Racconti

La collina della Madonna

di Pasquale Scarpati

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Leggendo ciò che ha scritto cumpa’ Sandro sugli epitaffi  – leggi qui e qui – mi è venuto questo breve pezzo su una mia recente visita al Cimitero di Ponza, perché è vero che gli scritti sono come le ciliegie: uno tira l’altro.
Un saluto a tutti gli amici e lettori di Ponzaracconta, da Pasquale

L’ultima volta che ho messo piede sull’Isola (giugno 2024) sentivo il bisogno di andare a trovare coloro che mi hanno preceduto.
Non è che le altre volte non avevo questa mia necessità. Ma, ahimè, il tempo è stato sempre tiranno. Soprattutto quando sono venuto durante il marasma e l’afa estiva. Più avanza l’età, più non si può: “dire la Messa e servire il demonio” cioè fare più cose contemporaneamente. I tempi di riposo si allungano mentre il passo si accorcia. Quella lentezza che non si spiega se non con l’età che avanza. Pertanto, avendo spazio e tempo sono andato lì.
Senza confusione ho ripercorso la vecchia strada, anzi la scorciatoia che passa dietro la chiesa. Ho “rivisto” l’albero (il supestite) ed ’u maciéll’ (che negli anni successivi doveva diventare il night club Mariroc), i bimbi sul sagrato, le spose ed i confetti, la Torre e chi veniva da lì. Cercavo con gli occhi compagni che abitavano da quelle parti.

Prima di varcare il cancello, lungo la strada ci siamo soffermati più volte, un po’ per ammirare ciò che si vede da lassù ed un po’ per dire, a chi mi accompagnava, che nelle catene di terra che stanno prima e al di fuori del cimitero c’erano delle tombe. Sicuramente soldati morti durante lo sbarco di Anzio nel secondo conflitto mondiale. Mia madre mi raccontava che molti erano i cadaveri che, portati dalle correnti, si arenavano a Palmarola. Probabilmente essi veniva sepolti lì , poiché, a causa dei tempi, non era permesso seppellire, quelli che probabilmente erano non credenti, in terra consacrata.  Non so se i resti riposano ancora lì o sono stati traslati o si sono del tutto perduti. Chi lo sa!?

Abbiamo, poi, girovagato tra le tombe, ricordando.
Perché quando si va in questi posti non si può fare altro che ricordare. Nel ricordo si può, dico, trarre anche qualche insegnamento. Ma se lo si trae, bisogna però che ci si rifletta un po’ su e lo si partecipi. Altrimenti sembra quasi che tutto ciò che facciamo, diciamo o pensiamo resti confinato dentro di noi; o come si diceva prima “che ce la cantiamo e ce la suoniamo”. Che quelle riflessioni ci siano cadute addosso per opera dello… Spirito Santo come quando le fiammelle scesero sulla teste degli Apostoli. E’ l’unico caso, che io conosco, in cui dei poveri pescatori probabilmente analfabeti ed ignoranti, entrarono nel cenacolo da ignoranti ed uscirono, subito dopo, da sapienti e conoscitori di tutte le lingue del tempo. A noi, poveri mortali, le cose ce l’hanno insegnato nel tempo e con fatica da ambo le parti (da parte di chi dà e da parte di chi riceve): la famiglia, la scuola, l’ambiente ecc.
Se non si conosce il passato succede che qualcuno che lo conosce lo ritiri fuori e venga a dire che sono novità. Tu lo puoi accettare. Ma lo accetti perché credi in quello che viene detto (perché sei ignorante) e ti lasci convincere e diventi burattino nella mani dei pupari. Lo accetti perché credi che quello che dicono sia più giusto di quello che pensi oppure lo accetti per convenienza. Ciò è difficile anzi difficilissimo o impossibile da capire se non dopo un po’ di tempo quando si mette in atto ciò che si è pensato. Ma spesso oramai è troppo tardi!
Circondato da tutte quelle persone mi son sentito a…casa. Ne ho più lì che altrove!

Durante la visita, una persona, probabilmente il custode, ci seguiva con lo sguardo e forse s’interrogava chi fossimo poiché vedeva che ci soffermavamo davanti alle tombe e sbirciavano tra i vetri delle cappelle chiuse con un fare di chi ha conoscenza o cerca qualcuno. Ma noi siamo sconosciuti tra i viventi ma non tra quelli che sono lì. Se, infatti, quello fosse un comune a se stante, io sicuramente ne avrei la…. residenza.
Oltrepassato quel cancello sono ritornato ad essere uno dei tanti… “furastieri”!

Immagine di copertina: Il Cimitero di Ponza (foto di Cristina De Paoli)

***

Nota del 25.10.2024 (cfr. Commento di Sandro Russo)

L’epitaffio per il parroco Dies (‘u parecchiane), di Franco De Luca

1 Comment

1 Comments

  1. Sandro Russo

    25 Ottobre 2024 at 06:54

    L’epitaffio per ‘u parecchiane Dies, una delle cose più belle che ha scritto Franco De Luca (in targa di marmo nella chiesetta della Madonna della Salvazione, all’ingresso del cimitero):

    A chi ha dato
    alla nostra fede un volto
    alla voce un canto
    alla giovinezza un senso

    Un ricordo perenne

    [Immagine aggiunta in fondo all’articolo di base a cura delle redazione]

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