di Sandro Russo
Per le puntate precedenti, leggi qui e qui
Piante e animali di Lemuria. Cronache di viaggio
di Sandro Russo
“Vi è qualcosa di grandioso in questa visione della vita, con i suoi poteri di crescita, assimilazione e riproduzione, in origine infusa nella materia in poche o in un’unica forma, e mentre il nostro pianeta ha continuato a girare secondo leggi immutabili, e la terra e l’acqua in un ciclo di cambiamento, hanno proseguito a sostituirsi l’una all’altra, da un’origine così semplice, attraverso il processo di selezione graduale di cambiamenti infinitesimali, si sono evolute infinite forme, splendide e meravigliose”
[Da: Charles R. Darwin in ‘Sketch’ (1842)]
I voli aerei non sono più quelli di una volta: troppe difficoltà, ritardi, controlli: eventi molesti che si sono ripresentati almeno tre volte durante tutto il viaggio, con piccole varianti locali. A parte i nefasti delle linee aeree nostrane, anche qui, all’aeroporto di Nosy-be…
Si arriva all’aeroporto con largo anticipo e si deposita il poco bagaglio vicino alla fila che si va formando, al banco del check-in.
Un francese rubizzo mi si avvicina, indica il bagaglio e fa:
– Grève! Pas de vols!
– Comment? – Faccio io, e mi metto a difendere i bagagli, che non sono affatto pesanti (grevi), e che ci ho sempre viaggiato senza problemi.
– Mais monsieur! Est ce que vous ne connaissez pas le mot ‘grève’?
– Eh no! – ammetto desolato.
I cugini francesi, quando ci si mettono sono dei gran buontemponi! Questo alza tutte e due le mani in alto, come se reggesse un cartello, e comincia a tirarle su e giù, dicendo: – No travail..! No tra-va-il..!
Allora capisco: Aah! Sciopero! Strike! (rùteka, in malgascio! Ormai li ho passati tutti; grève mi mancava!)
Oddio …E adesso?
Il fatto è che si rischia di rimanere bloccati sull’isola per un tempo che nessuno sa prevedere, senza poter arrivare alla terraferma, e salta tutto il resto del viaggio alle riserve naturali intorno a Diego Suarez.
Ma non ci si perde d’animo! Si dovrà affrontare un lungo trasferimento con altri mezzi – un barchino da Nosy-be alla terraferma e poi il lungo viaggio in minibus fino a Diego Suarez all’estremo nord. Il tutto prenderà, invece che i 50 minuti di aereo, almeno nove ore e mezza di viaggio su un percorso che non è propriamente un’autostrada; anche se in compenso la stradaccia si snoda attraverso una natura rigogliosa, tra coltivazioni di cacao, vaniglia e ylang-ylang.
Si arriva stanchi, polverosi e affamati, con un rinnovato rispetto nei confronti dei viaggi aerei.
Ah! …Incostanza delle preferenze umane!
Frutti dell’albero del cacao (Theobroma cocoa – Fam. Sterculiaceae, originario dell’America meridionale). Nelle diverse foto: l’albero del cacao con i frutti che pendono direttamente dal tronco; semi freschi di cacao, nel frutto appena aperto [Sul trattamento dei semi del cacao per giungere al cioccolato, V. su “O”: Profumo d’Oriente del 18.02.07]
Ylang-ylang è una essenza base in profumeria, derivata dai fiori della Cananga odorata (Fam. Annonaceae), un albero nativo delle Filippine e dell’Indonesia, ma trasferito con successo in altri paesi dal clima simile. In particolare nel Madagascar e nelle vicine isole Comore l’olio essenziale di ylang-ylang è un’importante voce delle esportazioni. Il nome di ‘isola dei profumi’ dato a Nosy-be deriva da questa e da altre spezie che vi si producono. Gli alberi sono nodosi e contorti, a causa delle ripetute potature fatte per mantenerli bassi, ad altezza utile per i raccoglitori.
Cananga odorata, comunemente conosciuta come ylang-ylang è l’albero dai cui fiori si ricava l’omonima essenza usata in profumeria. Nella foto, gli alberi e un particolare delle foglie
Particolare dei fiori dell’ylang-ylang, di colore tra il verde e il giallo. Il profumo è intenso, con una sfumatura aspra: a qualcuno può ricordare vagamente l’odore dei narcisi selvatici
Raccolta dei fiori ed estrazione dell’olio essenziale di ylang-ylang
Pianta, fiore e baccelli di vaniglia (Vanilla planifolia – Fam. Orchidaceae) – Il nome ‘vaniglia’ deriva dallo spagnolo ‘vainilla’ ossia ‘piccola vagina’
Vanilla planifolia è un’orchidea originaria del Messico, dove era conosciuta fin dai tempi degli Aztechi e dove ancor oggi è intensivamente coltivata nella regione di Vera Cruz. La spezia sono i baccelli che, essiccati con una complessa procedura, sviluppano un caratteristico profumo. Come altre orchidee, essa ha bisogno di un insetto impollinatore specifico per produrre il suo frutto e quindi i semi.
