di Martina Carannante
per la prima parte leggi qui
Alla Galite i ponzesi avevano costruito anche la chiesa. La prima a fondarla fu ” ‘a vecchia Sciammereca”, ovviamente in onore di San Silverio. Nel 1950 fu addirittura restaurata e fatta come nuova.
Costruirono anche il cimitero che, con l’arrivo dei turchi, fu depredato perché erano convinti di trovare l’oro nelle tombe. Prima della costruzione del cimitero, quando moriva qualcuno veniva seppellito nella sua terra, poi con l’arrivo dei gendarmi francesi si iniziarono a costruire le cappelle; la prima e la più bella era la Capella Feola e così, man mano, seppellendo tutti nella stessa area così come prevedeva la legge francese, nacque il cimitero.
Alla Galite i francesi avevano dei gendarmi a controllare il territorio, ma – come sottolinea Achille – il gendarme stava là solo come controllore e non per far rispettare la legge, perché erano i ponzesi a governare.
C’era anche la scuola. Inizialmente il governo francese aveva mandato un maestro del centro della Francia, ma non riuscivano a comunicare perché i ponzesi non conoscevano una parola di francese ed il maestro francese non comprendeva una parola di ponzese; per risolvere il problema il governo centrale mandò una nuova insegnante – questa volta dalla Corsica – così da avere una comunicazione più agevole. In questo modo i ponzesi impararono il francese, certo con un accento corso, però almeno avevano imparato questa nuova lingua. La maestra poi si sposò con un gendarme francese, e entrambi rimasero lì.
Dopo questa lunga chiacchierata fatta di tanti bei ricordi, non ho potuto ovviamente non chiedere del trasferimento e della fine de La Galite ponzese.
Achille, rammaricato, mi dice che al momento della chiusura della colonia, a La Galite, erano trecento i ponzesi che vennero divisi a caso in due gruppi: ognuno di 150, di cui uno venne trasferito a Le Lavandou e l’altro a Sanary.
Mi spiega come fino al 1950 si stava abbastanza bene, nonostante tutti i tumulti in terraferma, ma nel 1953 le cose cominciarono a cambiare.
Habib Bourguiba (foto da Wikipedia)
C’era Habib Bourguiba in Tunisia come presidente e non voleva più il Protettorato francese; già nel 1950 i francesi dovevano andare via e lasciare tutti l’isola, ma con un accordo riuscirono a rimanere; il nuovo presidente tunisino, però, finalmente nel 1956 riuscì ad ottenere l’indipendenza dalla Francia che dovette smantellare i suoi punti di guardia e lasciare la giurisdizione coloniale. Ciò diede la possibilità al nuovo presidente tunisino di mandare a La Galite i suoi gendarmi che iniziarono a sparare e rendere la vita complicata ai residenti del luogo.
I tunisini subito attaccarono la chiesa e, dopo averla oltraggiata segando la croce in legno e rompendo la campana, la tramutarono in un negozio. I ponzesi tolsero i quadri dei santi, le statue, il leggìo, il presepe… tutto il possibile e li custodirono in una casa.
Durante la deportazione fu proprio Achille a prendere ogni cosa e portarla a Sanary.
Il passaggio de La Galite da territorio francese a tunisino è stato per i ponzesi devastante; la perfetta armonia e democrazia che vi regnavano sono state messe in crisi proprio dai tunisini che erano stati costretti dal governo ad andare sull’isola per prenderne possesso, distruggendo allo stesso tempo tutto quello che negli anni era stato costruito. Perfino le sorgenti d’acqua di cui era piena l’isola sono riusciti a contaminare e distruggere. Ormai era chiaro che i Ponzesi sarebbero stati costretti ad andare via perché era impossibile vivere così.
Il 15 agosto del 1957 arrivò alla Galite proprio il governatore Bourguiba per controllare quel territorio. Subito il padre di Achille si propose come portavoce della comunità per cercare di capire cosa stava succedendo, ma mai si sarebbero aspettati di esser deportati. Bourguiba promise che i tunisini non avrebbero fatto loro del male, ma sapeva bene che i ponzesi non sarebbero mai diventati cittadini tunisini, quindi il patto fu: o diventate tunisini o andate via.
Ovviamente il dato era tratto e, come sottolinea Achille durante la nostra chiacchierata, ormai si erano messi tutti d’accordo, tunisini e francesi, e noi dovevamo andare via!
Achille aveva 15 anni quando fu costretto a lasciare La Galitè, lui e la sua famiglia erano tra i 150 che vennero trasferiti a Sanary, furono meno fortunati rispetto a chi venne destinato a Le Lavandou.
A Sanary non avevano nulla, vennero abbandonati al loro destino, ma da Ponzesi forti e conoscitori della natura e delle avversità. in pochi anni riuscirono a sistemarsi, costruendo nuove case e coltivando e disboscando il territorio.
