Editoriale

Epicrisi (479). L’importanza delle parole, nei ruoli istituzionali e nella vita

di Enzo Di Fazio

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Non molti gli articoli della settimana, ma sufficienti per imbastire un’epicrisi.
Da dove partiamo?
Dal 1° gennaio 1948…  Tranquilli, non voglio raccontarvi tutta la mia vita, essendo nato a ridosso di quella data; voglio solo ricordarla perché ad essa è legata l’entrata in vigore della nostra Costituzione.
Quando venne firmata, il 22 dicembre del 1947, avevo poco più di un mese. Mi è sempre piaciuto ricordare che ero stato concepito mentre i padri costituenti lavoravano per affermare i diritti fondamentali della persona, brutalmente attaccati e compromessi durante il regime fascista. Avevo avuto la fortuna di nascere in un paese libero che appena più di un anno prima, dopo la fine della guerra e la liberazione dal nazi-fascismo, aveva fatto un’altra scelta importante, quella della sua forma di governo, il cui anniversario ricordiamo proprio oggi.
Ero stato fortunato e tale mi dichiaro tuttora nonostante sia preoccupato per l’epoca che attraversiamo per via delle guerre e le distruzioni che imperversano per il mondo e per gli attacchi continui alla nostra Costituzione, che poi sono attacchi alla Democrazia.

Ne abbiamo parlato nella settimana, sia con il contributo di Giuseppe Mazzella da Ischia (Altro che ‘premierato’… un parlamentarismo forte da Trieste in giù), sia con quello di Rosanna Conte che ha sinteticamente ricordato i contenuti dell’impegnativo Convegno Ponza, Isola della Costituzione” tenutosi  il 18 e 19 maggio scorso, sia, infine, ricordando la strage di piazza della  Loggia che, come attentato al mondo democratico, fu anch’esso un attentato alla Costituzione.

Ricorda Benedetta Tobagi che le otto vittime incarnavano il mondo vitale degli anni Sessanta, quello dell’impegno politico appassionato e non violento. Cinque erano insegnanti a attivisti della Cgil Scuola, tra cui tre donne, a incarnare il nuovo protagonismo femminile, e un giovane immigrato dal Sud. Con loro due operai e un ex partigiano a marcare la continuità della Resistenza.  I funerali con l’enorme partecipazione del popolo e le contestazioni rivolte alle autorità, ree di non aver protetto abbastanza la manifestazione, rappresentano ancora oggi un esempio di dissenso democratico che è anche una dichiarazione di fiducia che le cose non solo debbano ma possono cambiare. Ma il dissenso fa paura, ieri come oggi, afferma ancora la Tobagi.

La difesa della Costituzione passa attraverso il dissenso e la protesta civile, ma passa anche attraverso il corretto uso delle parole.
E sull’uso della parole, tema a me molto caro, vorrei soffermarmi. Mi capitò di scriverne in occasione di un’altra epicrisi, all’indomani di uno storico consiglio comunale del giugno 2017 (Epicrisi 129. L’uso delle parole e quello che è giusto fare)
Lo faccio di nuovo ora prendendo spunto dal colorito scambio di battute tra due politici di fama nazionale, rappresentanti delle istituzioni.
Lo sdoganamento di alcuni termini, chiamiamoli “leggeri”, da parte della politica risalgono ai tempi di Berlusconi. Da allora insulti, scurrilità e offese personali sono entrati massicciamente nella lotta politica, e, come dimostra il caso che ho citato e di cui si parla tanto in questi giorni, sono diventati addirittura linguaggio di governo. Isaia Sales (1) su la Repubblica di ieri scrive che siamo entrati nell’era dell’insultocrazia che fa rima con capocrazia un altro neologismo coniato da Michele Ainis (2) per interpretare  l’attuale fase politica nella quale, tra le prerogative dei “capi”, sia di partito che di governo, sembra essere contemplata la libertà di offendere, di ferire l’avversario,  di ridicolizzarlo.
C’è chi considera questo modo di atteggiarsi dei politici come un modo per avvicinarsi al popolo, al suo sentire, al suo stato di ribellione, dando, quindi, la sensazione di  essere dalla sua parte e di saperlo rappresentare; ai miei occhi, ma penso non solo ai miei, tutto ciò è un modo per ottenere consensi, primo stadio per poi arrivare a fare quello che si vuole.

