di Francesco De Luca
Dopo la lettura del pezzo sulla fonte a murena mi ha telefonato l’amico ( mio e vostro ) zì ‘Ntunino per ragguagliarmi su un’altra pesca ‘comoda’ , l’ha definita lui, ovvero i camage.
Nel riconoscerlo al telefono in verità ho sobbalzato: chi sa quali sfondoni ho scritto – ho pensato. Niente di questo. Mi ha illuminato invece sulla pesca a camage. Pesca comoda, dice ‘Ntunino, perché si effettuava con comodità. Si sceglievano posti appartati lungo le coste: gli Scottesi giù al Bagno Vecchio, quelli di Santa Maria alla Marinella ‘dei morti’, quelli del Fieno – ha suggerito Biagio Vitiello stamattina – giù al Fieno, e quelli del Porto fra i massi della scogliera frangiflutti.
All’amo si agganciava la testa ‘i nu rutunno ( zerro ), o mezza sardina, o ‘u cierno ‘i nu purpo ( il tentacolo di un polpo ). L’amo era legato ad un filo robusto. Era marrone, il più forte che c’era e si chiamava… mi viene in aiuto Giovanni Matrone… ‘u felacciuolo. L’estremità si fermava in modo che non potesse essere portato via dal pesce catturato. Quale pesce? Di solito murena. Ancora? E già perché anche questa era una pesca invernale, quando il mare proibisce l’uscita in barca. E dunque… si ritorna alle giornate natalizie e alla onnipresente scapece. Che poi… la scapece era un modo per il popolo di conservare il pesce fritto, privi come si era del frigorifero. Con in più la saggezza sapida dei padri a rendere gustoso ogni cibo ( il succo con aceto e vino cotto e uva passa e pinoli ).
Pesca comoda… e certo! Si gettavano in mare la sera e si tiravano il mattino seguente. Spesso l’amo si impigliava negli scogli o veniva spolpato o veniva strappato via. Cristoforo Tagliamonte mi conferma tutto questo e mi confessa che anche lui, da piccolo, la praticava. Un passatempo e anche un modo per trarre dal mare – bene comune – un utile gratuito.
Una pesca come un gioco, in cui si cimentavano anche i ragazzi. Ma, c’è da aggiungere che allora si pescava ovunque, anche nel porto, e non c’era divieto perché non c’era inquinamento, e l’impatto con la vita era meno forzato da regole e più libero di seguire l’istinto.
Oddio… ecco che si è vicini allo scivolamento sociologico della critica sociale, del confronto storico e così via.
No, no… mi fermo qui. Chi lo sente se no a ‘Ntunino: aggio ittato nu camage e aggio ‘ncucciato lu libro! ( ho gettato un amo e ho preso un libro! )
Un amo è soltanto un amo… cosa vi si può agganciare? Di tutto! Perché tutto è la realtà di cui dobbiamo prendere conoscenza. Se non lo facciamo… altri si prendono la briga di farlo… a nostra insaputa… contro il nostro interesse… per il loro unico, sfacciato tornaconto.
Quanta gente ho scomodato… avete visto? Perché? Allora – direbbe Mimma – anzitutto perché la memoria umana è e rimane ‘collettiva’. Non solo ma ‘deve’ rimanere tale. Affinché non si frantumi e i pezzi si disperdano. Una ‘gente’ è tale se ha ricordi comuni. E comuni traguardi.
Ma questo è un altro discorso !
Luigi Maria Dies
20 Dicembre 2024 at 21:28
Immagini acquerellate di tempi e di modi (e anche mondi) ovattati nel ricordo.
Adesso urge ii racconto della pesca allo sconciglio (Murice comune o spinoso e non solo).
Sollecitiamo un esperto sconcigliaro. Chi si cimenta in questa rivisitazione?
Vediamo se verranno ricordate le diverse modalità di pesca.
E poi si potrà anche raccontare della pesca (a purp cu’i stagnariell) e non solo.
E chissà forse qualcuno ne avrà già parlato. Pesca alle seppie – a ghi sicciann c’a seccia femmina)-. Per finire, a dare credito al vecchio e sarcastico “Bommese” ci sono le ragazze di Frontone esperte nella pesca del fellone, che ci racconteranno, e…. “e qualcheduna che è la più bella andava facendo rufoli e patelle”
Buone festività natalizie a Ponza racconta con tutti i componenti della redazione accomunati in un abbraccio. E auguri a tutti i lettori degli articoli pubblicati da questo ormai insostituibile sito.
Buon Natale e buon anno.
Enzo Di Fazio
21 Dicembre 2024 at 07:37
La pesca a murene con i camagi, così come è stata riportata negli scritti e nei commenti di questi giorni, la facevamo anche a Zannone. quando il faro era ancora presidiato dai fanalisti, e la facevamo in tutte le stagioni quando il bel tempo lo consentiva. E non prendevamo solo murene ma anche gronchi (ruonche), Luogo prediletto era la zona dello scaro dove era custodita la barca messa a disposizione dei faristi dal Comando Zona Fari di Napoli, zona comodamente raggiungibile da una scalinata che si inerpicava lungo il costone di roccia, posto a mezzogiorno. In quella parte dell’isola, e andando avanti verso destra fino alla spiaggia della Cercola, gli scogli si prestavano bene a questo tipo di pesca perché agevolmente “percorribili”.
Luigi Dies ricorda alcuni tipi di pesca e di cattura che oggi probabilmente sono andati in disuso, come quella ai rufoli che pure facevamo di frequente a Zannone nelle serate calme d’estate e che mi riservo di raccontare prossimamente.
Luigi cita anche la pesca a fellune. Qui, a beneficio degli appassionati e dei curiosi, ripropongo la lettura di “Fari e ricordi (3). Quando a Zannone pescavamo a fellune”, articolo che scrissi agli inizi della mia collaborazione con il sito.