Turismo

Il turismo nel cuore e nella mente (2)

di Francesco De Luca

 

Se si considera il fenomeno del turismo quale fonte primaria dell’economia ponzese e lo si giudica negativamente si compie una analisi difettosa. Perchè si concede preminenza all’aspetto mercantilistico del turismo, tralasciando tutti gli altri aspetti connessi.
Il fattore economico è incardinato nella situazione sociale e questa è espressione del retaggio culturale. Eppoi, ogni stato del presente è figlio di un trascorso storico con volti e fisionomie ben precisi. Per cui, in definitiva, il giudizio sull’oggi deve piantarsi su una somma di fattori che consideri le espressioni e le realizzazioni del passato.
E allora… se si contrappone  semplicisticamente il mercantilismo (di oggi) alla naturalezza antropologica e paesana (di ieri) si ottiene uno schema con due poli, buono per  conclusioni divaricate, estreme e… fallaci.
Le specificazioni dalle forti espressioni e cariche di potere persuasivo servono per dare risalto alle situazioni, per farne oggetto di studio, ma non portano a ipotesi verosimili da adottare per guidare la società paesana. La quale, scorre tutti i giorni, e in ogni stagione dell’anno si ripropone diversa e uguale, e nel corso degli anni assume fisionomie nuove.

La realtà, per condizionarla, va compresa e affrontata con gli strumenti che essa stessa propone.

In definitiva, e senza salire in cattedra, dico che la realtà ponzese deve fare i conti col turismo. Capirne gli sviluppi, e cercare di adattare il fenomeno, che è planetario, alla realtà isolana. Affinché possa essere tratto da esso il meglio e allontanarne il negativo.

Per cui il turismo nel cuore (mi collego al precedente articolo – leggi qui), ancorato alla realtà dell’ infanzia, serve per rinnovare la passione verso una soluzione ottimistica per Ponza, ma non può suggerire comportamenti opportuni. Il turismo dell’accoglienza è definitivamente perduto.

Il turismo nella mente avverte che occorre provare ad opporsi ad un fenomeno di esclusivo sfruttamento; che vale la pena provare a seguire criteri di sostenibilità, affinché l’isola non diventi luogo esclusivo di divertimento estivo .

L’isola sostiene una comunità umana e questa ha una storia e una cultura.
Appiattire ogni funzione e ogni azione  della comunità alla produttività economica comporta marginalizzare il suo trascorso storico, cassare il suo retaggio culturale. Significa rendere l’isola un puro, nudo oggetto da vendere, prostituire, brutalizzare, consumare.

Il sintomo plateale di tale iattura è lo spopolamento. Con conseguente impoverimento del territorio; con appresso l’invecchiamento della popolazione e la denatalità.

Detto così è il disastro assoluto, e va ridimensionato. Così si presenta l’aspetto teorico, non quello reale.
Nella realtà viva, azioni di contenimento della catastrofe futura imminente possono essere ipotizzate e realizzate. Occorre (mi si conceda l’imperativo) l’assunzione di responsabilità. Nelle scelte pubbliche. Per il bene comune.

 

NdR: la foto di copertina è di Rossano Di Loreto

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