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Love letters (8). L’amore di Marco

di Marco Màdana Rufo Mansur (*), su sollecitazione di Sandro Russo

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Marco (Màdana Rufo Mansur) è un amico dell’ultim’ora conosciuto attraverso giri improbabili e approdato al casale con la musica nella testa e nelle mani, la storia di una vita, più vite, anzi, veramente diverse dalle nostre: studi seri di Conservatorio, impegno nella musica da concertista, la scelta di andare a vivere in India, due matrimoni, due figli, una lunga parentesi di vita da ‘monaco’ laggiù, andate e ritorni, un altro ‘grande amore’. Ora sta ripartendo per l’India, per fare “il monaco rinunciante – mi dice -, come “scelta definitiva”.
Ce n’è abbastanza da tenere in gran conto il suo modo di vedere il mondo.
Quando ha conosciuto le scritture di Ponzaracconta si è detto interessato a dare un suo contributo… e figuriamoci se non l’ho accettato con entusiasmo.
S. Russo

Secondo l’insegnamento esoterico dell’ebraismo, la Cabala, quando Adamo ed Eva caddero dal Pardes sulla Terra, si ritrovarono spalla a spalla. La loro storia fu, anzi è, la storia di un viaggio di ritorno l’uno verso l’altra, e viceversa, riconquistando così quella dimensione unitaria, sintesi divina della polarità principiale yin-yang, radice di ogni equilibrio in ogni molteplicità e in ogni contingenza. E quell’Odissea del voltarsi dell’uomo verso la donna, e della donna verso l’uomo, è il viaggio che, più o meno coscientemente, compie senza posa l’umanità, era dopo era, attraverso tutte le soluzioni di gestione del potere, sia nelle dimensioni collettive che in quelle individuali.

Dunque l’essere umano, microcosmo di un macrocosmo non solo individuale, ma anche universale e metafisico, seppur convinto di scrivere la storia attraverso le sue azioni, nello svolgimento del tempo lineare, in realtà scrive o meglio è scritto, dalla sua storia interiore, scandita da aion e non da cronos, la storia degli eventi che si svolgono dentro di lui, che lo attraversano, depositando in lui le conoscenze che lo liberano e quelle che lo legano alla sua esistenza materiale.

È in questa prospettiva, e pienamente cosciente del percorso che si svolge dentro di me, del voltarsi di Adamo verso Eva, e viceversa, che incontrai Aziz (nomignolo che significa amore in persiano), e incontrandola, ebbi l’impressione di voltarmi immediatamente verso di lei, perfettamente disponibile ad amarla superando ogni mio limite, illudendomi di compiere quella lunga Odissea, in un fiato solo, ma accorgendomi ben presto di non aver compiuto in realtà nemmeno un passo in quel tormentato ed intimo viaggio.

Aziz era la mia insegnante di musica persiana, e la proprietaria dei più sorprendenti riccioli incantatori che avessi mai visto.
Quando i nostri occhi si videro per la prima volta, anche se già ci conoscevamo da tempo, si ebbe l’impressione che quel viaggio fosse giunto a compimento, tanto eravamo ognuno rivolto totalmente verso l’altro.