Quando i botanici al seguito del navigatore Hernán Cortés (1485-1547) ne intuirono il potenziale interesse commerciale, inviarono degli esemplari della pianta in Europa e di qui in altri paesi della fascia tropicale, soprattutto in Madagascar e a Réunion (piccola isola dell’Oceano Indiano, 260 miglia a est del Madagascar) [Vedi su “O”: Piante e uomini in viaggio (seconda parte)
del 22.10.07].
Ma nei paesi in cui era stata trasferita, la vaniglia non riuscì a dare frutti per la mancanza dell’insetto impollinatore, che evidentemente non aveva seguito la pianta nelle sue peregrinazioni. Finché nel 1841 un giovane lavorante delle piantagioni (…diciamo pure uno schiavo), tale Edmond Albius, scoprì il metodo di impollinazione manuale ancora utilizzato. Si tratta di mettere a contatto, con un gesto rapido e preciso, utilizzando una spina, l’antera su cui c’è il polline, con lo stigma del fiore, superando l’ostacolo (rostellum) frapposto fra essi: la funzione appunto compiuta in condizioni naturali dall’insetto impollinatore.
Impollinazione dell’orchidea nativa del Madagascar Angraecum sesquipedale da parte di uno sfingide (Xanthopan morganii ‘praedicta’), dalla lunghissima spirotromba (circa 30 cm!)
Non è la stessa orchidea della vaniglia, né lo stesso insetto impollinatore, ma la storia è analoga a quanto è accaduto con un’altra orchidea del Madagascar, l’Angraecum sesquipedale, che aveva un apparato riproduttore simile. Al tempo della sua scoperta Darwin ipotizzò (1862) che per una pianta del genere dovesse esserci un impollinatore specifico, peraltro non identificato, al momento. Solo anni più tardi (1903) fu scoperto, nello stesso habitat dell’orchidea, uno sfingide con una spirotromba delle dimensioni adatte, battezzata Xanthopan morganii ‘praedicta’, in onore della ‘predizione’ di Darwin. Un successo per quella branca delle scienze biologiche detta ‘criptozoologia’, che ipotizza la presenza e/o le caratteristiche degli organismi attraverso deduzioni logiche cui non sempre le conoscenze attuali corrispondono.
***
Eccoci dunque alla nostra destinazione nel Madagascar del Nord, con base nella città di Diego Suarez (Antsiranana), in vicinanza dei grandi parchi naturali, come il ‘Parc National de Montagne d’Ambre’ e la ‘Réserve spécial de l’Ankàrana’; territori ricchi di meraviglie botaniche e zoologiche, non troppo distanti dal mare.
Il paesaggio è molto vario; si ammira una costa ricca di insenature; si incontrano tipici baobab ad habitat quanto mai variabile: dalla fascia costiera alle zone boscose dell’interno. Poi ci si inerpica tra le montagne, per incontrare una vera foresta pluviale primaria (wet forest), di quelle originali, non ripiantate dall’uomo in tempi storici. Gli insediamenti umani lungo la strada sono costituiti da sparse casupole, la maggior parte di legno. Molto frequenti davanti alle abitazioni le piante di litchi.
Litchi chinensis (Fam. Sapindaceae); bell’albero originario del sud della Cina, ma diffuso in tutta la fascia tropicale. Produce frutti dalla buccia rossa scabra e dalla polpa bianco-perlacea, al delicato sapore di rosa [V. su “O”: Erbe e frutti di piazza Vittorio del 02.12.07]
Il baobab, è una delle più tipiche piante del Madagascar, già incontrata nei nostri viaggi e tra i ricordi dell’Africa [per informazioni su altri baobab (Adansonia digitata), v. su “O”: Piante e storie dall’Africa (prima parte) del 19.08.07]. In malgascio il baobab è comunemente denominato renala o reniala (‘madre della foresta’)
Un enorme baobab a Diego Suarez (Adansonia suarezensis – Fam. Malvaceae) di color grigio, quasi argenteo; età stimata intorno ai 2000 anni!
Altri due baobab a Diego Suarez (Adansonia suarezensis), nei pressi del ‘Parc botanique des mille baobab’, sulle pendici della ‘Montagne des Français’. Sotto: nidi di uccelli su uno degli alberi. Nel particolare: fiori e frutto immaturo
Il baobab di Grandidier (Adansonia grandidieri) è endemico in Madagascar, caratterizzato da una forma più slanciata e tronco liscio. ‘La Rue des Baobabs’ nei pressi di Morondava (costa sud-occidentale dell’isola), fiancheggiata da queste piante, è uno dei luoghi più fotografati del paese (foto dal web, di James Parker)
[Il mio viaggio in Madagascar nel segno di Darwin (3) – Continua]