Sardegna

Santa Teresa di Gallura. Storie di barche e di pescatori ponzesi (seconda parte)

a cura della Redazione

Seconda parte – per la prima parte  leggi qui


Santa Teresa di Gallura. Gente di mare: pescatori e gozzi nella Lungoni degli anni ’50 
di Salvatore Giagheddu

Per quanto attiene all’attività peschereccia, negli anni 50, la stessa era esercitata con i gozzi sottoindicati con a fianco i relativi proprietari:

1. Santa Lucia – Nicolai Enrico;
2. Ibbis Rebibis – Avellino Francesco, noto Papanu;
3. Sempre Avanti – Nicolai Giacomo, zu Ghjacumeddunoto, noto Sciallò;
4. Giulia Feola – Vincenzo e Argentino, Piscitelli;
5. Donna Rosa – Guspini Nardino;
6. S. Antonio – Spigno Angelo, noto Angelò e il figlio Gianni;
7. Santa Reparata – Impagliazzo Luigi, padre di Tonino,Silverio e Maria Teresa;
8. S. Anna – Madonna Pietro, Capibiancu;
9. Delfino – Scano Salvatore, noto Balori Crò;
10. Regina del Mare – Frassetto Antonicco e Salvatore, noti Romolo e Remo;
11. Murrilongu – Nicolai Giovanni, noto Pignerru;
12. Santa Teresa – Nicolai Antuniccu, noto Mezzanotti o Mangiasporco, padre di Mariolino;
13. San Vincenzo – Aprea Vincenzo, padre Luigino Barbarossa;
14. Santa Maria – Poggi Domenico, Russoni;
15. Riuccia – Coppi Lorenzo, Lu Scapiddatu, padre di Coghetto;
16. Assunta – Luigi Aiello, padri di Vincenzo Binnella;
17. San Salvatore – Frassetto Enrico, col fratello Michele Telozzo;
18. S. Antonio – Aprea Severino, padre di Anna e Mariantonietta;
19. Quattro Fratelli – Cucinotta Giuseppe, Cippinu;
20. Folgore Nicolai – Domenico, zu Memmè, marito di za Filumena Avellino;
21. San Filippo – Bitti Tonino;
22. S. Antonio – Morlè Aniello, Castaurielli;
23. Oceano – Aprea Silverio, noto Scarparo;
24. Redentore – Spigno Antonio, Marangò, padre di Angelò, Salvatore e Marcello;
25. Musichiere – Feola Silverio figlio di Salvatore.

Tutti questi professionisti del mare hanno sudato le cosiddette quattro camicie per farsi largo, a gomitate, nella vita e non solo in senso figurato; dopo una tremenda stagione invernale, i venti allora soffiavano più di adesso, patendo quasi la fame, chi per primo scopriva lu “muntoni a tanuti” se lo teneva per sé, ovviamente, ma quando giungeva in porto col pescato gli altri colleghi l’indomani mattina presto all’uscita dal sorgitore lo seguivano per individuare il punto e salparne le nasse in altro momento della giornata; anche i propri stretti parenti cercavano di derubare lo scopritore, per poter sfamare i propri cari e, talvolta, se le davano di santa ragione con un fuori spettacolo con rissa in banchina. Non per niente esiste il detto napoletano: sopra il ciglio il padre non conosce il figlio. Il ciglio in questo caso è il punto fruttuoso di pesca individuato dallo scopritore e che gli altri volevano appropriarsene per necessità.

La maggior parte dei pescatori per mancanza di denaro acquistavano il necessario per il sostentamento della famiglia presso negozi di alimentari segnando gli acquisti nel famoso “ libretto” per tutto l’inverno, con la speranza di saldare il debito accumulato, una volta iniziata la favorevole stagione della pesca, specialmente quella relativa ai crostacei, dell’aragosta in particolare. Le aragoste pescate al rientro in porto dei gozzi venivano immesse in cassoni di legno (marrufi) ubicati nel centro dello specchio acqueo del porto, in attesa dei bastimenti aragostari che a loro volta le commerciavano a Genova e a Marsiglia. Le navi addette a questo traffico in Lungoni erano quelle di zio Birio Sposito e figli e di zio Pietrino Chirri. Un’altra imbarcazione apposita era quella del napoletano Scognamiglio. Personaggio ricordato ancor oggi per la grande onestà. Le aragoste, gli astici e le granseole e l’altro pescato consumati in Lungoni ed oltre, venivano dati alla pescheria/Frigorifero del col. Battista Nicolai, gestita da Cecchino Giagoni e la di lui moglie Francesca; altra pescheria era quella gestita da Luigia Modesto, nota come Gina Bamba, che con i figli Mario e Salvatore (Buvoni e Peperone), andava a smerciare il pescato oltre i dintorni di Lungoni, perfino a Luogosanto.

Alla fine degli anni 50, inizi anni 60, Santa Teresa, per l’intraprendenza del sindaco di allora Giovannino Nicolai, si avviò a diventare una meta turistica di primo interesse per cui la vendita del prodotto ittico ebbe un incremento notevole, tanto da elevare da subito il tenore di vita delle tante famiglie che vivevano con i proventi di questa attività. Tale benessere ebbe una impennata economica considerevole con l’avvento della pesca del corallo, attività che permise a molti di consolidare il loro stile di vita, investendo il ricavato in beni immobiliari, fondiari e in altre lucrose attività commerciali e finanziarie.

Insomma, il tempo della vacche magre era finito e gli anni dei grandi sacrifici e patimenti di un tempo solo un triste ricordo.

In chiusura, vorrei ricordare il più grande capopesca teresino, con la speranza che nessuno se ne dolga, mi riferisco al diversamente abile Marco Frassetto, noto a tutti come Malchettu. A questo straordinario uomo di mare il Dio Nettuno aveva inserito nel suo cervello una carta nautica con relative batimetriche, che neanche l’odierno GPS (global positioning sistem) avrebbe potuto competere. Zu Malchettu conosceva cosi bene i punti di pesca che una volta lo imbarcarono a Lungoni su un peschereccio viareggino, come capopesca, e che prima di arrivare nel porto toscano, non conoscendo la zona, ma scrutando i soli punti a terra, diede ordine di mettere a mare la relativa attrezzatura peschereccia ed il risultato fu che i viareggini una volta salpata la paranza rimasero cosi sorpresi dalla quantità del pescato che dichiararono di non aver mai preso tanto pesce in una sola calata.

Considerato che per forza di cose nell’elenco dei nomi dei gozzi, e in altro, vi potranno essere inesattezze, prego vivamente di segnalarmele per eventuali integrazioni e correzioni, possibilmente tramite messenger, al fine di selezionarle attentamente ed effettuare le eventuali correzioni o integrazioni in una sola volta.

 

N.B. di origine ponzese era anche il medico condotto di S. Teresa dr. Rocco, che tanto per cambiare si chiamava Silverio. Il suddetto arrivò a Lungoni negli anni 50 e prima di costruirsi la villa in via del Porto abitava nel palazzo di zio Popò Vincentelli, vicino alla piazza V. Emanuele, di fronte alla gelateria di zio Battista Conti e al negozio di zia Teresa Bonugli.

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