A Le Lavandou, invece, lo Stato francese aveva fornito delle baracche dove poter alloggiare, ma per il resto dovevano adattarsi di nuovo ad una vita fatta di tante privazioni.
Achille arriva in Francia con i suoi genitori, un fratello ed una sorella; in tasca aveva 45 euro di adesso…
Gli chiedo: “Perché non siete scappati dalla Francia e siete venuti a Ponza? In fondo dopo la Galite era quella la casa vostra.” Mi risponde che non potevano perché loro per lo Stato italiano era clandestini. Essendo scappati sull’isola e poi avendo il protettorato francese, era come se per lo Stato italiano non esistessero più; d’altronde anche i francesi li vedevano come stranieri considerato da dov’erano arrivati e dove avevano vissuto.
Che triste destino hanno avuto! Chiedo ad Achille se lui è tornato altre volte a La Galite e mi risponde: “Ovviamente sì, come pescatore.”
A Sanary hanno dovuto ricostruire le loro vite, hanno dovuto reinventarsi… e cosi Achille ha ripreso a fare quello che sapeva fare bene, il pescatore. Ha comprato una barca grande insieme al padre e hanno ricominciato ad andare a pesca nelle acque che per loro erano casa, a La Galite, ovviamente in acque internazionali.
Non tutto erano riusciti a portare via da La Galite, ma quando sono tornati gli arabi avevano distrutto tutto, non c’era più nulla ed era nuovamente disabitata, solo il piccolo cimitero, oggi, è ancora lì a testimonianza della colonia ponzese.
Achille, fiero delle sue origini e del suo passato mi dice: “A Sanary fino a qualche anno fa c’erano quindici barche da pesca, undici erano di pescatori ponzesi de La Galite, solo quattro erano francesi… pure in Francia a pesca dettavamo legge noi!”
Nei suoi occhi leggo l’orgoglio delle sue origini, le rughe sul viso sicuramente raccontano la fatica che fin da bambino ha dovuto affrontare, il sorriso non l’ha mai abbandonato anche se sul suo volto ho visto il dolore quando mi ha raccontato del trasferimento in Francia.
È stato un vero piacere averti conosciuto e ascoltato, Achille, sei un esemplare carattere ponzese!
Al prossimo anno sull’isola!!
La Galite, incontro con Achille Vitiello – Fine
Integrazione a cura della Redazione di seguito al commento di Francesco De Luca
Sul sito molto si è scritto sull’isola de La Galite. Per leggerne basta inserire in “cerca nel sito” La Galite e si spalancherà l’accesso ad oltre 30 articoli con tante foto e tante notizie interessanti. Tra queste anche la mostra che si è tenuta a Ponza
nel giugno del 2012 e la pubblicazione (in 12 puntate), curata da Biagio Vitiello, del libro “L’ile de la Galite” scritto proprio da Achille Vitiello
Francesco De Luca
28 Dicembre 2024 at 14:05
Interessante…! Sono rimasto affascinato dagli articoli di Martina Carannante su La Galite e sugli abitanti ponzesi.
Achille Vitiello… è un testimone che andrebbe valorizzato!
Ricordo che negli anni ’70 ( mi pare ) l’allora onorevole Silverio Corvisieri andò a La Galite e ritornò con una marea di foto. Alcune delle quali fecero da nocciolo visivo ad una Mostra, organizzata dalla Pro-Loco. Quella mostra fu la prima scintilla che portò l’attenzione dei Ponzesi su quello scoglio oggi africano e che ieri vedeva il 2° giugno sfilare una processione in onore di san Silverio ( senza prete e con una donna a fare le funzioni sacre ).
Insomma… brava Martina.
Ma, occorrerebbe un approfondimento maggiore.
Da parte mia andrò a leggere quello che scrisse Silverio Corvisieri, e quello di cui si parlò in concomitanza con la Mostra ( qualcosa ricordo che fu scritto ).
E poi… c’è Biagio Vitiello che coi suoi contatti può illuminarci, così come Enzo Di Giovanni che, mi pare, da assessore alla cultura organizzò qualcosa, e poi c’è da ultimo Varenne… che ha scritto al Sito e che, forse, può rinfoltire le conoscenze.
Insomma penso che il ‘settore Cultura’ potrebbe avvantaggiarsi da ulteriori scambi con i ponzesi di Lavandou e di Sanary.
la Redazione
28 Dicembre 2024 at 16:53
Stimolati dal commento di Franco riportiamo, a beneficio dei lettori, in calce all’articolo, una nota con cui ricordiamo come reperire i tanti articoli che il sito ha dedicato, fin dalla sua nascita, all’appassionante storia dei ponzesi de La Galite.