Racconti

Il Michelangelo dei morti

racconto storico breve di Fabio Lambertucci

 

Il motivo della misteriosa sparizione del grande scultore Giuseppe Maria Sartorio (Boccioleto, Vercelli, 1854 – Mar Tirreno, 1922) detto “Il Michelangelo dei morti” non si conoscerà mai. Salito a bordo del piroscafo postale “Tocra”  ad Olbia (all’epoca Terranova) la sera del 19 settembre 1922, all’arrivo a Civitavecchia la mattina del 20 non si trovò più. Scomparso: furono ipotizzati il suicidio ma pare che in quel determinato momento non ci fossero ragioni apparenti valide, una caduta in mare  per disgrazia senza testimoni o l’omicidio per rapina, anche questo senza testimoni (dati storici: cfr. Wikipedia, ibidem).
La vicinanza dell’evento con i fatti storici della Marcia fascista su Roma e la seguente su Cagliari mi hanno suscitato l’idea romanzesca che potesse essere stato un omicidio per rapina con fini politici. L’ho immaginato così.
F. L.

Racconto storico breve “Il Michelangelo dei morti”.
La misteriosa sparizione del grande scultore Giuseppe Maria Sartorio 
di Fabio Lambertucci

A bordo del piroscafo postale “Tocra” in navigazione verso Civitavecchia, notte del 19-20 settembre 1922.

Sono partito ieri sera per il Continente in missione per conto del neonato Partito Nazionale Fascista di Sardegna fondato a Cagliari il giorno 18 settembre dall’avvocato Gavino Falchi che mi ha affidato un importante compito: recarmi a Roma dal camerata Ulisse Igliori di Firenze e sollecitarlo a organizzare una spedizione di Camicie Nere per dare una gran bella lezione ai nostri nemici a Cagliari e a Terranova (Olbia), la mia città.
Igliori, classe 1895, nella Grande Guerra è stato un valoroso Ardito, ha perso il braccio sinistro ed è stato decorato con la Medaglia d’oro al Valor Militare e promosso tenente. A Fiume nel 1919 è stato il capo della legione “La Disperata”, la guardia personale del poeta soldato Gabriele D’Annunzio e dall’anno scorso è il capo delle Squadre d’azione di Roma e del Lazio.
Io invece in guerra ci sono andato nella Brigata Sassari, i “Dimonios” che i crucchi chiamavano “Diavoli rossi”! Da ufficiale ho combattuto sull’Isonzo nel 1916, sull’Asiago, a Monte Zebio nel 1917 e nel 1918 alla Battaglia dei Tre Monti. Congedato dopo la Vittoria, sono tornato in Sardegna e mi sono trovato senza un lavoro adeguato. Ho quindi aderito al Fascismo per combattere i nemici interni della Patria: i socialisti, i bolscevichi e i sardisti del Partito d’azione del traditore Emilio Lussu, interventista e capitano della mia Brigata che ora da deputato autonomista vuole dare le terre ai contadini e ai pastori!

Non riuscendo a dormire sono uscito dalla cabina per andare a fumare. Non c’era nessuno. Mentre mi avvicinavo alla poppa ho intravisto un uomo anziano con barba e baffi bianchi. Un altro passeggero che non riusciva a riposare.
Quando mi sono avvicinato di più, con mia immensa meraviglia, l’ho riconosciuto: era il celebre scultore piemontese Giuseppe Maria Sartorio detto “Il Michelangelo dei morti” per via delle centinaia di magnifiche sculture funerarie che costellano i più famosi cimiteri di Sardegna. Aveva inoltre effigiato in monumenti di piazza il ministro Quintino Sella a Iglesias e i Reali, re Vittorio Emanuele II a Sassari e re Umberto I in busto a Cagliari. Io lo vidi di persona al Palazzo ducale di Sassari, sede del Comune, dove venne a inaugurare il suo busto di Giuseppe Mazzini! L’ultimo suo lavoro che avevo ammirato era il cenotafio a Cagliari del capitano Giuseppe Meloni caduto sul Carso nel 1917.
– Buonanotte Maestro, voi qui? –, ho chiesto.
– Buonanotte a voi, Mi conoscete? -, ha risposto sorpreso il grande artista.
– Chi non conosce “Il Michelangelo dei morti”, colui che ha plasmato corpi di pietra dall’anima immortale? -, l’ho elogiato.
– Troppo gentile –, si schermì.
– Nulla è troppo per colui che ha surclassato il collega toscano Ambrogio Celi che tutti credevano insuperabile dopo il monumento a Vittorio Raspi nel Cimitero monumentale di Bonaria a Cagliari. Voi invece con la statua di Luigia Oppo, vedova del giurista Giuseppe Todde, lo avete ridicolizzato! –, lo blandii.
– Forse è vero ma credo di essermi fatto un nemico! -, ridacchiò.
– Maestro, tutti i Grandi sono invidiati soprattutto quando alla Fama si aggiunge anche la Fortuna! –, lo consolai.
– Avete ragione. Devo ammettere che dirigere ben due atelier a Cagliari e a Sassari con una quarantina di allievi e il mio Villino a Roma nel quartiere San Lorenzo dove al piano terra possono lavorare sia i miei allievi che gli artisti ospiti, mi ha reso oggetto dell’invidia degli altri scultori –, mi spiegò.
– Maestro, ha pensieri cupi? –, osai chiedere.
Mi guardò perplesso: – Pensavo alla Morte. Io che ne sono un cantore e la uso per la mia Arte, in mezzo a questo mare buio, la sto bramando ma ho troppa paura di lasciare la mia amata moglie e mio figlio Ettore che mi aspettano a Roma –, confidò.

