a cura di Sandro Russo
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Nei giorni scorsi si è scritto tanto, sui media e anche sul sito, del debutto della serie Sky, M. il figlio del secolo, tratto dal lavoro Premio Strega di Antonio Scurati, per la regia di Joe Wright, con Luca Marinelli e Barbara Chichiarelli nei ruoli di Mussolini e Margherita Sarfatti.
Screenshot dell’indice del sito (cliccare per ingrandire)
Al riguardo, l’unica posizione ponzese registrata è stata quella di Bixio, che in messaggi personali successivi mi ha reiterato un suo giudizio tranchant su Mussolini e la sua contrarietà alla serie Sky, prima ancora di averla vista. In questi termini:
Bixio
Ma per favore! “M. Il figlio del secolo”!
Un giudizio su Benito Mussolini?: saro’ telegrafico e sommario. Il solito dirigente italiano quacquaracqua. Prova ne è che per salvare la pelle tentò di scappare in Svizzera nascosto in un cappotto tedesco per sfuggire alle sue tragiche responsabilita’ le cui conseguenze stiamo ancora pagando! Almeno, l’altro pazzoide si sparo’ nel bunker di Berlino, fine più onorevole, se in questi casi si può parlare di onore!
Ma di cosa stiamo a parlare!
Mussolini fu un piccolo uomo in tutti i sensi.
A pochi chilometri da dove ho abitato fino agli anni ‘’70 c’era un manicomio dove ha passato gran parte della sua vita il suo figlio illegittimo. Aveva la sola colpa di essere nato fuori dal matrimonio. Per non parlare della fine che fece la madre di questi.
Sandro
Non sono d’accordo. M. il figlio del secolo di Scurati è un gran libro, molto realistico e documentato, altro che “la solita apologia dei tempi andati”. Il giudizio storico e politico sul Duce del fascismo e sul Führer tedesco può essere pesante quanto ti pare, ma una ricostruzione storica, antropologica e psicologica dei personaggi e più che lecita, anzi… può essere illuminante!
Ancora Bixio, dopo le prime due puntate della serie:
Come previsto, la fiction su M. stroncata dalla critica sui giornali per tutta una serie di falsità ed errori!
Sandro
Non è proprio così. Sì, ci sono state molte critiche ma tutte da parte di giornali di destra, “ideologiche”, quasi dovute.
Ne ha scritto il critico televisivo di Repubblica, Antonio Dipollina, sul giornale di ieri. Articolo che riporto qui di seguito per intero.
Il figlio del secolo Luca Marinelli è il protagonista della serie Sky Original. Sopra a sinistra Barbara Chichiarelli nel ruolo di Margherita Sarfatti
Multischermo
Fenomeno M. la serie che dispiace ai nostalgici
di Antonio Di Pollina – Da la Repubblica del 12 gennaio 2024
L’affresco grandioso firmato da Joe Wright, tratto dal romanzo di Scurati, ha un respiro che va oltre ogni appartenenza e confine
La serie M. Il figlio del secolo (su Sky) è il più grande show in circolazione, ma anche l’apparato polemico già fiorito tutto intorno non scherza. Fatalmente, ci si divide — anche ma non solo — per appartenenza politica e allora il gioco si fa duro: da destra è perfino arrivato l’attacco alla serie in quanto non sottolinea — testuale — che il fascismo ha fatto anche cose buone. Segue breve elenco.
Altro terreno fertile è poi quello dell’origine, ossia il romanzo clamoroso di Antonio Scurati e tutto quello che ne è seguito: un polemista accanito scrive “È molto meglio il film del libro”. Un altro, che non gli è distante, ribatte: “Il film ha gli stessi difetti del libro”. Ognuno dei due è convinto di essere quello che gliene ne ha dette davvero quattro allo scrittore.
E poi — qui entriamo nel lunare mondo social — ci si è messo Luca Marinelli, strepitoso contenuto per l’involucro del Mussolini in primo piano debordante, e permanente, sullo schermo per le otto ore del lavoro. Gli hanno chiesto come si è sentito a calarsi nella parte e lui, non immaginando il seguito, ha parlato del disagio naturale che esplode in un caso simile. Apriti social: c’è stata una marcia su Marinelli quasi all’unisono, manco avesse detto di aver provato disagio a interpretare Batman o un altro di fantasia, e non il personaggio più devastante della nostra storia, con annessi e connessi.
Chissà se si andrà avanti, oppure se tutto è dovuto al qui e ora dell’uscita dei primi due episodi su Sky. Volendo, ci sarebbe anche la questione cinema-serie tv.
M. Il figlio del secolo è stato presentato a Venezia, per intero: e non serviva l’indovino per scoprire che molti seguaci del cinema-cinema si sono ritrovati in un disagio quasi marinelliano nel constatare che l’affresco grandioso firmato dall’inglese Joe Wright — gran regista di cinema — sarebbe passato alla storia sotto forma di serie tv — e con il definitivo sospetto che, per le cose forti e importanti, otto ore siano meglio di due.
Per M. Il figlio del secolo l’aggettivo speso con maggiore frequenza è: potente. Comprensibile e giusto. Al punto da aver indotto a una sorta di passo indietro — dichiarato — lo stesso Scurati, che pure figura ai testi insieme a Stefano Bises e Davide Serino — zona fuoriclasse.
«Quando ho capito dove si andava a parare non ero d’accordo — ha detto lo scrittore — poi sono rimasto conquistato». Forse un’altra frase perfetta per accaniti dileggi social: ma in realtà verosimile visto che potrebbe essere anche la sensazione di molto pubblico alla visione.
- non somiglia a niente che sia mai stato prodotto da noi, ha un respiro che va oltre ogni appartenenza e confine: solo, non nel senso di essere alla portata di tutti e di cibare le aspettative normali (succede in ogni fiction un po’ nuova che esce, al grido di “non viene raccontato fedelmente il personaggio”).
Il racconto inoltre c’è tutto, ma c’è soprattutto l’esplosività della scelta del Mussolini-Joker — e Marinelli lo cavalca senza disagio alcuno, si direbbe — che trama, intriga, se la fa sotto e reagisce con rabbia, mente a tutti e poi fissa l’obiettivo, in senso ampio, e offre la verità a noi che guardiamo. Il tutto con un taglio grottesco-evoluto che non viene certo scalfito da qualche concessione un po’ infantile (“Make Italia great again” dice il Duce, e sembra una sottolineatura didascalica lontana mille miglia da tutto il resto. Chi voleva intendere, lo aveva già fatto).
Il resto è, semplicemente, il tentativo ampiamente riuscito di personalizzare da autori di rango una storia nota in ogni dettaglio: e di utilizzarla per giocare con gli abissi umani che hanno segnato la stori a — e qui dividendo il pubblico in altro senso: chi ha l’età per aver visto da giovane il Novecento di Bertolucci si è temprato a suo tempo alla resistenza, in ogni senso, alla violenza fascista, alla sua rappresentazione e a quello che ne consegue.
Vive anche di un cast sfolgorante, di musiche techno originali (Chemical Brothers), di un montaggio da favola, e fotografia, e tutto il resto, idem.
E come detto, viene attaccato e sarà attaccato da più parti, ma ha davvero l’aria di un lavoro che per estro, libertà espressiva e punto di vista spiazzante diventa in realtà inattaccabile: in quanto al lavoro ci si sono messi quelli bravi davvero, che mai e poi mai avrebbero scelto una qualche facile soluzione da applausi collettivi.