di Guido Del Gizzo
.
Cecilia Sala è libera, dopo 21 giorni passati nel più famigerato carcere iraniano, grazie all’eccellente lavoro della Presidente del Consiglio, in primis, che ha saputo sfruttare una congiuntura politica favorevole per riportarla a casa.
Certo, c’è il lavoro prezioso degli altri apparati dello Stato, ma l’elemento centrale è stata scelta di campo, operata da tempo dal nostro esecutivo, di essere di supporto, in Europa, al nuovo corso americano.
Fanno un po’ sorridere le interpretazioni secondo le quali la facilitazione concessa, da parte americana, per la liberazione della nostra connazionale, avrebbe delle contropartite politiche o economiche: Giorgia Meloni ha già dato e concesso tutto, da tempo.
Per Cecilia Sala ha potuto approfittare di questa situazione e ne siamo felici.
Presi dall’emozione del momento, ci siamo tutti commossi nel vederla scendere dall’aereo e abbracciare fidanzato e familiari: però, fermiamoci un attimo a riflettere.
21 giorni, senza subire, fortunatamente e inaspettatamente, per quel che ne sappiamo, violenze, torture fisiche o comportamenti degradanti, mangiando tutti i giorni, due coperte.
Esistono infinite, credo, forme di tortura: certamente la luce sempre accesa può esserlo, come può esserlo il buio, e dipendono dalla sensibilità di ognuno di noi.
Per me poi, basta dover assistere per un’ora e mezzo all’Eredita’ , trasmissione di cui mia madre novantaquattrenne è un’assidua spettatrice, quando sto con lei.
Proviamo simpatia per la madre di Cecilia che si preoccupava che non avesse un cuscino pulito, ma avendo presenti i racconti di amici che sono passati, negli anni, nei reparti psichiatrici dei nostri ospedali, delle considerazioni e dei confronti diventano immediati.
Inutile scomodare i miti cinematografici o letterari della nostra storia – “Fuga di Mezzanotte”, o “The Sleepers”, o “Il Conte di Montecristo” – al cui confronto la vicenda di cui parliamo sembra poca cosa, anche se l’enfasi con cui se ne sta parlando li richiama. La realtà, brutalmente, ci impone un paragone e delle considerazioni feroci: mentre Cecilia Sala ci racconta della lettura ossessiva degli ingredienti del pane o del conto delle sue dita, per trascorrere 21 giorni, che espedienti staranno adottando gli ostaggi di Gaza, quelli ancora in vita?
E vogliamo riflettere un momento sulle condizioni in cui sono tenuti i migranti, in tutto il Mediterraneo e anche nel nostro Paese?
La nostra connazionale ha potuto, doverosamente, ricevere la miglior assistenza possibile: sono stati coinvolti capi di governo e di stato, è stata trasferita con un aereo di Stato e l’abbiamo vista, felici, scendere dalla scaletta a Ciampino, Barbour e zainetto, correre incontro ai suoi cari, dopo 21 giorni.
Non penso che l’ulteriore enfasi, sulla sua vicenda, sia una campagna orchestrata di spot filogovernativi : però, adesso, un po’ di sobrietà e di pudore, da parte dei media e del giornalismo italiota, non guasterebbero davvero.
.
Immagine di copertina (a cura della Redazione)
Murales per Cecilia Sala comparso a Venafro, dello street artist Drugi