Ambiente e Natura

Il mio viaggio in Madagascar nel segno di Darwin (1). Piante e animali di Lemuria

di Sandro Russo

 

Lo scorso anno il prof. Adriana Madonna, biologo marino di EClab Laboratorio di Endocrinologia Comparata, Università di Napoli “Federico II”, ha fatto parte di una spedizione scientifica in Madagascar per verificare e studiare gli effetti del cambiamento climatico sulla biodiversità di quell’angolo di Oceano Indiano. Al ritorno ci fu fatto un interessante resoconto che abbiamo ospitato sul sito il 18 novembre 2024 (Missione Madagascar).
Di quel viaggio, di studio e di ricerca, c’è ora una mostra che sarà inaugurata il 4 gennaio a Sperlonga tra le suggestive mura di Torre Truglia (leggi qui).
In occasione del recente viaggio di Adriano Madonna in Madagascar e di questa Mostra a Sperlonga, mi è gradito proporre qui la cronaca di  un mio viaggio (di più di dieci anni ) pubblicata a suo tempo su “O”, il Magazine della Scuola di Scrittura Omero. Spesso con l’amico Adriano ci siamo avvicendati su queste pagine a raccontare i luoghi che avevamo visitato; con interessi più marini e scientifici lui, più terragni e letterari io. Sicuramente non ci sovrapponiamo.
Il mio viaggio è stato lungo e variegato; il racconto, seppur con molte foto, richiederà almeno quattro puntate.

FOTO

Piante e animali di Lemuria. Cronache di viaggio (1). Da Nosy-be a Ankazoberavina
di Sandro Russo

                                                                     Laggiù laggiù / nell’indaco laggiù
foschia… foschia… / enigma  fantasia…
 [Paolo Conte in “Chissà”; dalla raccolta ‘Elegia’ (2004)]

Il quadro è diviso in due parti: sotto il blu turchese del mare; sopra il celeste del cielo, pennellato di nuvole bianche. C’è solo una piccola interruzione dove le due metà si uniscono. Una mancanza, o una disattenzione del pittore, si direbbe. Una piccola lacuna color indaco di forma allungata, come se la trama del cielo si fosse strappata in quel punto, in una riedizione del ‘Truman Show’.
Da lì si potrebbe forse fuggire dal mondo ed entrare in un’altra realtà?

Ma la barca continua ad andare e quella che sembrava una piccola irregolarità del quadro diventa sempre più grande, cambia colore: grigio, verde scuro, poi tutte le gradazioni del verde.

“Una piccola lacuna color indaco di forma allungata, come se la trama del cielo si fosse strappata in quel punto…”

Geograficamente, Ankazoberavina è davvero un puntino – neanche riportato nella maggior parte delle mappe della zona – vicino a un’isola più nota (Nosy-Be), a nord-ovest e a poca distanza da un’isola ben più grande (due volte l’Italia!) – il Madagascar, appunto – che i nativi chiamano la Grande Terre.

Nella zona nord-ovest del Madagascar, l’asterisco rosso indica un arcipelago di piccole isole intorno a Nosy Be, tra cui Ankazoberavina

Nel piccolo braccio di mare intorno all’isola si fanno in effetti incontri straordinari, immaginati solo nei sogni (o visti al cinema, che ne è il succedaneo più accessibile).

In avvicinamento all’isola – appena visibile all’orizzonte nella metà di sinistra della foto (cfr. prima immagine) – la prima sorpresa è stata l’incontro con i delfini

E passi per i delfini, che sono comuni anche nei nostri mari, ma chi avrebbe mai immaginato di vedere le balene, in questa vita?

L’isola (Ankazoberavina) vista ancora più da vicino; in primo piano due balene di passaggio (…toh!), con relativo sbuffo

– Che ci faccio qui? – una domanda che ha attanagliato molti, prima di me – sulla rotta verso una piccola isola sconosciuta ai più? E come e perché proprio in Madagascar?
Un amico che ora non c’è più usava fare delle cene in cui riuniva gruppi di ‘matti’ – secondo lui – omogenei per una particolare follia. Fu così che ci fece incontrare, noi innamorati dell’Oriente, con un altro gruppo che invece aveva preso una direzione diversa; verso l’Africa, il Madagascar.