Prima di quel momento principiale, e allo stesso tempo conclusivo – ma questo lo avremmo saputo solo dopo -, non vi era conoscenza che non fluisse liberamente e in modo naturale, dall’una all’altro. Ogni nota che mi insegnava sul suo piccolo violino persiano, pieno di lamenti e sospiri, mi parlava in senso analogico dei suoi sentimenti, così profondi, così patetici. E ogni volta che un ricciolo le cadeva dall’acconciatura fatta di fretta, intrecciandosi tra le corde, in quella nota sbagliata che si produceva, ogni aspetto della sua umanità mi pareva evidente e cantato in una melodia molto più chiara di mille racconti e di mille-e-un trattato filosofico.
Ed era anche una grande cultrice e ricercatrice di poesia, teologia e filosofia islamiche. Aziz, era una donna iraniana, interprete e innamorata della sua antica Tradizione.
Dopo aver conseguito gli studi filosofici e musicali all’università e conservatorio di Teheran, a soli 24 anni, la sua famiglia si era preoccupata di spedirla in Occidente, perché potesse mettersi in salvo dalle follie del regime iraniano, che si fa chiamare Repubblica Islamica, ma che in realtà svolge, in modo subdolo e servile, la volontà coloniale e anti-Tradizionale del regime oscuro che oggi regge le sorti dell’intero pianeta, quello che gli esoteristi chiamano, il Grande Avversario.
Famiglia di gente per bene, quella di Aziz, ingenui però, fino al punto di non rendersi conto, che per proteggere la figlia da un mostro, l’avevano spinta tra le braccia di un demone più grande e più pericoloso, perché operante attraverso un processo di sovversione della verità, e lente, lentissime ed impercettibili deviazioni ideologiche. Dal suo arrivo in Italia, poi negli Stati uniti, poi di nuovo in Italia, la sua vita è stata un collezionare delusioni, e odiose disillusioni; odiose perché il tradimento di ogni aspettativa di giustizia e reale sviluppo delle facoltà più alte dell’essere, tradimento che l’Occidente compie puntualmente nei confronti di chi gli si affida cercando qualcosa di più che il benessere economico e la libertà individuale del corpo, difficilmente gli può essere contestato, esperto come questo è nel fornire scuse e giustificazioni, che paiono davvero incontestabili, ma per il solo e semplice motivo che si fondano su un concetto totalmente ribaltato e sovverso di verità, ordine e reale sviluppo dell’essere.
Povera Aziz, tradita nei sentimenti e nelle aspettative, da quell’ordine sociale che le aveva fatto tante promesse, a lei e alla sua ingenua famiglia, adesso non poteva nemmeno prendersela con nessuno, e viveva nascondendo a se stessa la propria disillusione, che nemmeno alla sua famiglia poteva trasmettere, perché la delusione di questi non si aggiungesse alle sue.

E viveva, la mia Aziz dai riccioli di serpente, come ripiegata su se stessa, dentro il guscio d’uovo di una costante riflessione, di una inguaribile tristezza, di una consolante e oppiacea malinconia.
In questa totale inflessione su di sé, in questo orientamento univoco sulla propria dimensione emotiva, psicologica e corporale, lo spazio anche minimo per l’amore, non poteva trovare posto, essendo l’amore, un viaggio titanico verso l’altro, fino a divenire dei e dee, rendendosi sempre più disponibili a ogni cosa, aprendosi alle infinite possibilità dell’essere, in un viaggio di riappacificamento e di rettificazione.

Ma tutto questo io non lo sapevo. La storia infatti, con i suoi eventi e fenomeni lineari, forma la nostra personalità più esterna, e delinea tratti che immediatamente possono essere riconosciuti. La storia dell’aion invece, la storia cioè dei nostri sentimenti e di tutti gli eventi che si svolgono dentro di noi, è invece difficilmente riconoscibile, ma molto più adatta a descrivere un essere umano.
Così tutti questi tratti, scritti sul libro della sua esistenza interiore, mi sfuggivano, al momento in cui decidemmo di iniziare una relazione.

L’avevo adorata per un lungo periodo, e quando avevo realizzato di amarla, e sentito dentro di me il fiorire di una volontà piena e assoluta verso di lei, avevo lentamente inserito nella mia comunicazione, in maniera discreta e rispettosa, tutti quei segnali che rivelano il proprio cuore, e l’avevo riempita di doni espliciti e impliciti, perché anche lei potesse rivolgere il suo sguardo retroflesso verso di me, perché io potessi provare a curare la sua malinconia, perché potessi essere diverso da tutto quello che l’aveva delusa nella sua triste, tristissima esistenza.
Così alla fine, per un attimo, lei alzò gli occhi verso di me, e mi vide totalmente disponibile, e vide il miracolo che cercava.
Ma fu un attimo…

Dopo pochi giorni infatti che stavamo assieme, decisi a vivere la nostra vita in unione, nell’amore, nell’arte e nella filosofia, lei ritornò nel suo uovo, lentamente… camminando a testa  bassa, rallentando sempre più il passo e ripiegandosi su se stessa, come si fa quando si va a dormire, immaginando di ricollocarsi nel grembo di nostra madre… unico luogo in cui, chi non può svilupparsi in un essere evoluto, può sentirsi al sicuro, cullato dalle acque di un mondo in cui la materia è ancora indifferenziata, e tutto quello che è successo nella nostra storia, vive solo in uno stato potenziale, e non è ancora avvenuto davvero…

Tutto qui…anzi, il Tutto è qui.