Qualche sera fa nella puntata de ‘La Torre e il Cavallo’ condotta da Marco Damilano era ospite Stefano Massini e il tema era la Costituzione. E a proposito del linguaggio utilizzato dai politici, Stefano Massini ha ricordato come si sia svilito, con lo sdoganamento del linguaggio, il ruolo delle istituzioni.
L’ha fatto citando un episodio, raccontato dalla figlia di Aldo Moro, Agnese, risalente agli anni ’70 quando il suo papà, anche in spiaggia d’estate, era vestito di tutto punto, mentre gli altri erano in costume da bagno. E quando gli chiedeva perché vestisse in quel modo, Moro le rispondeva che era il ruolo che rivestiva ad imporglielo.
Ecco, quello che sfugge oggi, ma già da tempo, è che non si percepisce abbastanza che la rappresentanza di altri impone il rispetto di regole diverse e la consapevolezza di un linguaggio diverso.
Diceva Freud che le parole sono degli strumenti terribili, possono distruggere un essere umano che le riceve come possono portarlo alle stelle. Sono uno strumento pericolosissimo, soprattutto quando utilizzate dai politici.

L’argomento che sto trattando riguarda marginalmente anche  il nostro sito che, non poche volte si è trovato a fare i conti con forzature su alcuni termini usati per stigmatizzare le inefficienze della politica locale e, non a caso, l’uso improprio delle parole ha portato il sito ad essere, proprio in questa settimana, teatro di un contrasto dialettico ove un ruolo importante l’ha avuto anche il nostro sindaco.
Da qui la necessità di porre un freno al “botta e risposta” vista l’impossibilità di analizzare problematiche e posizioni contrapposte attraverso una dialettica civile e democratica.

Quello che vorremmo ed abbiamo sempre auspicato, fin da quando il sito si è affacciato alla vita politica dell’isola, è l’apertura di un canale informativo sulle scelte importanti che si fanno e l’apporto di contributi, secondo i principi del buon senso, di chi vuole rappresentare critiche, proposte, problemi e vicende.

Come fa il Comitato Samip che, attraverso il suo Presidente, si interroga sul nuovo crollo di cala Fonte, a qualche anno dall’intervento che avrebbe dovuto mettere la zona in sicurezza.
Ponza, lo sappiamo, è un’isola fragile, ce lo dice la sua natura geologica. Si presume che i lavori siano stati effettuati sulla base di perizie e studi, ma, in base alle considerazioni che leggiamo in qualche commento, c’è da chiedersi se gli stessi siano stati sottoposti a collaudo, e sembra incredibile che la riapertura sia avvenuta perché qualcuno “si è preso la responsabilità” di farlo. Quello che è accaduto merita delle risposte sia ‘tecniche’ che ‘politiche’. Chissà se mai arriveranno!
Intanto qualche considerazione sulla possibilità di utilizzare le piante per rinforzare il territorio andrebbe fatta. Ciò che emerge dalla lettura dell’articolo di Biagio Vitiello e Sandro Russo sui poteri del vetiver, una pianta erbacea perenne con radici che vanno in profondità trattenendo il terreno e che attecchisce bene a Ponza è molto interessante.

Altra grana viene dalla lentezza con cui procedono, secondo un nuovo esposto, i lavori di bonifica della spiaggia antistante il vecchio sito della centrale elettrica. Anche qui sarebbe opportuno sapere come stanno le cose.

Ma non manca qualche buona notizia
La Capitaneria di Porto, tramite il proprio Comandante, ha predisposto nuove ordinanze per regolare il noleggio e il traffico dei natanti. In merito registriamo qualche opportuno suggerimento per vigilare sugli eccessi di velocità di certi motoscafi e, speriamo – aggiungo io – che si attuino interventi anche sulla ‘musica a palla’ che spesso arriva da alcune imbarcazioni ferme nelle cale più belle dell’isola.

Prende il via la stagione del Bubly, la versione rinnovata del Blue Moon, collocato in zona Mamozio, con grandi programmi e riservato a una clientela particolarmente selezionata. Auguriamoci che diffonda musica soft da piano bar per il piacere anche di chi voglia godersi dei momenti conviviali in piazza Pisacane.

