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Love letters (9). Le scelte di Marco

di Sandro Russo e Roberta Bartoletti

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Abbiamo avuto una lunga telefonata, Roberta (*) e io, per parlare dello scritto di Marco (leggi qui),  ma soprattutto delle sue scelte.
Roberta anche è musicista, venuta dalla prima leva di allievi formati direttamente da Ambrogio Sparagna – la generazione di Raffaele Mallozzi, Massimo Martucci, Mario Salvi – che poi hanno insegnato a tutti noi.
Conosce Marco Madana da tempo e lo ammira molto come musicista. Ci siamo visti di recente a casa mia, al casale, anche con Franco Sbano (altro organettaro d’antan). A quell’incontro era presente anche la donna che Marco chiama Aziz nel suo scritto.
Parlando al telefono con Roberta, il nostro stato d’animo al riguardo era “costernato” (sgomento e addolorato insieme).
Ci sembra di essere sul punto di perderlo: come musicista e come amico. Che sia una perdita per la musica stessa.
Roberta mi ha detto più volte di andare a vedere l’organetto che Marco si è fatto costruire dai Castagnari. Talmente particolare e complicato che quasi non è più un organetto e che sicuramente può suonare solo lui (o pochi altri al suo livello). Ora Marco l’ha messo in vendita su Facebook, più che per farne denaro, forse per tagliarsi i ponti dietro le spalle. A me ha detto che ha fatto una scelta ponderata ma irreversibile: quella di trasferirsi definitivamente in India e qui diventare “monaco rinunciante’”. Non avevo mai sentito questa espressione. Secondo me era già implicita nell’idea di “monaco”.
Ma rinunciare perché? Questo non capiamo. Di che cosa si deve punire?
Roberta dice di avere un rapporto complicato con il suo “profondo”, dice che qualche volta viene fuori a sua insaputa dai disegni che fa (altri usano la scrittura libera associativa). Io credo di essere più “sportivo” al riguardo: ci faccio il surf, tra le onde dell’inconscio, e una parte importante l’hanno i sogni, che per la maggior parte ricordo al risveglio e che mi aiutano molto.
Non conosciamo Marco abbastanza perché ci metta al corrente del suo inconscio (…Bum!), ma forse nemmeno potrebbe, se no che inconscio è?
Roberta “sente” in Marco una tensione verso la spiritualità, ma – argomenta – la musica è essa stessa una chiave per l’infinito. Non ha senso rinunciare anche alla musica… per che cosa? Se c’è il nichilismo alla base della scelta non riusciamo a capirlo, e comunque non fa per noi.

La telefonata tra me e Roberta è stata lunga e articolata, centrata sulla Love letter di Marco; ma poco abbiamo parlato del messaggio amoroso, dell’analisi del rapporto di coppia che lui svolge. Più forte abbiamo sentito invece l’enormità della scelta e siamo a parlare (e poi scriverne) da amici per provare a farlo desistere, o almeno di continuare a interrogarsi  e a cercare una via alternativa di uscita da un “male di vivere” che secondo noi ne è all’origine.

Resta da spiegare perché pubblichiamo questo colloquio.
Tutta la serie Love letters è molto intima, tratta temi delicati, di cui non si usa parlare in pubblico. Ma la lettera di Marco è ineludibile, richiede un commento e uno dei doni della scrittura è far entrare nel vivo, mettere ordine nei pensieri, aiutare a cercare soluzioni.

Rivedrò Marco domani 27/8; ha lasciato le sue cose qui e si fermerà per qualche giorno prima di partire “irreversibilmente” per l’India il 4/09.

Ci prendiamo il tempo per due chiacchiere a cena, magari davanti a un buon bicchiere di rosso, prima di rinunciare a tutto… Eh Marco?

 

(*) Roberta Bartoletti.
Nel sito: https://www.ponzaracconta.it/2024/04/26/i-disegni-narrativi-di-roberta-bartoletti/

1 Comment

1 Comments

  1. Franco Sbano

    26 Agosto 2024 at 17:06

    Non conosco Marco al punto di poter giudicare la sua scelta di vita, quella prossima che intende intraprendere in India.
    Quando ci siamo conosciuti da Sandro, presenti Roberta ed Aziz, mi ero entusiasmato molto sperando di poter estrarre da lui conoscenze ed esperienze inconsuete per noi occidentali, avendo io vissuto tanto tempo in quel paese.
    Invece ho capito che il suo ciclo di ricerca interiore era solo all’inizio di un percorso evolutivo che stentava a decollare o per la paura di un ignoto eterico da vivere in senso spirituale o per scarsa convinzione di ciò che si andava profilando.
    Il sottoscritto è stato 11 volte (undici) in India girando il paese negli anni ’80-’90 ed ai primi del 2000 vivendo le esperienze dell’Ashram con tutti i suoi riti avendo tra l’altro letto abbastanza sulle esperienze trascendentali, oltre ad averle vissute più volte personalmente. Quell’incontro era stata una parziale smentita delle mie attese; insomma forse mi aspettavo qualcosa in più per il mio vissuto interiore. Comunque era stato un piacevole incontro umano per misurare le mie capacità meditative con il mondo di persone piacevoli mature ed evolute che ci circonda, soprattutto di disponibilità al corretto confronto che Roberta e Sandro hanno saputo esprimere in quelle circostanze casuali, imprevedibilmente determinatesi (chissà se si ripeteranno).
    Ora debbo chiudere, mi sono sbilanciato fin troppo, credo.
    Scusatemi tutti, a presto rileggervi… o incontrarci, spero!

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