***

Nello scrivere questo racconto, ho voluto compiere un esperimento. Quello di non raccontare i fatti, cioè gli avvenimenti che hanno determinato lo svolgersi di una storia. Ho descritto solo le atmosfere e i panorami interiori, che sono il libro bianco che accoglie gli inchiostri della storia spirituale degli individui, e che non solo descrive meglio le vicende sia interiori che esteriori, ma che può davvero servire a raccogliere il significato profondo delle vicende umane, così che ognuno possa utilizzarle come riflessioni sulla propria vita, e svilupparsi in senso unitario, e non separato dagli altri. Infatti le vicende della storia creano le personalità e le individualità, costruendo per ognuno un particolare castello di illusioni, mentre la storia dell’aion, così come la si è intesa qui finora, occupandosi solo di sentimenti e di eventi interiori, è sempre generalizzabile, e funge così meglio da scala per ascendere all’origine delle idee, archetipi di tutti i sentimenti e ideologie umane.

Mi odierete per questo, lo so. Come certamente mi odierà Sandro, che mi ha chiesto di scrivere per la sua rubrica “Love letters”. Proprio lui che è un grande scrittore comportamentista e verista, come potrà tollerare che io, in mille parole, non abbia raccontato un solo fatto? Non lo farà, e probabilmente non pubblicherà questo articolo, questa testimonianza. Ma se deciderà di farlo, nella sua sempre stupenda e sorprendente vitalità, e spirito di avventura e sfida, allora mie cari lettori, che siete arrivati fin qui, domandatevi in tutta sincerità: – Quanto ancora vi interessano i fatti di questa storia, e quanto non vi sentite a sufficienza appagati dai contenuti essenziali di essa? Siete davvero ancora desiderosi di ascoltare qualcos’altro?

L’unico libro di Marco, racconta la storia della famiglia Castagnari, famosa per costruire strumenti musicali (organetti); ma si legge come un libro ‘sapienziale’

Organetti. Disegno a china di Roberta Bartoletti per il libro di Marco

1 Comment

1 Comments

  1. Franco Sbano

    25 Agosto 2024 at 10:57

    Appena sveglio questa mattina ho riletto la Love letter di Marco che era già stato oggetto di profonda riflessione critica ed autocritica sul profondo dell’essere umano in generale che mi ha turbato i sogni di questa notte iniziata con “La notte della Taranta in TV”. Ma infine interrotta dalle parole e i concetti di Marco che hanno provocato in me un turbamento profondo su questa fase dell’Umanità che stiamo attraversando.
    Sono rimasto spiazzato dalla breve ma anche sintetica ed esauriente serie di concetti filosofici-esistenziali espressi da Marco che quando l’ho conosciuto da Sandro mi sembrava molto più accessibile sul piano umano. Mentre ora sento la sua profondità di vita mediata da una cultura ed un linguaggio molto impegnativo, quasi enigmatico della sua ultima esperienza, la breve ma profonda relazione con Aziz con un’analisi sulla persona sinceramente realistica del soggetto inserita in un contesto così diverso come la cultura iraniana ma anche contraddittorio rispetto alle aspettative della famiglia di provenienza.
    Comunque soffermarsi sugli eventi che hanno contraddistinto (e fatto naufragare) il loro rapporto sarebbe limitativo rispetto a tutto ciò che è stato espresso con tanta intensità e amore, stimolando in me una riflessione profonda sulla diversità delle persone e sulla complessità delle vite.
    Grazie a Sandro per la proposta e a Marco per lo stimolo.

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