Le storie – “dei matti” – erano andate avanti quasi parallele, con modalità simili…
Si capita, più o meno per caso, in un posto che a differenza di tanti altri nel mondo, attira per qualche misterioso motivo. Si va una volta, un’altra, un’altra ancora; si è desiderosi di far vedere agli amici il luogo e la gente, gli usi e le tradizioni che hanno attratto noi. Si prende ad andarci sempre più spesso e anno dopo anno si cominciano a mettere radici.

Così è stato per noi e immagino anche per loro, che si sono innamorati di un’isoletta a meno di un’ora di lancia a motore dall’isola più grande, Nosy Be; ne hanno chiesto la concessione per uso turistico eco-compatibile e hanno cominciato a lavorarci sodo. A distanza di una dozzina d’anni ne hanno fatto una piccola riserva naturale, un posto dove tornare spesso, con amici e conoscenti; poi, per le necessità di far fronte alle spese di gestione e per un tam-tam discreto tra appassionati, è sorto un piccolo resort con alcuni bungalows autonomi e delle strutture comuni: una libreria, la grande cucina, una veranda aperta sul mare per incontrarsi e per mangiare insieme.

L’arrivo dal mare sulla piccola isola, fa immediatamente pensare alla locandina del film che ha riportato ‘di moda’ il Madagascar: parliamo del cartone animato uscito recentemente, che – potenza del cinema – ripropone i lemuri, la flora e i paesaggi come poi effettivamente si ritrovano sul posto…

La lussureggiante vegetazione dell’isola, vista dal mare. Si riconoscono, sulla parte alta a sin. della foto, almeno tre palme del viaggiatore (v. in seguito)

Dal punto di vista geologico il Madagascar è un’enorme massa di terra che circa 140 milioni di anni fa si è staccata dall’Africa, con tutto il suo carico di vita, piante, animali, che da quel momento in poi hanno preso una diversa strada evolutiva; quindi tutto richiama qualcosa di già visto, ma ne è allo stesso tempo differente…

La presentazione del film di animazione  “Madagascar” (2005) della ‘Dreamworks’, per la regia di Eric Darnell e Tom McGrath

Il Madagascar è davvero una terra capace di attirare i naviganti che ne fanno la conoscenza. Già nei nostri viaggi per il mondo insieme alle piante [Vedi su “O”: Piante e uomini in viaggio (seconda parte) del 22.10.07] abbiamo incontrato quel tal botanico – Philibert De Commerçon – che partito nel 1776 per la spedizione di circumnavigazione del globo di Louis Antoine De Bougainville, sulla via del ritorno si fece lasciare in Madagascar e non tornò mai più in Francia. Nell’isola si diede ad un’opera forsennata che lo portò a classificarne tutta la flora in breve tempo, prima di morire a soli 43 anni. Un hippie ante-litteram, potremmo considerarlo, da quel che scriveva ad un suo amico a Parigi: “Difficile, quando si è al cospetto di tesori così ricchi, generosamente sparsi su questa terra fertile, non sentire pietà per quei poveri teorizzatori che passano la vita nel chiuso delle loro stanze a escogitare vane sistematiche…”

Come in tutto il Madagascar, anche sulla piccola isola è presente la cosiddetta ‘palma del viaggiatore’ (Ravenala madagascariensis – Fam. Strelitziaceae), che non è in realtà una palma, ma un’erbacea ad alto fusto, come il banano. Tanto diffusa, da essere raffigurata nel logo della compagnia aerea nazionale

Quando si approda sull’isola, il comitato di ricevimento è dei più originali, anche se, dopo gli incontri precedenti, la meraviglia si è parzialmente scaricata. Si tratta della piccola colonia di lemuri, stanziali sull’isola, che vengono a informarsi sui nuovi arrivati. Questi che si vedono in giro sono meno frequenti di quelli ad abitudini notturne, che di giorno dormono al riparo, preferibilmente nel cavo degli alberi.