Stava meditando sulla sua fine. Pensai che stesse cercando il coraggio di suicidarsi. Subito dopo pensai al suo portafogli sicuramente gonfio. Sarebbe stato un buon viatico presentarmi a Igliori con dei bei bigliettoni di banca per finanziare la spedizione fascista in Sardegna. Era quello il momento decisivo.
In un lampo lo colpii alla testa, afferrai il portafoglio e feci scivolare il corpo lungo la fiancata della nave. Scomparve in un attimo nel gorgo generato dall’elica. Nessuno mi aveva visto. Ritornai velocemente nella mia cabina.

Al mattino giunto a Civitavecchia fui tra i primi a sbarcare e presi il treno per Roma.
Il giorno dopo lessi su un giornale della sera della misteriosa sparizione del famoso scultore. Si ipotizzava una disgrazia, il suicidio o un omicidio per rapina. Bisognava però prima ritrovare il corpo in mare.

Il camerata Ulisse Igliori mi ricevette calorosamente e fu molto contento quando gli consegnai il denaro che gli dissi provenire dall’avvocato Falchi. Igliori mi confidò che il Partito si stava preparando a prendere il potere. A Napoli ci sarebbe stato il concentramento dei fascisti di tutta Italia e poi verso la Capitale dove il re avrebbe dovuto nominare il nostro capo Mussolini suo Primo ministro. Poi si sarebbe pensato alla Sardegna. Mi ringraziò e ci salutammo romanamente. Tornai a casa felice.

A fine ottobre avvenne quello che Igliori aveva predetto.
Il 27 novembre anche noi fascisti sardi del Nord marciammo su Cagliari. Con duemila camerati ci scontrammo con i nemici della Patria, ne pestammo parecchi, tra i quali il Lussu, e ne mandammo uno all’altro mondo.
Il 3 dicembre finalmente Igliori mantenne la parola: inviò a Terranova duecento camerati dell’Italia centrale, armati di armi leggere e due mitragliatrici. All’alba radunammo in piazza tutti i nemici e impartimmo loro il “Battesimo patriottico” con l’olio di ricino. Uno lo costringemmo a inneggiare al Fascismo con le maniere forti; un altro che non voleva farsi battezzare, dovemmo pestarlo quasi a morte.
Infine il Primo ministro Benito Mussolini inviò in Sardegna come prefetto il generale fascista Asclepia Gandolfo che fece confluire gli ex combattenti del Partito d’azione nel P.N.F. e nelle elezioni del 1924 in Sardegna prendemmo il 61% dei voti!
Fui molto felice, avevo concorso a salvare l’Italia dai rossi! Fui ricompensato con un bel posto in ufficio al Comune di Terranova.

***

Nel 1942 non essendo stato ritrovato il corpo dello scultore Giuseppe Maria Sartorio ne venne dichiarata la morte presunta. Il grande scultore che aveva creato centinaia di sublimi monumenti funebri non ebbe mai una tomba.

[Di Fabio Lambertucci; 2024]

G.M. Sartorio. Monumento Todde. (1897) – Cimitero di Bonaria, Cagliari (immagine da Wikipedia)

Monumento funebre Dott. Cav. Luigi Laviano. Melfi

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