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In fondo all’oceano più buio per poi risalire
Siete mai stati in fondo al mare, nel punto più profondo di un oceano? Andiamoci, una volta nella vita, e se ci facciamo accompagnare da Robert Wyatt potrebbe essere meno pericoloso di quel che pensiamo.
Se cadi da una finestra del quarto piano non è detto che te la cavi; a Robert Wyatt è andata bene: nel giugno di 41 anni fa cadde da una finestra e si fratturò la spina dorsale, rimanendo paralizzato dai fianchi in giù. La sua vita ha dovuto ricominciare da una sedia a rotelle.
Wyatt era al top della sua carriera artistica, batterista e cantante dei Soft Machine. Tre anni prima, con “Third” (provate ad ascoltare Moon in June) aveva rivoluzionato le coordinate musicali dell’epoca, inventando uno strabiliante mix di rock, jazz, e avanguardia.
L’anno dopo l’incidente dà forma musicale alle sue idee maturate nel lungo periodo di convalescenza in ospedale. La sua nuova vita condiziona, ovviamente, la sua musica e da lì nasce l’album Rock Bottom, un po’ rock un po’ jazz, tanta anima.
Un indefinibile percorso umano straziante, consolatorio, ipnotizzante, si sale, si scende, si vola, si cade. Se ascolti il disco ti può succedere di tutto, puoi salire, scendere, precipitare, perderti e ritrovarti altrove.
Rock Bottom: un disco emozionante, visionario e tanto anticonvenzionale da non poter essere catalogato in alcun genere musicale.
Lo produce Nick Mason, l’amico batterista dei Pink Floyd. Con Robert tra gli altri suonano un superbo Mike Oldfield e l’immenso Fred Frith.
Anche se diviso in 6 brani, siamo in presenza di una lunga suite di 40 minuti.
https://youtu.be/KgE8qoH_x7s?si=_7jdxTXHujWvcB1o
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You look different every time
You come from the foam-crested brine
It’s your skin, shining softly in the moonlight
Partly fish, partly porpoise
Partly baby sperm whale
Am I yours?
Are you mine to play with?
Joking apart
When you’re drunk you’re terrific
When you’re drunk
I like you mostly late at night
You’re quite alright
But I can’t understand the different you
In the morning, when it’s time
To play at being human for a while
Please smile!
You’ll be different in the spring
I know, you’re a seasonal beast
Like the starfish that drift in with the tide
With the tide
So until your blood runs
To meet the next full moon
Your madness fits in nicely with my own
With my own
Your lunacy fits neatly with my own
My very own
We’re not alone
“Sea Song”, il brano di inizio dell’album, è la perla magnifica di tutto il viaggio.
Prima di farci scendere in fondo al mare, nel buio profondo, la musica è pacata, rassicurante, per farsi poi inquieta prima di precipitare nella paura e quindi risorgere.
Un pezzo meraviglioso, intriso di una tristezza coraggiosa, il brano è una sofferenza e tutti siamo destinati a soffrire il dolore delle note, il canto straziante e il pianoforte che si estrania dal tutto rimarcano la perdita di senso. Si resta sconvolti, sembra una via crucis, ma alla fine si risorge e il lamento diventa liberazione. Difficilmente ho trovato in un brano tanta suggestione e commozione. Wyatt si getta sulle tastiere e innalza la sua voce come il suo nuovo strumento liberatorio.
lo stesso Wyatt ci svela il suo nuovo mondo musicale “…mi crea parecchi problemi parlare di ciò che accadde prima dell’incidente. In ‘Rock Bottom’ e nelle cose successive mi riconosco ma il mio Iato adolescente, il bipede batterista… non lo ricordo e non lo capisco. Mi costa fatica parlare di com’ero prima; (…) vedo l’incidente come una specie di linea di netta demarcazione tra la mia adolescenza e il resto della mia vita”.
Rock Bottom ancora oggi è considerato uno dei migliori dischi rock mai prodotti, e ancora oggi riceve critiche entusiastiche da tutto il mondo. Il brano Sea Song è cantato e reinterpretato da numerosi artisti e suonato da diverse orchestre.
Un’opera d’arte che si fonde con la vita del suo autore, un calvario personale che si fa musica.
Ma come possiamo salvarci? Ascoltiamo le parole di Robert Wyatt.
“Il dottore era stupefatto. Mi disse: Doveva essere proprio ubriaco per rimanere così rilassato mentre cadeva dal quarto piano”. Se fossi stato appena un po’ più sobrio, probabilmente oggi non sarei qui: avrei teso tutto il corpo per la paura e quindi mi sarei fracassato”.