti letterari in India, il sessantacinquenne Upamanyu Chatterje, che con il suo “Lorenzo alla ricerca del significato della vita” ha vinto il prestigioso premio JCB 2024 (2024 JCB Prize for Literature -ndr), quasi 30 mila euro. Dalla penna di un indiano, esce la storia di un italiano che da decenni vive e lavora in Asia.


Più che un romanzo è un gioco tra i generi letterari. È una biografia romanzata, dettagliata, precisa. Ma a differenza, per esempio, del toccante Due vite (Neri Pozza) di Emanuele Trevi, omaggio sentito a due cari amici scomparsi, qui il soggetto della biografia è vivo e vegeto.
L’autore stesso lo ammette nella nota iniziale in corsivo: «Questa è una storia vera. Cioè, come tante storie vere, è un’opera di narrativa che però si basa sulla vita del mio buon amico Fabrizio Senesi. Nulla in questa biografia è stato spiacevolmente imbellito».

Al fulcro di questa narrazione, difatti, c’è il vero Fabrizio Senesi, distinto signore italiano dal sorriso buono e dal viso aperto che dal 2021 vive in Cambogia, dove opera come International development manager per l’Unione europea.
Prima, per sei anni, sempre per la Ue, lavorava nello Sri Lanka, nell’ambito dei diritti civili.
Prima ancora era occupato nello sviluppo in Bangladesh, dove si svolge l’ultima parte del romanzo, perché Senesi si è trasferito in Asia nel 1993, trasloco che è un’importante svolta in questa biografia romanzata.

E perché questo curriculum vitae di 318 pagine dovrebbe essere così osannato dalla critica indiana? Perché, andando a scavare nella vita di Fabrizio Senesi, si scopre che in gioventù ha conseguito un titolo di studio in teologia e filosofia presso l’abbazia dei monaci benedettini di Santa Maria di Praglia a sud di Padova, associata alla facoltà di teologia di Sant’Anselmo di Roma. E una laurea in fisioterapia a Trieste, che alla lunga tornerà utile.

Il romanzo si apre infatti nel 1980 nella casa della famiglia del fittizio “Lorenzo” (il vero Fabrizio) Senesi ad Aquilinia, frazione di Muggia, al confine con la Slovenia. Senza rivelarlo a mamma, papà e sorella, né agli amici cattolici, il ventenne Lorenzo passa un primo lungo weekend nell’abbazia di Santa Maria di Praglia, presso Teolo, vicino ad Abano Terme.
Scoperta la vocazione, annuncia la decisione ai genitori. La madre, contrariata, suggerisce che la ricerca del divino sia in realtà un po’ egoista. Ma Lorenzo ha deciso: devolve i risparmi in beneficenza, si fa monaco benedettino, prende i voti. È il fervore della fede, ma anche l’indagine sul dasein esistenziale heideggeriano a convincerlo, tanto quanto Il Deserto nella città dell’ipercitato Carlo Carretto. Così com’è fondante, per il giovane benedettino di Aquilinia, la guida spirituale pratica del XIV secolo La nube della non-conoscenza di un anonimo inglese.

Dopo quattro anni passati a indagare la vita da eremita e quella più comunitaria da cenobita, incontra il bergamasco Luca Rossini che lo convince a unirsi alla sua missione in Bangladesh, dove stabilisce un piccolo monastero. Sullo sfondo, scorrono le notizie dei massacri etnici in Jugoslavia, il crollo dell’Urss, gli attentati dell’Ira a Londra, una moschea distrutta in India, Chernobyl, la prima Guerra del Golfo… Nulla distoglie Lorenzo/Fabrizio dalla vocazione.

Ma in Bangladesh il protagonista, come si legge tra le parole degne del sarcasmo che ha reso famoso Chatterjee fin dall’esordio nel 1988 con English, August, capisce forse «che i soldi non sono una parolaccia, anche per chi si è votato alla povertà più assoluta: i soldi sono indispensabili a tenere unito corpo e anima di modo da permetter loro di praticare la povertà».

Giorno per giorno, a settemila chilometri dalle radici, e dalla sua abbazia, “Lorenzo” perde la vocazione, getta l’abito alle ortiche, apre un centro di fisioterapia, trova moglie e torna alla vita laica, con due figli che lo spingono a cercare un lavoro più remunerante. Una vita semplice, ma che indaga nei risvolti della ricerca spirituale, come esplicita lo stesso Chatterjee.

«Per sei anni Fabrizio è stato mio vicino di casa nello Sri Lanka. Ha detto che era disposto a farmi raccontare la sua storia. Quando ho saputo che si trasferiva a Phnom Penh gli ho detto: sediamoci e raccontami la tua vita, che ci scrivo un libro. Abbiamo continuato a scambiarci messaggi anche dopo il trasloco. Ha letto la prima e l’ultima stesura, suggerito cambiamenti. È una storia semplice, ma interessante, quella di un uomo normale alla ricerca del significato della vita, un ventenne come molti nella provincia italiana degli anni Ottanta. Ma è una storia vissuta in senso antiorario, partita al contrario, dalla ricerca spirituale invece che da quella pratica. Lentamente, la vita lo chiama a sé. Arrivano i figli e le responsabilità che lo deviano dal cammino spirituale. I soldi, di cui non gli importava nulla, ora sono indispensabili per dare un futuro ai figli. Temi semplici, ma importanti per la vita di tutti noi. E il protagonista del mio libro, nel suo profondo, resta convinto di essere un monaco benedettino, cosa che penso anch’io di lui. Il protagonista crede ancora a quella frase di Padre Zosima che nei Fratelli Karamazov dice: un monaco non è una persona speciale, è ciò che ognuno di noi dovrebbe essere. Ed è questa idea che continua a dargli forza».

[Carlo PizzatiDa la Repubblica del 10 gennaio 2015]

L’articolo in file .pdf: Homo occidentalis in Asia

1 Comment

1 Comments

  1. Marco Màdana Rufo Mansur

    14 Gennaio 2025 at 21:31

    Eccoci! Stavo proprio pensandoti. A te e ai nostri scritti su Ponzaracconta.
    Fino ad oggi sono stato molto in movimento. Nessun momento per scrivere né rispondere ai messaggi.
    Mi sono stabilito in un piccolo monastero in un luogo molto santo, in cui ero già vissuto a più riprese. Nel frattempo, nonostante gli spostamenti, sto studiando e praticando molto. Una nuova ondata di entusiasmo mi pervade. Niente monaco, non preoccuparti… Eh eh eh! Ma come per te la parola ‘monaco’, a me la parola ‘laico’ fa venire l’orticaria. È una parola sulla quale si è compiuto un transfer semantico raccapricciante. Non esiste solo il religioso oppure il laico. Questa è una delle solite riduzioni banalizzanti di noi uomini moderni. Rientra nel processo di volgarizzazione di ogni cosa. È la solita strategia linguistica e ideologica, diciamo occidentale (non in senso geografico), che in realtà riduce tutto a scelte forzate, meccaniche, dualistiche. Io non rientro in quel pensiero. La vita è da una parte molto più complessa, dall’altra molto più semplice. Ma mai così stupidamente in mezzo, tagliando con l’accetta tutte le variabili, cioè praticamente tutto, perché sopravvivono solo opzioni razionali, approssimative, quindi virtuali, buone solo a creare un’illusione di sistema comprensibile.
    Ma la vita è fatta soprattutto di cose incomprensibili.
    Ed io, e te, naturalmente amico mio, rientriamo negli incomprensibili.

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