di Sandro Vitiello
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Ho visto ieri sera il film ‘Berlinguer – La grande ambizione’ e devo dire che è stato un tuffo nel mare profondo della mia gioventù.
Io all’epoca non ero iscritto al Partito Comunista Italiano.
Ero affianco, di lato, si faceva la stessa strada ma ogni tanto si inciampava uno sull’altro e a volte la dialettica veniva sostituita dai cazzotti, e non solo.
Questo film mi ha commosso perché io, che non ho mai smesso di farmi domande, certe cose le so, e se questo Paese oggi è in mano a certa gente è perché il sogno di Berlinguer, la sua grande ambizione è stata fermata non solo dalla dialettica democratica, dal voto ma da tante, troppe, forze oscure.
Berlinguer, prima di tanti altri, aveva capito che il nostro fragile Paese poteva andare a sbattere come era successo in Cile.
Perché i nemici non erano solo gli avversari politici interni.
Era l’Unione Sovietica e il cosiddetto blocco socialista, che cercò addirittura di ucciderlo per mano bulgara.
Erano gli Stati Uniti di Kissinger che avevano fatto del Sud America il loro “cortile di casa” e che non tolleravano che in Europa, nella Nato ci potessero essere governi di ispirazione socialista.
E per loro lavoravano sul nostro territorio i terroristi, neri soprattutto, con le stragi.
C’erano anche i terroristi rossi, con i sequestri di persona, e le uccisioni di magistrati o di politici e industriali.
L’Italia è stata il terreno di scontro per tanta gente, con interessi diversi, ma tutti convergenti.
Il destino del nostro Paese non poteva, non doveva rimanere nelle mani degli italiani.
Perché in Italia c’era gente come Berlinguer che aveva una grande ambizione e c’era un uomo come Aldo Moro che credette nell’utopia di Berlinguer e portò il suo partito a discutere scenari politici impensabili fino a pochi anni prima.
Il “compromesso storico” pensato da Berlinguer tra le forze di sinistra e quelle del mondo cattolico poteva essere un importante strumento di coesione nazionale e di progresso economico.
Invece è stato fermato dalle Brigate Rosse di Morucci e Faranda in via Fani a Roma.
Con Aldo Moro sequestrato e successivamente ucciso (9 maggio 1978), Berlinguer perde il suo più affidabile interlocutore.
Berlinguer è sopravvissuto ancora qualche anno (muore nel giugno 1984), ma la sua “grande ambizione” era stata già archiviata.
Ringraziamo il regista Andrea Segre e un Elio Germano, bravissimo, per averci raccontato in maniera molto concreta la vicenda umana di un grande politico, di un grande uomo.
E’ un film assolutamente da vedere e mi ha fatto piacere che nella sala dove sono andato ci fosse tanta gente, soprattutto tanti giovani.
P.S. Un giorno da qualche archivio segreto usciranno fuori i documenti che, forse, chiameranno per nome e cognome i registi di quanto è stato fatto per cambiare il destino del nostro Paese.
(*) – Il titolo di questo articolo – Quando c’era Berlinguer – è lo stesso (con l’aggiunta dei tre puntini di sospensione) del film documentario del 2014 diretto da Walter Veltroni, dedicato alla figura dell’indimenticabile segretario.
Sandro Russo
5 Novembre 2024 at 08:22
Non è che scrivo sempre lo stesso commento, ma qui ci sta proprio bene: se non qui, quando?
A me – anche io mai iscritto al Partito; a nessun partito – la visione ha suscitato le stesse memorie e un sentimento di perdita e mi ha riportato alle immagini e parole che Walter Veltroni ha inserito nel suo docu-film Quando c’era Berlinguer (del 2014), a loro volta riprese dal film documentario di Anna Maria Tatò: Marcello Mastroianni – Mi ricordo, sì, io mi ricordo, omaggio all’attore, suo compagno negli ultimi vent’anni anni della vita.
È stato girato nel luglio del 1996 durante le riprese di Viaggio all’inizio del mondo di Manoel de Oliveira, ultimo film interpretato da Mastroianni che è morto nel dicembre del ’96.
Nel video – guarda nella parte finale dell’articolo -, l’attore appare provato, con le mani tremanti, ma sempre grande. E il vento che fa volare i giornali appallottolati per piazza San Giovanni dove si era volti in forma pubblica i funerali di Berlinguer mostra la stessa copertina de L’Unità con la scritta ADDIO, a tutta pagina, che i militanti mostrano (nel film di Segre) con le lacrime agli occhi.
Marcello Mastroianni parla dell’importanza della memoria (poco di un minuto) e nell’intenzione dei registi (Tatò e poi Veltroni che ha ripreso la sequenza) il vento che porta via i giornali è appunto la metafora dei ricordi che il tempo fa volare via.
Leggi e guarda qui:
https://www.ponzaracconta.it/2022/05/25/per-i-centanni-di-enrico-berlinguer/
Sandro Russo
6 Novembre 2024 at 19:42
Scambi nel Gruppo di “Cinema & Scrittura” (nello specifico, tra Lorenza Del Tosto e Tano Pirrone)
Lorenza – Ciao cari ieri sera ho visto il film su Berlinguer. Ero così triste alla fine che non riuscivo ad alzarmi dalla poltrona
Tano – ?
Lorenza – Mi sono chiesta: quand’è che ci hanno totalmente spento? Tante cose mi hanno avvilito. In primis, comunque, anche all’epoca eravamo con le pudenda nell’uscio. Stretti tra due parti. Non so, non riesco a dire la pena che mi è scesa nel cuore. Nulla di nuovo ovviamente, ma il film te lo racconta in un modo che ti toglie il fiato. Ma dove sono ora le persone per bene in ruoli politici?
Tano – Sparite come la nostra giovinezza di speranze perse dietro a lusinghe di sirene e a note traditrici di pifferai mendaci. Andrea Segre è bravo come Pietro Marcello, senza clamori, con eleganza e cura portano alla vetrina dove espongono i risultati delle loro ricerche, corrette e sempre molto umane, doverosamente trasfigurate dalla poesia vitale…
Lorenza – Esatto. Quel dialogo segreto tra Moro e Berlinguer mi ha tanto colpito. I loro sguardi, la loro pacatezza la loro flessibilità e visione delle cose e su tutto poi la scure del rapimento. Questa violenza cruda che in un istante mette fine alle cose belle.
Tano – La scelta degli attori (medium) è decisiva.
Lorenza – Ecco, appunto.
Tano – La conclusione della storia di Berlinguer fu che la sinistra europea, democratica e antitotalitaria fu estirpata da tre totalitarismi confluenti ed opposti al contempo: la chiesa, gli Usa e il blocco comunista, utilizzando persone e tattiche comuni nell’essenza. Ma fa male parlarne!