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Essendo nato nel 1957 e figlio di un appassionato frequentatore delle sale cinematografiche dell’epoca – uno dei miei primi ricordi definiti è una passeggiata sulle spalle di mio padre per andare a vedere “L’assedio delle sette frecce” al cinema Ariel, a Monteverde, direi 1959 o 1960 – ho imparato presto a identificare i manifesti cinematografici che, a quel tempo, spiccavano con nitidezza per le strade, in mancanza di tutto ciò che le riempie oggi.
Così, vent’anni più tardi e vivendo da quelle parti, è stato naturale frequentare assiduamente le librerie della rue de Seine, a Parigi, che già a fine anni ’70 raccoglievano collezioni di manifesti cinematografici, da ovunque trovassero degli stock in vendita: quindi non solo francesi, ma anche americani, soprattutto, ed europei.
Il primo divertimento fu confrontare i titoli e la difficoltà di renderli efficaci nelle diverse lingue, ma poi un manifesto, in particolare, spiccò tra gli altri: era quello di “Gilda”, di Charles Vidor, del 1946, con Glenn Ford agli inizi e Rita Hayworth in tutto il suo splendore.
Il manifesto americano e quello francese mostravano la protagonista assoluta del film, in vari primi piani e atteggiamenti che richiamavano la scena del “put the blame on Mame…”: quindi, sensualità prorompente e bellezza aggressiva, per quegli anni.
E poi c’era il manifesto italiano: qui Gilda è in ginocchio, davanti a Glenn Ford in piedi, che la guarda accondiscendente, mentre un fascio di luce obliquo, dall’alto e da dietro il protagonista maschile, investe la scena.
È probabile che le stesse case cinematografiche, e i loro distributori, dovessero fare i conti con le migliaia di parroci e benpensanti, che nell’Italia del dopoguerra imperversavano impuniti: e, certo, Roma non era né Parigi, né New York.
Certo che proprio quel manifesto, nel dibattito odierno sul paternalismo e la violenza sulle donne, ci dà la misura da dove siamo partiti, che paese fosse l’Italia settant’anni fa.
E forse ci dice che non ci siamo spostati di molto: se, per fortuna, molte meno donne, oggi, si riconoscono in Gilda, ancora molti uomini si illudono di poter essere come Johnny, nel manifesto.
L’assedio delle sette frecce (1953). Partendo dalle considerazioni espresse da Guido e citando il film dei suoi ricordi d’infanzia, è evidente in due manifesti dello stesso film come il messaggio veicolato può essere completamente stravolto dall’immagine rappresentata – ndr
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