Dal 23 al 26 maggio si è svolto il torneo di Minibasket, organizzato dalla Federazione Italiana di Pallacanestro, nelle belle cornici di Sant’Antonio e Giancos, con la partecipazione di bambini provenienti da varie Regioni cui si sono uniti quelli di Ponza.
Un bel momento di condivisione ricco di valori educativi e formativi che rappresentano i principi fondanti dell’iniziativa.

Da una chiacchierata tra Cristoforo e Franco De Luca apprendiamo che il 10 giugno riapre, dopo un anno di lavori,  la chiesa della SS Trinità. E questa è veramente una bella notizia in prossimità dei festeggiamenti del santo Patrono in onore del quale il 19 maggio c’è stato il pellegrinaggio a Palmarola.  Ma dalla chiacchierata trapela anche un dubbio. Quale? Che la nostra chiesa sia priva di consacrazione.
Possibile?
Ho fatto una piccola ricerca ed ho trovato che:
Il segno di riconoscimento dell’avvenuta consacrazione è costituito dalle dodici crocette  in forma greca che vengono affisse, dipinte o incastonate sui muri in varie parti della chiesa. Le croci sono le insegne di Cristo e il simbolo del suo trionfo, sono unte perché il luogo è sottomesso al suo dominio. Il fatto che siano dodici ricorda gli apostoli, testimoni di Cristo e originarie colonne del tempio (fonte: Cathopedia)
Ci sono queste croci nella chiesa di Ponza?
E’ il caso di dirimere il dilemma.

Sempre Franco ci intrattiene, attingendo agli usi e ai costumi locali, su alcune figure tipiche della realtà isolana. E lo nella maniera a lui più congeniale, ricorrendo al dialetto. La rubrica: Zoo umano (1) e (2)

Intanto si sta facendo tardi e non ho reso ancora conto di tutti gli altri articoli pubblicati nella settimana
Nella sezione libri e riviste abbiamo segnalato l’uscita di due libri:
quello di Marco Mastroleo, Il cranio in giallo, presentato ieri a Norma; e “C’ero anch’io” l’ultimo lavoro di Giovannino Bove di Formia, dedicato all’esodo e al calvario della popolazione formiana, dall’8 settembre 43 al 18 maggio 1944
C’è poi l’arrivo in edicola del numero di maggio di InNatura

Le Poste, in occasione della Festa della Repubblica, ci informano dell’emissione di una cartolina filatelica dedicata all’anniversario del 2 giugno

Alla viglia delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno non poteva mancare un articolo sull’Europa, attraverso un’intervista ad Enrico Letta, un europeista convinto, ma avremo in settimana sicuramente modo di parlarne ancora.

Rendiamo partecipi i nostri lettori anche di qualche ‘grana’ interna e lo facciamo perché interessa tutti coloro che si trovano, in un modo o in un altro, a che fare con l’utilizzo di immagini prese dal web.
Due articoli – Verso giornali (e siti) senza immagini? e Rivoluzioni Siae sui diritti d’autore – chiariscono di cosa si tratta.

Screenshot

E chiudo con i fiori, più precisamente con le rose, fiore tra i più antichi esistenti al mondo.
Sandro, da appassionato botanico, ci declina tutta una serie di notizie sulle rose: caratteristiche, varietà, colori, profumi, insieme con l’associazione a libri e a santi.

Io di mio ci metto La vie en rose, la famosa canzone di Edith Piaf, scritta nel 1945 quando finisce la seconda guerra mondiale e inizia una nuova vita per i francesi. E’ un inno all’ottimismo e alla speranza, un atteggiamento ed un sentimento che dobbiamo cercare di avere e provare sempre… anche nei confronti dei cambiamenti della politica.

Buona Festa della Repubblica a tutti.

