Racconti

Discorso sui minimi sistemi (2). ’A zaccalena

di Pasquale Scarpati

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Quello (Veruccio) mi guardò e disse: “C’era una volta… – così iniziano le favole – un pescatore che possedeva una zaccalena. Ci era molto legato perché era l’unico bene lasciatogli dagli antenati e la usava tutto l’anno perché era l’unica fonte di sostentamento”.
Qui s’interruppe alquanto perché aveva bisogno di schiarirsi la gola (raclage). Poi proseguì: “Pertanto la manuteneva con molta cura. Da sempre era dipinta di vari colori: da una parte aveva il bianco, il nero, dall’altra l’ocra che sfumava nel giallo e giù giù verso la chiglia un marrone/grigio. Sulla bella prua, una piccola e graziosa polena raffigurante una sirena o una maga. Si diceva che quella era l’unica cosa che fosse cambiata nel corso degli anni. Prima era raffigurato un eroe barbuto, poi un togato romano, ancora un pirata saraceno ed infine un personaggio con ampio mantello e parrucca. Insomma era la sua vita come lo era stata per i suoi antenati.

Un giorno arrivò molta gente “furastera” che, innamorata di quella barca, volle salirci e fare un bel giro. La voce si sparse così tanto che il pescatore non appena ritornava all’attracco, già aveva un altro carico di gente. Anzi c’era sempre una ressa, caos, cacofonia e, a volte, purtroppo anche qualche rissa.
Spesso per poter prendere posto, molte persone bivaccavano nelle sue vicinanze così come succede quando c’è un concerto di un artista famoso o quando c’è un evento importante. Oppure, d’impeto, salivano a bordo di notte, suscitando malumori e proteste.
Questo succedeva anche perché soltanto per poco tempo (circa due mesi) si poteva usufruire della barca. Poi quella rimaneva lì per la restante parte dell’anno, quasi semi-abbandonata. Cosa era successo?
Il pescatore si era reso latitante. Aveva pensato, infatti: “Visto che la gente viene qui a divertirsi, anch’io voglio uscire dal mio isolamento e voglio conoscere altri lidi ed avere nuove esperienze”. Così, quando finiva il gran caos, andava via.
Così facendo, però, trascurava la manutenzione della barca oppure la demandava ad altri, per i quali si può applicare il detto: Quando il gatto non c’è il sorcio balla! Inutilmente un amico gli ripeteva: “Chi governa il suo cavallo non è chiamato ciuccio di stalla!”. Ma quello, oramai inebriato da un altro tenore di vita, faceva  “orecchi da… mercante” (alla lettera).

Intanto la barca a mano a mano aveva perso la sua brillantezza: qualche asse si sconnetteva, il motore perdeva colpi e si fermava in mezzo al mare ecc ecc. Sopraggiunse inoltre una crisi economica (come succede a cicli) con un aumento vertiginoso dei prezzi. Lui pensò: “Qui tutto è aumentato”. Ma, invece di sistemare la barca, per richiamare un congruo numero di persone in qualche modo e con altri mezzi – migliorando ad esempio l’offerta e/o, per evitare le resse che sono per lo più incontrollabili e possono procurare danni, cercare di dilatare l’imbarco nell’arco dell’anno -,  mise in atto la cosa più semplice (ma anche la più stupida) che si potesse fare: non solo aumentò i prezzi dell’escursione ma ne ridusse i tempi.
La conseguenza fu che a causa dell’aumento dei prezzi (accompagnato da una peggioramento della prestazione) meno persone salivano su quella zaccalena.  A conti fatti non so se questo fosse conveniente!
È il solito cane che si morde la coda: più aumenti i prezzi e cerchi di spillare denaro, meno persone vengono. La barca, intanto, avrebbe avuto bisogno di una bella riverniciata, di essere messa a posto ed anche di un nuovo motore, di quelli di… nuova generazione”

Qui Veruccio tacque e mi guardò come aspettando una risposta.
Che non si fece attendere.

Immagine di copertina. Zaccalene (foto di Marianna Licari)

[Discorso sui minimi sistemi (2). ’A zaccalena Continua]
Per la prima parte, leggi qui

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