di Francesco De Luca
“Prufesso’… nun me nummena’…”
“Perché? – rispondo. Va bene… ti chiamerò soltanto Luigi”.
In verità si chiama Luigi Cristo. Sta accostato con la barca al molo, in attesa. Mi sono avvicinato e ho fatto domande sulla barca. Di resina, con il prendisole in mogano. Otto persone le porta agiatamente. Dodici con sofferenza. Deve tirarla a terra. E’ in attesa del camion di Porzio che la sollevi e andrà a depositarla in un appezzamento di terreno, dove questo inverno sarà sottoposta a revisione.
“La prima cosa è il motore – mi dice -: Silverio ‘i Maurino già sa quello che deve fare. Vorrei poi allungare i sedili laterali se no… si mettono tutti davanti e…”.
Luigi tentenna, ci tiene in attesa. A me e agli ormeggiatori lì presenti.
L’estate scorsa stava portando a Palmarola otto ragazze per una festa d’addio al celibato. Si parte. Alcune si sdraiano sul prendisole e tre gli si piazzano davanti. Lui è al timone a poppa, in mezzo c’è il vano motore e, sotto il sedile dove sono sedute le ragazze in bikini, c’è il quadro-spia, che avverte sull’andamento del motore.
Ed è questo che ingarbuglia la cosa. Perché la cinghia di trasmissione si rompe, e di conseguenza si accende la spia nel quadro-spia. Ma questo è fuori dall’attenzione di Luigi perché le gambe delle signorine ne impediscono la vista. O meglio, impediscono a lui di interessarsi ad altro. Stanno là, esposte al venticello e al sole. Luigi non si avvede di nulla finché dal motore non inizia ad uscire del fumo. Allora ferma tutto. Si sta fuori La Guardia. Le ragazze si agitano ma Luigi ha già provveduto. Passerà un amico, le prenderà e le porterà a Palmarola.
Lo prendiamo in giro. Le gambe… sono state un’attrattiva irrinunciabile.
Lo sfottò continua e Luigi sente l’obbligo di far risalire la stima. Ha settantuno anni, è in pensione, ha sempre lavorato sul mare come pescatore. Non è uno sprovveduto. Infatti, proprio il giorno in cui accadde l’affondamento di quel motoscafo di lusso nel golfo di Palermo, a Ponza il meteo subì una sgradevole variazione.
Lui stava venendo con una coppia a bordo da Le Forna quando a Lesigavie gli si parò davanti una barriera di pioggia, squassata da una tromba marina. Acqua e grandine dal cielo, vento tutt’intorno e mare che seguiva le intemperanze degli elementi.
Luigi mise la prua per il porto ma il turbinìo della tromba d’aria lo sbalzava a casaccio, mentre la grandine pareva aver alzato un muro invalicabile da tutto il resto.
Col motore a mezza forza cercò di uscire dalla circonferenza influenzata dal vortice.
Riuscì nell’intento e rientrò in porto.
La coppia dei romani lo salutò senza entusiasmo. Aveva partecipato ad un evento quanto meno spettacolare. Di quelli di cui si parlerà nella vita.
L’indomani gli telefonò chiedendogli se era possibile andare a Zannone.
Luigi confessa questo per rinsaldarsi nella convinzione di essere un ottimo marinaio. Di quelli che non lesinano i propri disagi purché a vantaggio degli ospiti.