proposto dalla Redazione da la Repubblica on line del 6 dic. 2024
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Dopo l’anticipazione su queste pagine, dello scorso 3 dicembre (leggi qui), la presentazione dell’autore intervistato da Raffaella De Santis
La collana
In edicola con Repubblica il primo volume della collana dedicata a Paolo Rumiz, Verranno di notte. La serie andrà avanti fino al 7 marzo del prossimo anno e comprende quattordici libri firmati dal giornalista e scrittore triestino. I volumi saranno in edicola a 8,90 euro più il prezzo del quotidiano e sul nostro sito repubblicabookshop.it.
Paolo Rumiz: “La mia Europa è una favola contro l’ipocrisia”
di Raffaella De Santis
In edicola con Repubblica la nuova collana con i libri dello scrittore e giornalista-viaggiatore d’eccezione che per anni ha raccolto storie e appunti sul nostro continente
La scommessa è provare a raccontare l’Europa come una favola, qualcosa che scalda il cuore. Paolo Rumiz, classe 1947, da scrittore e giornalista-viaggiatore d’eccezione per anni ha raccolto storie e appunti sul nostro continente. Da oggi Repubblica porta in edicola, al prezzo del quotidiano più 8,90 euro, e sul sito repubblicabookshop.it, una collana speciale: 14 volumi, fino al 7 marzo, in cui Rumiz esplora la geografia e l’umanità europea cercando di cogliere che cosa rimane del mito di un’Europa accogliente e plurale. Si comincia con Verranno di notte. Sottotitolo: Lo spettro della barbarie in Europa. E domenica 8 dicembre l’autore sarà ospite nell’Arena Repubblica Robinsondurante la fiera Più libri più liberi in corso a Roma, per raccontare “Perché Europa è donna”.
Nel libro suggerisci di riscoprire le radici mitologiche del nostro continente, in che senso?
«La politica europea dovrebbe ritrovare il suo mito fondativo, quello di Europa, la principessa fenicia rapita da Zeus nelle sembianze di un toro e portata a Creta. Quella donna, la prima delle migranti, è la nostra dea madre, che provvede a noi e ci tiene lontani dalla guerra. Tutte le volte che abbiamo seguito questa vocazione siamo stati grandi, quando abbiamo seguito Marte, il dio della guerra, ci siamo autodistrutti».
Credi che l’errore sia a monte, nel modo in cui ci narriamo?
«Da qualche anno ho cominciato a rendermi conto che mancava un racconto dell’Europa, una fiaba. Una cosa da narrare anche ai bambini: chi siamo, da dove veniamo, perché è importante stare assieme».
L’aria che tira non è incoraggiante, guerre e nazionalismi risorgenti.
«Assistiamo a un progressivo indurimento delle nostre coscienze, un’abitudine al peggio, la demonizzazione dell’altro, che in questo momento è il migrante. Tra poco inizieremo a demonizzarci tra di noi provocando una balcanizzazione dell’Europa. Verranno di notte non è solo un libro contro i fascismi, è anche un libro contro il perbenismo ipocrita delle anime belle del pensiero liberale che non hanno saputo costruire una narrativa antagonista a quella che sta impazzando oggi».
Sta vincendo l’idea di un declino dell’Europa e dell’Occidente, ti convince?
«Ma no, è una facile estetizzazione. Anche a sinistra purtroppo c’è chi si crogiola nel pensiero della decadenza, della inevitabilità della sconfitta e del trionfo di queste forze globali malvagie, ma non lavora per narrare l’Europa in modo diverso. Da quanto tempo non sentiamo più un politico commuoversi parlando d’Europa?».
Affidarsi alle emozioni non rischia di riprodurre lo schema populista?
«Se all’offensiva emozionale di pancia della destra non siamo in grado di rispondere che con una sterile razionalità, la partita è già persa. L’unico modo di replicare alle ragioni dello stomaco sono le ragioni del cuore, e queste al momento sono molto poco avvertite. Le ultime generazioni di funzionari e politici europei non assomigliano agli uomini del passato carichi di spirito europeo, pronti a fare gli interessi di tutti. Nella gestione von der Leyen ciascuno pensa a fare gli interessi esclusivi del proprio Paese».
Abbiamo perso la capacità di vedere l’altro?
«La Grecia ha avuto Euripide, capace di raccontare la guerra dalla parte dei perdenti, mettendosi nelle scarpe dei persiani. Oggi ci siamo lasciati risucchiare in un manicheismo puritano che non ha niente a che fare con una visione della complessità che ha radici nel Mediterraneo: un mare che ha prodotto la democrazia, la filosofia, il diritto, la tragedia, le conquiste fondamentali dell’umanità».
Qual è lo stato di salute degli ideali democratici europei?
«Non sono disfattista, l’inevitabilità della sconfitta è un alibi per non fare niente. È proprio in momenti come questo, che i narratori, i poeti, gli scrittori devono mettere a disposizione delle democrazie un arsenale di parole capaci di difenderle. Voglio poter dire ai miei nipoti che non sono stato zitto».
[Intervista di Raffaella De Santis a Paolo Rumiz, da la Repubblica del 6 dicembre 2024]