proposto da Sandro Russo, dalla lettura di due articoli, rispettivamente di Ezio Mauro e Marco Belpoliti. In due puntate per ora; altre forse seguiranno. Le analisi sono in progress…
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In questi giorni di grandi eventi, il cataclisma di Valencia, le elezioni presidenziali americane abbiamo letto i giornali con maggior attenzione del solito, alla ricerca di chiavi di comprensione. Perché sono eventi troppo complessi per un singolo, specie se “pensatore in proprio”, aperto e non schierato.
Ho trovato illuminante il primo articolo di Ezio Mauro, su la Repubblica di domenica 3 novembre (quindi prima del risultato delle elezioni); anche rispetto al ruolo dell’informazione e dei giornali, nel nostro piccolo, in Ponzaracconta ci poniamo lo stesso tipo di problematiche.
Marco Belpoliti ha scritto invece a partire dal fatti di Valencia e della contestazione dei reali e del primo ministro Sànchez, a tragedia consumata: su la Repubblica di ieri, martedì 5 novembre, un articolo tra la sociopolitica e l’antropologia, spiegando come e perché la destra populista riesce a orientare l’astio e la rabbia delle persone, pur essendone sovente essa stessa la causa.
Ho trovati questi articoli preziosi per me, quindi li partecipo ai lettori del sito che considero senza presunzione una comunità.
Il commento
Il rancore e la politica
di Marco Belpoliti – Da la Repubblica del 5 novembre 2024
Il rancore è il carburante perfetto della macchina politica e la destra lo usa con abilità, soprattutto se è lei a comandare. Quello che è accaduto a Paiporta, cittadina spagnola devastata dal torrente Turia, appare come l’esempio eclatante di come questa benzina possa essere usata contro chi rappresenta il potere per eccellenza, il re di Spagna, senza per altro avere la responsabilità diretta dell’evento luttuoso. Di più: il sovrano e il primo ministro hanno funto involontariamente da scudo al presidente regionale Carlos Mazón, che con ogni probabilità doveva essere il primo e più diretto destinatario della rabbia popolare in quanto amministratore della regione. La destra estrema, negazionista della crisi climatica, ha rivendicato la manifestazione contro il potere, il lancio del fango, la bastonata e l’attacco all’automobile di Sánchez, per quanto essa stessa sia parte del potere.
È evidente che le manifestazioni spontanee e pacifiche della popolazione sono motivate da quello che è accaduto. Nel caso di eventi collettivi in cui una comunità locale si trova tragicamente coinvolta si scatena nel lutto e nella disperazione un profondo senso d’impotenza: non si trova un significato a quanto è avvenuto. La rabbia ha così via libera.
Il rancore è una delle forme attraverso cui si esprime il dolore e la sofferenza per qualcosa che si ritiene di aver subito. La parola latina, rancor, indica il lamento, il desiderio e la richiesta, e condivide la medesima radice di rancidus:“astioso” e “zoppo”. Le parole custodiscono significati profondi, come spiegano linguisti e psicologi, e danno forma alle espressioni umane. Non bisogna dimenticare che il rancore agisce in contesti in cui l’aspetto ansioso e quello depressivo mobilitano una reattività carica d’ira e rabbia.
Nel caso di Paiporta colpisce che questa rabbia non si sia diretta contro chi ha una diretta responsabilità gestionale del territorio, ma contro tutto e tutti. Non accade solo a Valencia, ma anche altrove: negli Stati Uniti di Trump, nell’Italia della destra al governo. Com’è possibile che la parte della popolazione che si trova in gravi difficoltà economiche, sociali e lavorative non orienti la propria risposta verso chi gestisce il potere, in quanto possiede la capacità di mutare il corso delle cose, di trovare rimedi al disagio collettivo?
Si tratta di uno di quei paradossi che l’antropologo e psicologo inglese Gregory Bateson ha chiamato double bind,“doppio legame”, che stringe in un raddoppiamento inclusivo il nodo d’un problema o d’una questione senza alcuna possibilità di scioglierlo. Nel rancore, scrive lo psicoanalista argentino Luis Kancyper, c’è come un demone prigioniero che continua il suo lavorio dentro gli individui alimentando rovelli senza fine.
La destra populista è abile sia nell’alimentare il rancore sia nel dirigerlo verso i propri avversari, allontanandolo da sé.
Guardando i comizi di Trump e ascoltando quello che dice, ci si domanda come sia possibile che i suoi sostenitori non s’accorgano come sia lui stesso ad alimentare il risentimento, accrescerlo e rovesciarlo contro gli avversari uscendone perfettamente illeso: una macchina infernale guidata da impulsi autodistruttivi irrazionali.
Non sembra che nessuna forma di ragionevolezza riesca ad avere ragione dello scatenamento dell’ira.
In una storia popolare raccontata dal filosofo sloveno Slavoj Zizek una strega propone a un contadino invidioso del proprio vicino di fare a lui quello che vuole, ma avvertendo che farà due volte la medesima cosa al vicino. Il contadino con fare furbesco risponde: “Prendimi un occhio”.
Forse è proprio su un meccanismo distruttivo di questo genere che fa leva la destra populista. Del resto, come spiegano gli psicologi, rancore e invidia hanno una stretta relazione. I padri della Chiesa, che conoscevano a fondo l’animo umano avendolo scandagliato in sé stessi, spiegano bene come funzionano questi atteggiamenti distruttivi e autodistruttivi.
In modo istintivo, quasi rabdomantico, alcuni degli attuali leader populisti sembrano possedere il potere d’orientare l’astio e la rabbia delle persone, pur essendone sovente loro stessi la causa. Solo se si riuscirà a rompere il doppio legame che unisce il rancore e il risentimento a queste figure di politici, sarà possibile cambiare lo stato delle cose presenti che continua a incombere pesantemente sulle nostre vite.
[L’alluvione di Valencia. Perché il peggio prevale.(2). Marco Belpoliti – Continua]