Religioni

Le religioni secondo Bixio

riceviamo in Redazione da Bixio e pubblichiamo

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L’intervento della redazione sullo scritto di Bixio, è consistito solo nell’aggiungere il testo e la versione cantata del brano di Fabrizio De André citato.

Le religioni
di Bixio

La stupidità umana è inguaribile, e la cosiddetta ‘fede’ non è altro che il polo opposto alla ragione, al discernimento dell’essere umano.
Si fa fatica a credere che l’individuo possa essere cosi credulo ai dettami di un sistema di potere, monopolio di esaltati e religiosi, di qualsiasi credo. Per i cristiani è una storia iniziata duemila anni fa e da quel tempo ne sono accadute di cose – anche tremende orribili, insieme ad altre di segno opposto (basti pensare alla Storia dell’Arte -, in nome di quella fede! Anche quell’uomo sulla croce era convinto di essere figlio di un essere soprannaturale che lo avrebbe salvato.
I principi di comportamento erano e sono giusti, hanno segnato le nostre coscienze ma… è finita li! La fede non è altro che una fuga vigliacca dalla triste realtà che ci circonda, il voler fare come lo struzzo e mettere la testa sotto la sabbia!
Se tutti ci comportassimo secondo coscienza senza aspettarci, premi, paradisi, santificazioni… etc, sarebbe meglio per tutti, e ciò dovrebbe valere per tutte le convinzioni religiose.

Di tutte la cosa più stupida e inutile è pregare cercando una ‘raccomandazione’ nelle  “sedi superiori” per un proprio tornaconto seguendo delle modalità terra-terra, come se stessimo a girare per i vari uffici in attesa che qualcuno ci risolva ” la pratica”!
Quei milioni di esseri umani, uomini, donne, bambini  affamati, perseguitati e uccisi per cui nessuno prega, non avendo ‘raccomandazioni’, possono benissimo andare all’inferno!
È palese che i gesti come pregare, inserire bigliettini nel Muro del Pianto, inginocchiarsi ripetutamente verso oriente, non sono altro che comportamenti clientelari terrestri, servilismo per ingraziarsi qualche essere superiore…  Del genere: – Vero o no… io ci provo!

Comprendo che argomenti del genere, così sensibili e radicati nella coscienza di ognuno, siano difficili da trattare. Sono temi urticanti che possono scardinare, mettere in crisi coscienze comodamente assopite nelle loro convinzioni, specie di quelli che ‘usano’ quotidianamente  la fede come una pratica d’ufficio, però si guardano bene dall’applicare i dettami di buoni comportamenti verso gli altri.
Ricordo sempre che era più buon cristiano  – sembra un paradosso – il poeta De Andre’ che in tutte le sue opere, ma in particolare ne La Buona Novella, è alla continua ricerca di Dio attraverso dubbi, tormenti e interrogativi, tanto da concludere mestamente ne “Il testamento di Tito”: “Davvero lo cercai invano”.
Queste mie considerazioni valgono per tutti i credi religiosi; se scrivo più diffusamente di / contro quella cristiana è solo perché la conosco meglio.
Mi rendo anche conto che i temi che propongo  destano forte imbarazzo per la pubblicazione né posso pretendere che Ponzaracconta diventi un sito rivoluzionario. Certo non si possono rischiare denunce o o essere rincorsi da nugoli di avvocati; per il quieto vivere è bene trattare “con moderazione” problematiche attuali che affliggono l’isola e non farsi coinvolgere da tormenti e interrogativi personali così lontani dagli argomenti che tratta di solito Ponza racconta. Ma questa tirata contro le religioni ce l’avevo ‘in canna’ da un bel po’.

Da YouTube – Fabrizio De André, Il testamento di Tito. Live dal Teatro Brancaccio 1998. Music video. (C) 2004 Nuvole Production Srl. Video tratto dallo storico Concerto del 13 e 14 febbraio ’98 al Brancaccio di Roma.
De André morirà circa un anno dopo, nel gennaio 1999; Il disco fu pubblicato postumo, nel marzo ’99, col titolo De André in concerto, anche noto come Fabrizio De André in concerto (da non confondersi con l’omonimo titolo del 1979 realizzato in collaborazione con la Premiata Forneria Marconi – PFM).

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YouTube player

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Il testamento di Tito

“Non avrai altro Dio all’infuori di me,
spesso mi ha fatto pensare:
genti diverse venute dall’est
dicevan che in fondo era uguale.

Credevano a un altro diverso da te
e non mi hanno fatto del male.
Credevano a un altro diverso da te
e non mi hanno fatto del male.

Non nominare il nome di Dio,
non nominarlo invano.
Con un coltello piantato nel fianco
gridai la mia pena e il suo nome:

ma forse era stanco, forse troppo occupato,
e non ascoltò il mio dolore.
Ma forse era stanco, forse troppo lontano,
davvero lo nominai invano.

Onora il padre, onora la madre
e onora anche il loro bastone,
bacia la mano che ruppe il tuo naso
perché le chiedevi un boccone:

quando a mio padre si fermò il cuore
non ho provato dolore.
Quando a mio padre si fermò il cuore
non ho provato dolore.

