Ischia

Reportage dalla Casamicciola d’antan (3)

di Giuseppe Mazzella di Rurillo

 

per la prima parte (leggi qui)
per la seconda parte (leggi qui)

ll paese senza memorie (3). La lezione di Gegè Di Giacomo

Ci sono persone che non dimentichi mai. Oltre ai Maestri che hai avuto nella tua vita a scuola, all’università e soprattutto nelle relazioni umane,  ci sono persone, che hai conosciuto per breve tempo o per una sola volta e poi non le hai più incontrate in mezzo secolo, che ti lasciano il segno.
Come il primo amore a 15 anni con la ragazza romana sulla spiaggetta di Perrone che i genitori chiamavano “Ninni” e con la sola mano nella mano ti insegnò l’amore. Non l’hai mai dimenticata. Sono passati 60 anni da allora ma Ninni non l’ho mai dimenticata. Forse lei non saprà mai che esisto ancora.

Cosi Gegè Di Giacomo, uno dei più grandi batteristi del mondo. Il batterista di Renato Carosone uno dei grandi rinnovatori della canzone napoletana. Il simbolo della “ricostruzione” morale culturale e politica della Napoli degli anni 50 del secondo dopoguerra. Renato Carosone ed il suo complesso spopolavano negli anni 50 non solo in Italia ma nel mondo. Per oltre 10 anni Carosone e la sua band portava nei night club l’allegria e la voglia di ricostruire dopo la guerra inserendo l’Italia nel mondo occidentale, più che col trattato della Nato, con le canzoni napoletane immerse nella musica jazz facendo nascere un ritmo mai sentito prima.

Gegè Di Giacomo con Renato Carosone negli anni del loro sodalizio

Ho conosciuto Gegè nel 1970 o 71 cioè 54 o 53 anni fa. Ho parlato con lui per circa 10 o 15 minuti. Era seduto sul terrazzo esterno nel complesso Calise a Casamicciola. Era luglio o agosto. Tempo d’estate. Stavo iniziando la “carriera” di giornalista ma a 20 o 21 anni non lo sapevo. Gegè suonava per l’orchestra di 5 componenti di Riccardo Rauchi, il sassofonista, che manteneva in vita l’orchestra (allora 5 componenti erano una “Orchestra”) che era stata quella di Renato Carosone che a metà degli anni 60 si era ritirato dalle scene con una decisione netta: il mio tempo è finito.
L’orchestra continuava a fare il giro dei night club d’Italia con Riccardo Rauchi che sapeva il suo mestiere. Gegè rimase con lui. Sapeva usare la batteria. Era il suo mestiere anche se i compensi non erano più quelli di una volta. Il genere lanciato da Renato Carosone – “canta Napoli” – passò di moda. Carosone si ritirò ma gli orchestrali continuarono anche in tono minore perché erano musicisti che dalla musica traevano la sussistenza.
Gegè era con l’orchestra di Rauchi. Dovevano fare serate al Capricho de Calise. Il locale era piccolo e per pochi. Naturalmente l’ingaggio non era alto.
Gegè mi aspettava per una intervista seduto all’ingresso del bar. Era sereno. Naturalmente cominciai col ricordo felice dei tempi di Carosone. Ma Gegè mi interruppe subito:  “Siente… – mi disse – quel tempo é finito. Non tornerà più. Le mode cambiano, é successo per il passato e sarà così per l’avvenire“.

Fu una lezione di vita indimenticabile. Non ho visto più Gegè. Ma i gusti del pubblico sono ritornati indietro. Carosone visse una seconda giovinezza. Quasi un esempio di vita: nulla è definitivo. Le mode ritornano in altre modalità. Il mondo continua.

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Reportage dalla Casamicciola d’antan (3)- Fine

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