I lemuri incontrati poco dopo l’approdo sulla piccola isola. Addirittura tre insieme, nella immagine di sinistra

I lemuri sono pro-scimmie arboricole dai grandi occhi, tipiche del Madagascar, che era chiamato appunto Lemuria, nell’antichità. Tanto umanoidi nei tratti e nel portamento, tanto inquietanti gli occhi, che essi furono considerati dai primi colonizzatori come morti senza pace che venivano di notte a tormentare gli uomini; cosi che i primi missionari pensarono anche di battezzarli. Comunque – a loro parziale giustificazione – qualche motivo per essere indotti in errore lo avevano, dal momento che in latino ‘lemures’ significa ‘spiriti della notte’ e nell’antica Roma esistevano delle ricorrenze chiamate Lemùria, sembra istituite dallo stesso Romolo per placare lo spirito del fratello Remo, da lui ucciso.

A sinistra una buffa immagine di un lemure a due teste; si tratta in realtà di una femmina con il suo piccolo agganciato alla vita, che sembra non crearle impedimento alcuno. Nella foto di destra un altro curioso appollaiato tra i rami di un badannier (v. in seguito)

L’albero chiamato dai nativi ‘Badannier’, è tipico dell’isola, cui dà anche il nome (sembra che in malagasy ‘Ankazoberavina’ significhi ‘Albero dalle grandi foglie’). In termini botanici è una Terminalia Catappa – Fam. Sterculiaceae, chiamata anche Indian almond dalle noci (commestibili) che produce (particolare in basso a sin.)

Lungo i vialetti della zona curata dell’isola si trova – oltre al banano – un’altra vecchia conoscenza, il cimbopogone (Cymbopogon citratus o lemon grass – Fam. Graminaceae), dall’intenso profumo [V. su “O”:
Profumo d’Oriente, del 03.06.2018]

Un altro incontro notturno è con un animaletto che si nutre di insetti e di frutti caduti: è il ‘tenrec’ – Tenrec ecaudatus – unico rappresentante della famiglia dei Tenrecidae. Somigliante al toporagno e al nostro riccio, se ne differenzia per caratteri anatomici peculiari

Comuni in Madagascar – e presenti anche sulla piccola isola – sono le mangrovie che formano estese foreste costiere caratterizzate da una parte emersa a struttura arborea, da radici ramificate ancorate al terreno melmoso e periodicamente sommerse dall’innalzamento della marea; infine da spunzoni di radici emergenti tutt’intorno (pneumatofori) in funzione di strutture ‘respiratorie’, in un substrato povero di ossigeno per le radici.

Le mangrovie comprendono diverse specie, tutte molto interessanti dal punto di vista botanico e ancora confusamente classificate in tre diverse famiglie: Rhizophoraceae, Combretaceae e Verbenaceae. Un’altra loro caratteristica di rilievo riguarda i semi, galleggianti, in forma di sigari lunghi una ventina di centimetri, che costituiscono un esempio molto raro nel regno vegetale di ‘viviparia’; ovvero un seme che a maturità cade dalla pianta già provvisto di piccole radici, senza la necessità di dover germogliare nel luogo dove si fermerà.

Le mangrovie – nella foto Rhizophopora mucronata – Fam. Rhizophoraceae – sono piante molto particolari dal punto di vista dell’adattamento alla vita in acque salate, e preziose per la protezione delle coste

Le mangrovie formano estese foreste costiere, con un loro proprio ecosistema, peraltro molto delicato. Le propaggini emerse delle radici – dette ‘pneumatofori’ – contribuiscono all’ossigenazione della pianta

Fiori e seme di mangrovia. Quando il seme a maturità cade, già presenta degli abbozzi di radice ad una estremità. Trasportato dal mare su un terreno sabbioso o fangoso, esso non dovrà germinare, ma è già pronto a dare inizio ad una nuova pianta.

Ma le sorprese non finiscono mai, per cielo mare e terra…

[Il mio viaggio in Madagascar nel segno di Darwin (1)Continua]

 

 

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