segnalato in redazione da Guido Del Gizzo, da fanpage.it
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La storia di Silveria che ha lasciato Ponza per i suoi figli: “Sull’isola non si partorisce e non c’è un pediatra”
a cura di Sophia Crotti – Da www.fanpage.it del 5 ottobre 2024
Silveria Feola è una mamma che ci ha raccontato l’assenza di un punto nascita e di un pediatra sull’isola di Ponza, che obbliga future mamme prima e intere famiglie poi, ad abbandonare il territorio dove sono nati.
Silveria Feola ha raccontato a Fanpage.it un lato dell’Isola di Ponza che i tanti turisti che la invadono in estate non conoscono, quello che costringe le donne che vogliono partorire a lasciare l’isola, a prendere un traghetto un mese prima di partorire o l’elisoccorso in caso di emergenza. Una storia che si ripete identica a se stessa in tutte le isole, come già ci aveva raccontato Eva Casano, costretta a partire da Pantelleria per partorire il suo bambino.
La storia di Silveria e del suo rapporto burrascoso con l’isola che lei e i suoi figli amano tanto, però, inizia il 19 luglio di quarant’anni fa, quando sua mamma la partorì prima del previsto e in casa, dal momento che data l’emergenza non riuscì a raggiungere la terra ferma in tempo.
Diversi anni dopo, quando è stata lei a dover partorire i suoi bambini, dopo soli tre mesi di gravidanza per una complicanza ha dovuto abbandonare Ponza, per farci ritorno molto più tardi. Oggi lei e la sua famiglia vivono a Roma: “I miei figli piangono tutte le volte che lasciamo l’isola, e a me si stringe il cuore, mi faccio forza pensando che tutti i sacrifici sono per il loro futuro, non possono rimanere su un’isola sprovvista anche del pediatra”.
Silveria, come ti ha raccontato la tua mamma il tuo parto?
Mia madre mi ha raccontato che ha iniziato a sentire dei forti dolori, molto prima del termine che avevano previsto i medici per la gravidanza. Il mio sarebbe stato un parto gemellare e invece in quella giornata calda di luglio sono nata soltanto io a casa di mia nonna, insieme al dottor Sandolo che era l’allora medico del paese. Non c’era nessuna ostetrica sull’isola e sono venuta al mondo grazie a lui e all’aiuto di altre donne dell’isola.
I piccoli, al muretto di Sant’Antonio
Quanto ha influito questo racconto sulla tua esperienza di maternità?
È stato sicuramente un racconto che mi ha molto segnata, ma penso che la paura più grande l’abbia forse sperimentata maggiormente mia mamma quando ha scoperto che anche io ero in attesa di due gemelli, reduce da quell’esperienza.
Come è stato vivere la gravidanza a Ponza?
È andato tutto bene fino a che al terzo mese di gravidanza son dovuta partire alla volta della terra ferma con l’elisoccorso a causa di quelle che a Ponza mi avevano detto potevano essere minacce di aborto e che invece quando sono arrivata in ospedale a Roma mi hanno spiegato essere una patologia per la quale la placenta si era attaccata all’utero e non mi hanno fatta più tornare sull’isola. Ho quindi trascorso a Roma tutto il resto della gravidanza e i primi mesi dopo la nascita di mio figlio.
Cosa ha significato per la tua vita spostarti lontano da casa tua per portare a termine la gravidanza?
Sacrificio e non solo per me. La patologia che avevo mi impossibilitava a letto, dunque ho avuto bisogno di mio marito che ha lasciato il lavoro e si è trasferito con me a Roma e quello di mia madre che è partita con noi lasciando a Ponza mio padre e mio fratello.
Così quello che mi ero immaginata come un momento fatto di gioia, attesa e serenità si è trasformato in un incubo che mi vedeva lontana da buona parte della mia famiglia e dalle mie più care amiche, con le quali speravo di potermi confrontare. Mi sono sentita molto sola.
Quanto sei rimasta a Roma?
Tantissimo, perché a Ponza non abbiamo neanche il pediatra quindi per i primi due mesi dopo la nascita dei miei due gemellini, mi hanno chiesto di rimanere a Roma. Quindi in tutto sono rimasta otto mesi lontana dall’isola.
Economicamente come avete fatto?
