Canzoni

Una canzone per la domenica (318). Una stella e una canzone dedicate ad Alberto Manzi, nel centenario della nascita

di Guido Del Gizzo

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Cento anni fa, il 3 novembre 1924, nasceva Alberto Manzi, a Roma, nel rione Borgo, da una famiglia cattolica e antifascista.
Io l’ho conosciuto.
Prima, nel 1960, a tre anni e mezzo, come tanti in Italia, quando iniziarono le trasmissioni di “Non è mai troppo tardi”.
Mio padre, verso fine anno, comprò il televisore, per vedere “Il Cammino della Speranza”, di cui avevano annunciato la trasmissione.

Mia madre, alle prese con mia sorella nata da poco, si ricavava qualche momento di pausa, lasciandomi a guardare il programma, che iniziava in quei giorni: così, qualche mese dopo, un po’ in anticipo sui tempi, avevo imparato a leggere e scrivere, guardando ogni giorno quell’uomo che disegnava, con un gessetto nero, su dei grandi fogli bianchi.

Alberto Manzi non è stato solo un educatore e un pedagogo originale e motivato.

Riuscì a nascondersi dalle retate della RSI, dopo l’ 8 settembre 1943, e si arruolò volontario nel Battaglione Lagunari San Marco, annesso all’VIII Armata Britannica.
In un’intervista rilasciata nel 1997, poco prima di morire, raccontò che:
“Facendo la guerra, poi, ho scoperto che tante cose per cui si pensava valesse la pena vivere erano solo delle falsità. […] Soprattutto dopo l’esperienza della guerra, l’idea fissa che avevo era di aiutare i ragazzi. […] rinnovare un po’ la scuola, per cambiare certe cose che non mi piacevano”.
Dal 1946 al 1947 Manzi insegna nel Carcere minorile “Aristide Gabelli” di Roma dove condusse la prima esperienza come educatore.
Manzi deve insegnare a circa 90 ragazzi fra i 9 e i 17 anni (perché al 18° passavano al Regina Coeli) con alfabetizzazioni e storie differenti, in un’enorme ‘aula’ senza banchi, sedie, libri. Senza niente. L’ambiente è durissimo. Quattro insegnanti prima di lui avevano rinunciato…
La sua grande soddisfazione fu che “ di tutti quei ragazzi, quando sono usciti dal carcere, solo 2 su 94, così mi fu detto, sono rientrati in prigione”.

Alberto Manzi ha avuto interessi poliedrici, ha seguito i corsi all’Istituto Nautico per diventare capitano di lungo corso e lezioni di scienze naturali all’università.
Nel 1955, l’Università di Ginevra gli affida una ricerca scientifica su una specie di formica amazzonica e Alberto compie il suo primo viaggio in America Latina.
Ancora una volta la sua “idea fissa” prevale sul resto, e il naturalista lascia spazio al maestro. A contatto con i contadini analfabeti, sfruttati e privi di diritti, Manzi sente di poter dare il suo contributo alla libertà degli indios e dei campesinos e apre un nuovo campo d’azione.
Prima da solo e poi con gruppi di studenti universitari torna in questi Paesi, ogni estate per vent’anni, seguendo programmi di cooperazione internazionale.
Scrive romanzi: Grogh, storia di un castoro, dopo l’esperienza al carcere minorile; Orzowei, La luna sulle baracche, E venne il sabato, dopo le esperienze in America Latina.

Poi, nel 1960, inizia l’avventura di “Non è mai troppo tardi”: l’Italia, all’epoca, contava ancora almeno un 10% di analfabeti.
Tornò alla ribalta nel 1981, quando si rifiutò di redigere le appena introdotte “schede di valutazione” che la riforma della scuola aveva messo al posto della pagella.
Disse: «Non posso bollare un ragazzo con un giudizio, perché cambierebbe, è in movimento. Se il prossimo anno uno leggesse il giudizio che ho dato quest’anno, l’avremmo bollato per i prossimi anni».
La “disobbedienza” gli costò la sospensione dall’insegnamento e dallo stipendio. L’anno seguente il Ministero della Pubblica Istruzione fece pressione su di lui per convincerlo a scrivere le attese valutazioni: fece intendere di non avere cambiato opinione, ma si mostrò disponibile a redigere una valutazione riepilogativa, uguale per tutti tramite un timbro.
Il giudizio era: “Fa quel che può, quel che non può non fa”.
Il Ministero si mostrò contrario alla valutazione timbrata, al che Manzi ribatté: «Non c’è problema, posso scriverlo anche a penna».
Nel congedarsi dai suoi alunni di 5a elementare, nel ’76, scrisse loro una lettera:
“Spero che abbiate capito quello che ho sempre cercato di farvi comprendere: non rinunciate mai, e per nessun motivo, sotto qualsiasi pressione, ad essere voi stessi. Siate sempre padroni del vostro senso critico, e niente potrà farvi sottomettere.
Vi auguro che nessuno mai possa plagiarvi addomesticare’ come vorrebbe”.

Nel ’94 diventò Sindaco di Pitigliano.
L’ho incontrato nel 1997, in febbraio: ero andato a proporgli di partecipare ad un progetto di promozione della cultura popolare maremmana, in chiave di promozione del territorio.
Fu gentile e disponibile, ma non ci fu il tempo di realizzare l’iniziativa: stava già male e la Maremma è lentissima, nel portare avanti le idee.