 

Note

(1) – Isaia Sales. Saggista e politico italiano

(2) – Michele Ainis. Costituzionalista e scrittore italiano

***

Appendice del 3 giugno 2024 (cfr. Commento di Sandro Russo)

L’articolo di Concita De Gregorio, da la Repubblica, in file .pdf:

La parolaccia e il consenso, di Concita De Gregorio. Da la Repubblica 02.06.2024

3 Comments

3 Comments

  1. Sandro Russo

    2 Giugno 2024 at 07:32

    Scrive Enzo Di Fazio nella sua bella epicrisi odierna:
    “Quello che vorremmo ed abbiamo sempre auspicato, fin da quando il sito si è affacciato alla vita politica dell’isola, è l’apertura di un canale informativo sulle scelte importanti che si fanno e l’apporto di contributi, secondo i principi del buon senso, di chi vuole rappresentare critiche, proposte, problemi e vicende”.
    Riprendo l’argomento, di grande importanza, pur se presentato nello stile ‘felpato’ di Enzo.
    Ricordo che quello della comunicazione ai cittadini è stato sempre un ‘casus belli’ tra il sito Ponzaracconta e le varie amministrazioni che si sono succedute “a Palazzo”.
    Passo sotto silenzio i rapporti con l’Amministrazione Vigorelli, che la comunicazione la faceva e come, ma a modo suo: lui “asseriva”, più che comunicare e i rapporti con Ponzaracconta sono sempre stati tempestosi.
    Doveva andare meglio con l’Amministrazione Ferraiuolo, ma così non è stato. Dopo un breve periodo in cui tale compito era stato affidato a Martina, il ‘canale’ si è chiuso e anche i membri di quella giunta che ritenevamo più amici si sono arroccati.
    Di qui ho sviluppato il convincimento che non conta il colore politico: chi va “lassù” contrae un virus che lo rende protervo e impermeabile a critiche e consigli.
    L’Amministrazione successiva è storia attuale. Sembra quasi che si facciamo un punto d’onore sprezzare qualunque contatto con noi del sito e qualunque spiegazione ai concittadini, sui temi più importanti e delicati. Come notava Martina in uno scambio seguito all’ultimo articolo del Sindaco, si è giunti all’alterco (e alla supposta diffamazione) perché di ‘certe cose’ non si è mai potuto parlare/scrivere con pacatezza. E chiedeva (Martina) maggior chiarezza per il futuro.

    A proposito di alterchi e del linguaggio volgare invalso in politica [Enzo lo ricordava nato e sdoganato con Berlusconi, che ha avuto in molti campi un’immensa (e nefasta) influenza sugli italiani dell’ultimo trentennio] ho letto su la Repubblica di stamattina (on line, prima di avere il giornale cartaceo tra le mani) un commento di Concita De Gregorio, che pubblicheremo domani sul sito (per rispettare l’imperativo che i giornali devono per prima cosa essere venduti). Ne leggeremo delle belle…

  2. Sandro Russo

    3 Giugno 2024 at 06:25

    Ieri Enzo Di Fazio ha centrato la sua epicrisi domenicale sulle parole e sull’uso che ne facciamo. Avevo preannunciato questo commento di Concita De Gregorio, da la Repubblica di ieri. Ebbene – vale quanto un saggio di antropologia – all’estremo opposto del mondo in cui Aldo Moro (citato da Enzo Di Fazio) andava in spiaggia con giacca e cravatta perché in ogni momento “rappresentava le Istituzioni” è il mondo che stiamo costruendo, in cui qualunque volgarità, ogni deroga alla decenza è utile se funziona, se aumenta il consenso. In fondo siamo noi che lo vogliamo, che lo permettiamo: “Sgarbi siamo noi stessi”. Prendiamone coscienza, poi ciascuno deciderà per suo conto. Grazie a Concita De Gregorio.

    In Allegato .pdf all’articolo di base, il Commento di De Gregorio

  3. Sandro Russo

    17 Giugno 2024 at 12:00

    Si parlava di volgarità nella vita pubblica, nel modo di esprimersi, anche delle persone delle istituzioni. Un altro degli svantaggi di ricorrere alla parolaccia tout court è che viene perduto quel fine esercizio di ironia e sarcasmo che voleva offendere sì, ma in modo fine. E mi sono ricordato un esempio di altri tempi. Sedevano insieme in Parlamento, Marco Pannella che non ha bisogno di presentazioni e l’on. Oronzo Reale, segretario, mi pare, del partito repubblicano. Non so a quale uscita di quest’ultimo, prese la parola Pannella, per ribattere, con la sua voce roboante, amplificata dai microfoni…
    Poche parole: – Oronzo, Oronzo… quanto sei str… (pausa a effetto) …ano!.
    Altri tempi…Appunto!

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