di Sandro Russo
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Due ore di immersione completa, senza perdere una battuta né una scena, per un film in cui mi sono riconosciuto totalmente. Certo, non ero sprovveduto; grazie all’amicizia che Lorenza spartisce col regista, maturata in anni di sodalizio, da un festival all’altro, credo di aver visto tutti i suoi film; avevo anche trasferito sul sito l’intervista di Lorenza a Tilda Swinton da Venezia – leggi qui. Amo Julianne Moore, l’altro personaggio del film (Ingrid), insieme a Tilda Swinton (Martha), e spesso cito suoi film (solo negli ultimi tempi Still Alice e Cecità, e anche, prima, Le ore). Ma non pensavo di trovarmi così in empatia con Almodòvar, che nei film giovanili dipingeva, seppur con indubbia genialità, un mondo molto diverso dal mio. Ho sentito familiari tutte le posizioni del film, sulla vita e sulla morte. Ho apprezzato la dolcezza delle immagini, la sua delicatezza di tocco, la misura delle citazioni, perfino i colori saturi “alla Almodòvar” non mi sono più apparsi troppo estremi. Certo, una morte patinata, da magazine di lusso, in un ambiente perfetto, in un bosco e tra i fiori, in cui il dolore, lo sporco e la disperazione sono evocati, ma non sono realmente presenti.
Questo approccio intellettualistico ho fatto fatica a farlo combaciare con la mia esperienza della morte – la morte “brutta, sporca e cattiva” – , come l’ho conosciuta in una quindicina d’anni di lavoro in un Centro di Rianimazione. Ma questo non mi ha creato problemi, alla visione del film; ci ho pensato più tardi, però. E ho particolarmente apprezzato la doppia citazione – nel secondo tempo e nel finale – di un libro molto amato, quel “Gente di Dublino” (Dubliners, 1914, di Joyce – leggi qui – e del film di John Houston, 1987 (da The Dead, l’ultimo racconto della raccolta), il suo ultimo film, con quel finale che non si apprezza da giovani, ma da anziani si impara ad amare.
Piacerà forse a Tea, da cui per la prima volta ho sentito dire (e poi letto) che la morte è come trasferirsi nella stanza accanto. Non nell’accezione del film, ma le parole sono le stesse: The room next door.
Cade la neve… Su tutti i vivi… e sui morti
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Immagine di copertina. Una scena del film: dai vetri della stanza d’ospedale le due amiche guardano una neve rosa cadere su New York – “…uno dei pochi effetti positivi del cambiamento climatico”. Spesso le immagini non sono dirette, ma riflesse dai vetri, come in questo caso.
Lorenza Del Tosto
6 Dicembre 2024 at 10:44
Grazie Sandro,
bello, sembra leggendoti che tu abbia aderito nello stile al film che ti è piaciuto. Una simbiosi almorustica
Teresa Denurra
7 Dicembre 2024 at 05:55
Il film è bellissimo e duro. All’uscita c’erano degli amici che volevano parlare del film e di altro. Io non avevo nessuna intenzione di dire alcunché. Il film era, per me, perfetto. Niente da aggiungere. Io avrei fatto le stesse scelte della protagonista