di Francesco De Luca
Negli occhi stamane mi appare un fluire verso il quieto svilirsi delle cose. Esco per il paese e vedo che la lastra azzurra del mare nemmeno più sfrigola vicino alle rocce dei faraglioni, e sulla spiaggia di Giancos è netto il segno del bagnato dalla sabbia che attende l’onda, come il respiro.
Gli isolani in calzoncini e felpa si muovono sgraziati, come le foglie cadute, ammucchiate agli scalini. Nei pressi del molo mi appaiono malmostosi e dispiaciuti. E ogni movimento a Sant’Antonio sembra inficiato dal malcontento. Agevolato dall’aria di scirocco, senza voli.
Lo sguardo di chi sull’isola si strugge è avvilito perché intravede l’ombra nascosta della solitudine che fa capolino nelle stradine. Giorno dopo giorno, sempre più spente di luci e di voci.
Meno male che sbuca la piccola Sofia… Il suo passo leggero la mostra estranea al luogo che calpesta. Come fosse soltanto di passaggio. Gli spigoli delle vie non le parlano. Il telefonino e le chat con le amiche hanno più vigore della mestizia che dal Monte Guardia scende al porto. E si chiudono le finestre, e le case perdono vita.
Stanno tornando i pensionati a signoreggiare per Corso Umberto. Affaticati da niente, scontenti di tutto. Sfaccendati e impazienti, nullafacenti e intolleranti. Insopportabili a casa e sedati in chiesa.
L’isola giace, e gli isolani rimaniamo in attesa. Di cosa?
Aspettiamo l’estate, la delizia di aria, di tepore, di profumi avvolgenti La aspettiamo da quando il mattino tarda ad aprirsi e il mare biancheggia fuori e vicino agli scogli, e il vento rende timorosi i passi, e lo scorrere del tempo è cupo; da quando l’isola la dominano gli elementi e noi isolani fatichiamo a trovare appigli per attestare la nostra presenza.
A venir meno è il calore ‘sociale’. Avevo comprato casa a Formia… così… per un retropensiero che mia moglie insisteva a propormi. Mai avrei pensato di passarvi l’inverno… e invece è stato così. Abbiamo trascorso ‘a vernata a Formia, per non avvilirmi di più a Ponza. E’ con sincerità che Salvatore mi confessa la cosa.
Non mi dice in quale modo ha trovato piacere a Formia. Io non glielo chiedo.
A Ponza l’inverno sta diventando ‘pesante’ da trascorrere perché privo di socialità.
Questa privazione sta assumendo fisionomia propria.
I piccoli hanno la scuola come attività ‘primaria’. Ma non è sufficiente. O meglio… così è ritenuto dai genitori che nei pomeriggi fanno loro frequentare corsi di danza e musica.
Per i giovani mi pare che si attivi una ‘scuola di ballo’, e accanto ci sono gruppi che praticano ‘ginnastica’, e yoga e teatro.
La chiesa promana la sua forza aggregativa come sempre.
Eppure… la mia sensazione rimane quella di una deprivazione evidente.
Il tutto aggravato dall’assottigliamento della popolazione residente, che è reale e palpabile e influisce sugli apporti concreti alle manifestazioni collettive.
L’ attesa inizia a diventare la condizione più pervasiva.
Ci stiamo preparando mentalmente a dimensionarci su di essa.