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La creazione del consenso. L’opinione di Concita sulla serie Sky

segnalato da Sandro Russo da la Repubblica

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Come contributo illuminante al dibattito in corso, nel paese ma anche sulle pagine del sito, propongo questo articolo di Concita De Gregorio da la Repubblica di ieri (in prima pagina e a pag. 21, all’interno)

Le idee
Sapersi vendere, la lezione della serie M.
di Concita De Gregorio – Da la Repubblica del 12 gennaio 2025

Il successo e il potere sono di chi sa comunicare, piacere, sedurre, talvolta mentire, se necessario tradire, cambiare faccia e vestito ma sempre a tempo con lo spirito del tempo, cioè avere fiuto, assecondare la domanda popolare e dunque saper vendere il proprio prodotto, che in genere consiste in se stessi. È la regola.
La conoscono Trump, le Kardashian, Giorgia Meloni, Matteo Renzi, epigoni minori, youtuber con milioni di follower e imprenditori con miliardi alle Barbados, lo sapeva perfettamente Silvio Berlusconi — per restare a questi ultimi trent’anni, si potrebbe arretrare alla preistoria — quindi no. Non direi che M. Il figlio del secolo sia una serie tv sul fascismo italiano, un biopic (nella neo lingua internescional) di Benito Mussolini. Cioè anche, certo.

Prende a pretesto una figura, un luogo e un tempo ma racconta l’abilità di chiunque abbia saputo e sappia oggi vendere se stesso dunque farsi duce, leader, campione di classifica e di incassi e chi no, giacché se riesci a vendere te stesso di conseguenza venderai anche le tue collezioni di mutande, il tuo partito, la tua candidatura alla guida del teatro cittadino, del Paese, del globo. Non tutti sanno farlo, è ovvio. Serve un certo spregiudicato talento, difatti proprio a causa della spregiudicatezza — da taluni specie a sinistra assai mal considerata — c’è chi oltre a non saperlo fare non vuole, per motivi di principio: si sente più a suo agio in una splendida minoranza. La maggioranza, intanto, governa le cose. Anche quelle della minoranza etica confinata in una sempre più marginale terra dei giusti, tuttavia infelici.

Gli italiani sono un popolo che corre in soccorso dei vincitori, diceva Flaiano. Anche gli americani, a Zuckerberg non interessa più verificare se le notizie che fa circolare su Meta siano false ma gli affari sono affari, si fanno con chi vince.
Che le donne amino solo «gli uomini gagliardi capaci di violentarle» è una frase di Alfredo Oriani, scrittore ottocentesco che Mussolini considerava precursore del fascismo: è la stessa, più o meno, che ha detto Trump a proposito di quale sia il punto del corpo da cui bisogna prenderle, le donne, che lo vogliano o meno. Del resto basta pagarle e se ti condannano pazienza, la gente ti capisce e ti ama lo stesso anzi di più.

Vignetta di Ellekappa da la Repubblica dell’11 gennaio 2025

“Il re è nudo e i suoi elettori lo trovano irresistibile”, ha disegnato ieri Ellekappa. Nudo e irresistibile con la cravatta rossa. Alfredo Oriani era di Faenza in Romagna, Mussolini di Predappio, trenta chilometri, nella serie tv difatti parla romagnolo il che lo rende simpatico in senso etimologico: uno con cui senti somiglianza, consonanza.

Giorgia Meloni si rivolge in aula ai parlamentari dicendo «rega’», in romanesco ragazzi.
Il Papa trova che Giorgia Meloni non sia «populista né popolare, è popolana», cioè ha quel tratto di «genuinità e schiettezza» che fa sentire le persone a proprio agio, all’altezza di capire, non inferiori. Ha ragione.
Ieri anche Corrado Guzzanti (tranquilli, fermi sulla tastiera: non è un paragone fra Guzzanti e il Papa, è una coincidenza temporale) ha detto: «Gli altri comunicano in modo più semplice e diretto rispetto alla sinistra». Poi, anche: «Tutti pensiamo di non essere snob ma risultiamo snob agli occhi di qualcun altro». Esatto.
Dipende dalla postura, dall’intenzione e dall’autopercezione, dalla capacità di sintesi, dalla furbizia di sembrare interessati agli altri prima che a se stessi e farlo credere.