Come già detto, Alberto Manzi non è stato solo un pedagogo originale e motivato: è stato un uomo che pensava che tutti avessero il dovere di realizzare i valori della nostra Costituzione.
Nell’educazione dei giovani, nell’inclusione sociale, nella solidarietà internazionale, nel recupero dei carcerati, nella diffusione della cultura…

Ad Alberto Manzi sono intitolate molte scuole in Italia e per celebrarne il Centenario, l’Osservatorio Astronomico di Bassano Bresciano ha registrato una stella con il nome AM-OAB_V3, dove AM sta per Alberto Manzi e OAB sta per Osservatorio Astronomico Bassano Bresciano.
Gli è stato dedicato anche un francobollo.

Ma oggi è meno noto dei partecipanti all’ultima trasmissione del Grande Fratello, o dell’Isola dei Famosi: ed è logico, visto che l’attuale sottosegretaria all’istruzione, Frassinetti, è una che commemora la marcia su Roma, citando Robert Brasillach, un intellettuale nazista francese, fucilato nel 1945 per aver predisposto che il suo settimanale pubblicasse, a scopo delatorio, indirizzi privati di ebrei e partigiani ricercati dalla Gestapo e dalla Milizia di Vichy.

Viene in mente una bellissima canzone d’amore romana, ‘Na Serenata a Ponte, che recita:
ma si c’avete er core/ che v’assomiija ar viso/ stella de paradiso…
Er core e il viso di Frassinetti portano a Brasillach.
Ad Alberto Manzi, anche in virtù dei suoi natali romani, e ai lettori di Ponzaracconta, dedichiamo la versione di Tosca, davvero emozionante.

Buona domenica

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Racconta Tosca:
“Serenata a ponte” è una canzone tramandata per via orale, raccolta e musicalmente rielaborata da Nicola Piovani su un testo che, da bambino, gli cantava sua zia Pina Piovani, attrice e cantante nella compagnia di Romolo Balzani.
Quasi dimenticata, grazie a questo “restauro”, ora è entrata a far parte di diritto nella tradizione popolare romana. Nicola me l’ha affidata in “Semo o nun semo”, un suo spettacolo di grande successo di canzoni romane, e io da allora la porto con me.
Questa serenata ha segnato una piccola svolta nella mia carriera e mi ha fatto riabbracciare la tradizione musicale della mia città. Ho deciso così di inserirla in questo nuovo progetto musicale, che ormai avrete capito si intitola “D’Altro Canto”.

Tosca con il maestro Piovani

Na vorta v′ho veduta solamente
Ma v’ho pensato sempre, ve lo giuro
E come un chiodo appiccicato ar muro
Così me state voi dentro la mente, dentro la mente

Ma si c′avete er core che v’assomija ar viso
Stella de’ paradiso
Nun me negate, nun me negate
Un friccico d′amore, ah sì, d′amore

Nun c’ho più pace da quer giorno in poi
Più dico de sciojemme e più me lego
Io pe′ voi soffro tanto, piagno e prego
Un bacio alla Madonna e cento a voi, e cento a voi

Ma si c’avete er core che v′assomija ar viso
Stella de’ paradiso
Nun me negate, nun me negate
Un friccico d′amore, ah sì, d’amore

Stella de’ paradiso
Nun me negate, nun me negate
Un friccico d′amore, ah sì, d′amore

Nota (a cura della Redazione)

Alberto Manzi non è stato dimenticato dal sito.
Ne ha scritto Tano Pirrone nel gennaio 2021 in: L’antidante

6 Comments

6 Comments

  1. Sandro Russo

    3 Novembre 2024 at 16:24

    Grazie Guido, per aver ricordato Alberto Manzi e per la proposta della canzone romanesca di Tosca/Piovani.
    Tosca l’ho vista in uno spettacolo dal vivo, al Teatro Vittoria, diversi anni fa, e ne serbo sempre l’impressione di un’artista maestosa.
    Non so quanti si sono accorti, nel ristretto pubblico che assiste all’esibizione, della presenza della ‘nostra’ Concita De Gregorio, che segue a fior di labbra le strofe della canzone…
    Pure Concita… è sempre presente dove succede qualcosa d’importante! Ma comme fa?!

  2. Gianni Sarro

    4 Novembre 2024 at 17:18

    La puntata odierna di “Passato e presente” di Mieli è dedicata a Manzi.

  3. Tano Pirrone

    4 Novembre 2024 at 17:20

    Manzi. Bravo in un contesto irripetibile!

  4. Fabio Lambertucci

    4 Novembre 2024 at 17:23

    Ho molto apprezzato il ricordo del maestro Alberto Manzi. La rivista “Il Mulino” pubblicò nel 2014 questo articolo che ora viene riproposto per l’anniversario.

    https://www.rivistailmulino.it/a/alberto-manzi?&utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=Strada+Maggiore+37+%7C+4+novembre+%5B9796%5D

    Saluti,
    Fabio Lambertucci

  5. Sara Ahimsa

    10 Novembre 2024 at 21:31

    Grazie Sandro e Guido Del Gizzo, meraviglia la voce di Tosca, e i tributi alla vita del maestro Manzi! ‍

  6. Annalisa Gaudenzi

    11 Novembre 2024 at 06:04

    Che bellissima canzone e stupenda Tosca e poi Alberto Manzi: la Rai che merita. Che mi fa dire: se anche un senso non c’è, c’è comunque una storia, antica, profonda, un echeggiare di servizio pubblico fino ai giorni nostri. Niente di attuale, peró attualissimo.

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