Ricorda di santificare le feste.
Facile per noi ladroni
entrare nei templi che rigurgitan salmi
di schiavi e dei loro padroni

senza finire legati agli altari
sgozzati come animali.
Senza finire legati agli altari
sgozzati come animali.

Il quinto dice non devi rubare
e forse io l’ho rispettato
vuotando, in silenzio, le tasche già gonfie
di quelli che avevan rubato:

ma io, senza legge, rubai in nome mio,
quegli altri nel nome di Dio.
Ma io, senza legge, rubai in nome mio,
quegli altri nel nome di Dio.

Non commettere atti che non siano puri
cioè non disperdere il seme.
Feconda una donna ogni volta che l’ami
così sarai uomo di fede:

Poi la voglia svanisce e il figlio rimane
e tanti ne uccide la fame.
Io, forse, ho confuso il piacere e l’amore:
ma non ho creato dolore.

Il settimo dice non ammazzare
se del cielo vuoi essere degno.
Guardatela oggi, questa legge di Dio,
tre volte inchiodata nel legno:

guardate la fine di quel nazzareno
e un ladro non muore di meno.
Guardate la fine di quel nazzareno
e un ladro non muore di meno.

Non dire falsa testimonianza
e aiutali a uccidere un uomo.
Lo sanno a memoria il diritto divino,
e scordano sempre il perdono:

ho spergiurato su Dio e sul mio onore
e no, non ne provo dolore.
Ho spergiurato su Dio e sul mio onore
e no, non ne provo dolore.

Non desiderare la roba degli altri
non desiderarne la sposa.
Ditelo a quelli, chiedetelo ai pochi
che hanno una donna e qualcosa:

nei letti degli altri già caldi d’amore
non ho provato dolore.
L’invidia di ieri non è già finita:
stasera vi invidio la vita.

Ma adesso che viene la sera ed il buio
mi toglie il dolore dagli occhi
e scivola il sole al di là delle dune
a violentare altre notti:

io nel vedere quest’uomo che muore,
madre, io provo dolore.
Nella pietà che non cede al rancore,
madre, ho imparato l’amore”.

Autori: FabrizioDe André, Corrado Castellari – Lyrics © Universal Music Publishing Group – Lyrics powered by LyricFind

La buona novella è il quarto album in studio del cantautore italiano Fabrizio De André, pubblicato nel 1970. Il Testamento di Tito è la quarta traccia del lato B dell’album

Il LP è un concept album (caratteristica comune ad altri lavori discografici di De André) tratto dalla lettura di alcuni Vangeli apocrifi (in particolare, come riportato nelle note di copertina, il Protovangelo di Giacomo ed il Vangelo arabo dell’infanzia), pubblicato nell’autunno del 1970 (le matrici riportano la data del 19 novembre).
«Avevo urgenza di salvare il cristianesimo dal cattolicesimo” – dichiarò a suo tempo De André – “I vangeli apocrifi sono una lettura bellissima con molti punti di contatto con l’ideologia anarchica”.

La Buona Novella (altri brani dell’album) è già sul sito (pubblicata da Sandro Vitiello nel dic. 2020): Leggi e ascolta qui (complete review); E anche in altri articoli proposti da Sandro Russo leggi qui e qui

1 Comment

1 Comments

  1. Enzo Di Fazio

    13 Dicembre 2024 at 12:53

    Premetto che il mio intervento trova la sua ragione nell’articolo 19 della Costituzione che riconosce espressamente a tutti la libertà di professione, culto e propaganda religiosa, dovendosi quest’ultima intendere quale forma di manifestazione del pensiero tutelata dall’articolo 21 della Costituzione, laddove al primo comma afferma che tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
    In altri termini il principio che si afferma è che la libertà religiosa fa parte della libertà di coscienza da intendersi quale libertà di scegliere il proprio credo, scegliere di modificarlo o di non averne alcuno.
    Rispetto quindi il pensiero di Bixio e la sua manifestazione.
    Ciò che trovo stridente e quindi, per certi versi, inadeguato all’argomento, è l’utilizzo di alcuni termini. In particolare del termine stupidità associato alla fede.
    Posso dargli ragione se il riferimento è a coloro che lo fanno senza sapere perché, a coloro che credono e pregano cercando, come dice lui, una raccomandazione.
    In questa categoria potrei metterci, per esempio, la bella signora, tutta griffata, che, uscendo dalla chiesa dopo la messa, non si accorge della mano tesa del povero che, sulla scalinata, le chiede la carità e prosegue indifferente verso il bar più vicino per prendersi il caffè con le amiche.
    Quella signora sarà forse una cattolica praticante ma non ha una briciola di cristianità oltre che di umanità.
    Diversa è la considerazione che va fatta, a mio avviso, nei confronti di tutti coloro che credono e pregano perché nella fede trovano un rifugio per alleviare le proprie sofferenze, le proprie paure o ringraziare qualcuno per un pericolo scampato. Primi fra tutti gli ammalati ai quali non può essere negata la speranza di credere nei miracoli.
    Questa gente non può essere considerata stupida.

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