Mussolini aveva l’istinto del posto al sole come quell’altro aveva il sole in tasca. (Da Berlusconi bisognava tenersi alla larga, se avevi pretese di imparzialità: voleva essere amato da tutti e ci riusciva. Bisognava non frequentarlo per essere relativamente al sicuro).
«Io sono come gli animali, sento il tempo che viene», dice Mussolini nella serie.
L’istinto. Un po’ Alberto Sordi un po’ impresario del circo di paese, Mangiafuoco sbruffone incantatore. L’unico capace di parlare a un’assemblea poi a una folla oceanica.
L’arte oratoria però popolare, senza pretesa di apparire colto: che orrore, che errore.

«Il fascismo è una creatura bellissima, conquisterà milioni di cuori, seguitemi: diventerete fascisti anche voi», dice Luca Marinelli che magistralmente interpreta il Duce nel promo andato in onda su tutti i canali, con qualche brivido e polemica. Diventerete? Tornerete? Siete? «Mi avete adorato follemente per vent’anni come una divinità. E poi odiato follemente, perché mi amavate ancora. A cosa è servito quell’odio? Guardatevi attorno, siamo ancora fra voi». Mi avete odiato perché mi amavate ancora è vero in ogni relazione: è l’indifferenza, non l’odio, a segnare un congedo. Lo spettatore nel film fa da controcampo, il Duce parla difatti direttamente a te, guarda in camera e ti guarda. «Tornerà il fascismo e vi troverà vegliardi, al dunque», diceva Amelia Rosselli poeta, febbricitava e la additavano pazza. «Siamo ancora fra voi», avvisa trent’anni dopo questo Duce dallo schermo. Molto probabile. Diciamo pure certo. Ovunque nel mondo, mica solo qui. Siamo sempre pronti — la maggioranza lo è — ad affidarci a chi è più forte. Il potere è violento, crudele, volgare. È una gara a chi prevale con qualsiasi mezzo e se non vi piace la seconda stagione di Squid Game è anche perché non è spietata quanto la prima.

Luca Marinelli ha detto che gli è costata molta fatica interpretare Mussolini perché lui è fieramente antifascista. Immagino che nemmeno Bruno Ganz si sentisse nazista né Anthony Hopkins avesse simpatia per i cannibali (1). Frequentare abissi e poi uscirne è il privilegio dell’attore. Ha esposto il suo privato stato d’animo, Marinelli, c’è un rimedio alternativo all’indignazione di mezz’ora se non ti piace quel che dice qualcuno: ignorarlo con tranquillità. Quello che non si può ignorare, invece, è il risultato del lavoro di Joe Wright, il regista, delle centinaia di persone che corrono nei titoli di coda, del cast: straordinario (Marinelli fuori scala per bravura, Barbara Chichiarelli – Margherita Sarfatti strepitosa: la donna che ti dà tutto e che mandi a morire senza un grazie. Cioè una di noi prima di aver imparato, sempre troppo tardi, ad affrancarsi).

Troppo tardi è la chiave di ogni cosa, qui. Ho letto che gli sceneggiatori, con l’iniziale attrito di Antonio Scurati autore del libro ispiratore, hanno lavorato per fare in modo che lo spettatore si sentisse in confidenza con il protagonista fino al momento dello spavento: quello in cui capisci cosa sta succedendo ma è troppo tardi.

Interessante. Capisco che Giorgia Meloni non abbia tempo di guardare le serie tv perché ha «altro di più importante da fare», peccato, ma noi che non siamo al logorante governo, non abbiamo elettori da sedurre e condurre, noi sì, possiamo trovarlo il tempo per questo M. Che poi magari diventa troppo tardi per dire se siamo tutti fascisti o se c’è un’alternativa, eventualmente quale.

[Concita De GregorioDa la Repubblica del 12 gennaio 2025]

Note

(1)Bruno Ganz nel 2004 ha interpreto Adolf Hitler nel film La caduta, diretto da Oliver Hirschbiegel. Antony Hopkins è stato Hannibal Lecter (Hannibal the cannibal) nel film Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme (1991); ruolo che ha ripreso anche nei successivi due film, Hannibal (Ridley Scott, 2001) e Red Dragon (Brett Rattner, 2002)

Altre immagini contenute nell’articolo (a cura della Redazione): dal film (prevalentemente) d’animazione Pink Floyd the Wall del 1982 diretto da Alan Parker e dal classico Metropolis (Fritz Lang, 1927). Entrambi centrati sulla creazione del consenso e sulla massificazione

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