.
Ho conosciuto Bruce Springsteen un’estate di 40 anni fa, in un paesino delle Marche. Avevo 17 anni e un amico che faceva il dj nella radio locale. La sera mi portava in studio con sé e nei fuori onda cercava di convertirmi al rock.
Io non amavo il rock, ascoltavo solo cantautori italiani, ma il mio amico era un maestro paziente. E così, dopo aver passato notti a raccontarmi dei Doors, Jim Morrison e Lou Reed, senza riscuotere troppo successo, direi, una sera mi fa sentire Bruce Springsteen: Born to run.
Una scossa elettrica. Un fuoco che mi attraversa dalla punta delle dita dei piedi all’estremità dei riccioli. La sua voce viene da qualcosa dentro di me che ruggisce e che non avevo mai ascoltato. In un attimo solo scopro l’eros, l’inconscio, il corpo, la lotta, il non arrendersi, le radici, la voglia di fuga, il bisogno di guardare sempre oltre e il senso di appartenere a un’onda umana inarrestabile. In quello stesso momento capisco che tutto questo non morirà mai.
Il mio amico invece è morto, a 19 anni, due anni dopo. Io ho continuato ad amare Bruce e a non appassionarmi al resto del rock.
Da quarant’anni vado ai suoi concerti, ovunque siano, la maggior parte delle volte da sola. Vado a riprendermi la voce che ruggisce dentro di me, la sua energia è la mia, il fuoco che lo attraversa è lo stesso che attraversa me e tutto lo stadio.
E insieme ad altre 50.000 persone, ballo da sola.
.
.
Sul sito Bruce Springsteen non manca.
Ne ha parlato in un incontro su gli immortali del rock, Alessandro Alfieri, al Teatro Manzoni. A suo tempo ne abbiamo fatto una Canzone della Domenica: c’è la sua presentazione su YouTube e un pezzo del Boss: Dancing in the dark:
“Una canzone per la domenica (292). Tutto su Bruce Springsteen“.
Ma ancor prima avevamo passato un pezzo di Springsteen, The river, una canzone del 1980: imperdibile.