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Il lavoro nero (4). La compassione, il punto di vista del cristiano

La redazione propone il commento di Enzo Bianchi, da la Repubblica di oggi 1° luglio

Dalla rubrica settimanale “Altrimenti”
La compassione perduta
di Enzo Bianchi

Bastano forse due settimane per dimenticare un atto di barbarie e di patologica indifferenza verso il prossimo?

Possibile che non si ricordi più con orrore e condanna che un uomo, un lavoratore agricolo mutilato da una macchina mentre lavorava, è stato abbandonato sulla soglia di casa: lui, sua moglie e il suo braccio amputato gettato in una cassetta della verdura?
Questa è una narrazione opposta a quella che fece Gesù per indicare che cos’è l’amore per il prossimo: non l’indifferenza di chi abbandona il sofferente al suo destino, ma la sollecitudine di chi, provando compassione, se ne prende cura per salvargli la vita.

È incredibile ciò che è successo nelle campagne di Latina, ma è il segno della morte della compassione e del regnare dell’indifferenza. Si fa silenzio e non si denuncia l’imbarbarimento della vita sociale nel mondo occidentale.
Chiunque abbia capacità di osservazione si rende conto che facciamo passi verso la barbarie, che la nostra vita è sempre meno segnata da fiducia, mitezza, rispetto degli altri, riconoscimento della loro infinita dignità.
Eppure i filosofi dedicano attenzione alla compassione considerata non solo come virtù personale, ma come emozione sociale di base, come fondamento della vita della polis.

Martha Nussbaum arriva a considerare la compassione come una mediazione verso la giustizia perché il suo interesse è nell’orizzonte dell’altruismo, è un’emozione dolorosa causata dalla consapevolezza della sofferenza altrui.
André Comte-Sponville afferma che ogni sofferenza merita la compassione, è un appello a condividere il dolore in cui uno si trova, senza che si pongano condizioni. Per lui la compassione è una virtù universale che scaturisce dalla vulnerabilità umana.

Compassione, patire-con, è più che simpatia, è più che empatia, perché è un avvicinamento consapevole all’altro fino a condividere la sua “passione”. Infatti non è la molteplicità di volti umani che crea la socialità, ma quella relazione che inizia nel dolore, nel mio dolore in cui faccio appello all’altro e nel suo dolore che mi turba, nel dolore dell’altro che non mi è indifferente.
Lo sappiamo tutti: soffrire non ha senso, ma la sofferenza per ridurre la sofferenza dell’altro è la sola giustificazione della sofferenza.
Alla compassione bisogna essere aperti e occorre esercitarvisi.
La sofferenza dell’altro grida, chiama, e la compassione che a essa risponde fa del mio corpo una cassa di risonanza della sua sofferenza.
Così la visione di colui che soffre si fa ascolto e spinge alla cura. Noi umani non abbiamo altre vie per combattere il male se non quella di sentire compassione ed esercitarla attivamente: combattere contro il male è più decisivo che vincerlo.

Così si combatte l’indifferenza, la barbarie: avvicinandoci a chi soffre e rendendolo prossimo per giungere a un vero contatto fisico, mano nella mano. E allora non solo i cuori batteranno insieme ma le viscere soffriranno insieme e ogni cura tentata porterà sollievo.

[Da la Repubblica del 1° luglio 2024]

L’autore. Enzo Bianchi 81 anni saggista e monaco laico ha fondato la Comunità monastica di Bose in Piemonte

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 Note (a cura della Redazione)

“Perde il braccio al lavoro e viene abbandonato, muore due giorni dopo il 31enne indiano di Latina”
All’episodio accaduto nelle campagne intorno a Latinail 17 giugno scorso  abbiano sul sito dedicato tre articoli, oltre al presente:

Uno scritto ‘civile’ di Concita Di Gregorio (1)  del 26 giugno 2024

Braccianti in nero, ancora da Concita Di Gregorio (2)  del 28 giugno 2024

Lavoro nero (3). Come c’entra la politica del 28 giugno 2024

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