Siamo tornati ragazzini, nel senso che siamo tornati a dipendere economicamente dai nostri genitori, ma con le spese raddoppiate. Siamo infatti rimasti a Roma dove abbiamo dovuto pagare l’affitto di una casa, mentre continuavamo a pagare le spese della casa sull’isola. Ovviamente su di noi, come su tutte le mamme che partono da Ponza per partorire anche le spese del viaggio.
È quindi una prassi da voi la partenza per partorire?
Sì, sì, se io non avessi avuto questa complicanza sarei comunque dovuta partire un mese prima del parto non per Roma ma per Formia, io invece sono stata portata a Roma perché per i miei bimbi era necessario ci fosse la terapia intensiva neonatale. Che tu te lo possa permettere o no se vuoi partorire devi lasciare l’isola.
E dopo il parto in che stato si torna a Ponza?
Molto agitate perché i bambini sono piccoli e devono prendere un mezzo pubblico, i miei due gemellini poi a tre mesi hanno avuto la bronchiolite e a causa dell’assenza del pediatra sull’isola siamo dovuti partire d’urgenza per rimanere poi a Roma per mesi.
Tutte queste spese diventano un disincentivo per le donne ponzesi che vogliono figli?
No, perché siamo una bella comunità, ci aiutiamo vicendevolmente e per noi è proprio routine che si debba partire per partorire e non solo. Come dicevo manca un pediatra sull’isola, quindi le visite per i nostri figli sono sempre private, con una spesa minima di 100 euro per il professionista.
Come mai ora vivi a Roma?
Per i miei figli, noi siamo rimasti sull’isola fino al compimento dei loro sei anni, poi è stato evidente che nulla cambiava, non ci sono possibilità di studio sull’isola o professionisti da cui portare i bambini, come un logopedista, uno psicologo o uno psicomotricista. A Ponza per i nostri figli, specialmente in inverno non c’era nulla se non quello che noi mamme eravamo in grado di inventarci.
Cosa vi inventavate voi per i bambini ponzesi?
Ricordo che i piccoli volevano tanto festeggiare Carnevale, ma non c’era alcun posto per accoglierli, io avevo un locale ai tempi che dava sulla strada e lì ho organizzato una festa per i miei figli e per tutti i bambini.
Quanto è doloroso dover lasciare la propria terra per il bene dei propri figli?
Tantissimo, se penso poi che lo stesso aveva fatto mio padre, che quando dovevamo iniziare le superiori, causa la carenza di scuole sull’isola ci ha fatti trasferire a Formia, dove lui veniva a trovarci a week-end alterni. Mia madre dovette vendere il locale che aveva per farci studiare. La cosa terribile è che di generazione in generazione la situazione peggiora, quando io ero piccola per esempio c’era il pediatra sull’isola, ora non lo abbiamo più.
E i bambini hanno sofferto il trasloco?
Tantissimo, anche ora che sono almeno due anni che siamo qui, loro continuano a dirmi che sono qui solo per studiare, che la loro vera casa è a Ponza e ogni volta che, dopo un weekend sull’isola dobbiamo tornare mi si stringe il cuore a vederli piangere.
Voi mamme di Ponza vi battete per questa situazione?
Ci abbiamo provato ma il personale medico che lavora sulla terra ferma, considerando che dovrebbe pagarsi vitto e alloggio sull’isola non accetta di trasferirsi qui per lavorare.
La coppia con i passeggini, a Sant’Antonio
Nonostante le difficoltà tu rifaresti tutto?
Per avere qui i miei figli con me? Assolutamente sì.
Che augurio fai all’isola pensando ai tuoi figli?
Che si possa mantenere uno sviluppo superiore d’inverno, quando l’isola, dimenticata dai turisti, va il letargo anche per chi vi ci abita. Ai miei figli auguro, se lo desiderano, che possano decidere di abitare lì, con i servizi necessari per sopravvivere però.
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Biagio Vitiello
7 Ottobre 2024 at 17:10
La questione del pediatra a Ponza sembrava, alcuni anni fa, “quasi” risolta. Grazie all’interessamento del dott. Gennaro Di Fazio, l’ASL aveva assegnato il posto vacante ad un medico che ne aveva fatto richiesta. Ma a Ponza non è mai arrivato!
Potrebbe risolvere il problema il responsabile del Poliambulatorio di Ponza, così come è stato fatto per i medici di famiglia, eventualmente in collaborazione con il sindaco. Ma mi risulta che l’Amministrazione non ha neanche un rappresentante che si interessi della Sanità pubblica.