Europa

Le brutte elezioni europee

segnalato dalla Redazione da la Repubblica di domenica scorsa 

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Abbiamo sempre scritto molto di “Europa” sul sito, il 9 maggio scorso è stata la “Giornata dell’Europa” e abitualmente ospitiamo gli scritti di Paolo Rumiz che dell’idea di Europa è convinto assertore, ancorché deluso e preoccupato delle condizioni geo-politiche in cui versa. Non potevamo mancare questo articolo di Concita De Gregorio, al riguardo, una sorta di “epicrisi della domenica” sulle elezioni viste dal nostro ridotto italiano.

Il commento
Una campagna insignificante
di Concita De Gregorio – Da la Repubblica del 19 maggio 2024

Delle due l’una. O ci stiamo per estinguere come civiltà occidentale, sopraffatti da mandarini dittatori e ayatollah, allora la situazione sarebbe effettivamente grave, o è tutto un dice-dice e allora possiamo continuare a intrattenerci con le cene di Lollobrigida e i palleggi di Renzi. O siamo sull’orlo di una nuova guerra mondiale come sembrerebbe ad ascoltare gli analisti, il rombo quotidiano di minacce atomiche, i leader tonitruanti, persino ad andare al cinema e così accordarsi alle virtù profetiche dell’arte — New York in rovina, o preda di una guerra civile, o capitali occidentali divenute teatro in rovina di bande di sopravvissuti famelici. Oppure no, sono esagerazioni apocalittiche date in pasto a un’opinione pubblica sempre più vorace di allarmi e insieme indifferente ai medesimi, e allora ci si potrebbe con minor apprensione rassegnare alla campagna elettorale per le Europee più insignificante di sempre. La più povera di proposte, di visioni adatte, per esempio, a fare dell’Europa una trincea contro il declino dell’Occidente nella battaglia — semplifico, chiedo scusa — fra il bene e il male.

Si vota fra venti giorni. Il picco della discussione pubblica si è avuta sulla proposta di Giorgia Meloni di invitare a scrivere solo il nome sulla scheda. Detta Giorgia. Ideona. Si risparmia tempo, mina della matita, uso delle sinapsi, si guadagna in confidenza. Perché non tutti, allora. Detto Matteo, detto Vanna. Magari la prossima volta. Al secondo posto: fare non fare e dove fare il dibattito tv. Non sarebbe stato male, un confronto fra le due leader dei primi due partiti, lo avremmo visto volentieri. Sempre meglio di un programmino replica dei successi degli anni Ottanta venduto come novità di palinsesto. Certo, da Vespa, come sempre. No, però. Perché di certo Conte ma pure immagino gli altri leader dei partiti minori hanno protestato e qualcuno ha fatto ri corso. Hanno opposto ragioni formali: è un voto proporzionale, tutti devono essere rappresentati.

Fare ricorso è l’ultima trincea dell’altrimenti estinta fiducia nella giustizia: ricorrono tutti, genitori di figli bocciati, pazienti mal curati, appaltatori sconfitti, cause perse. Bene, legittimo. Però allora bisognerebbe conservare la stessa fede nell’ordinamento giudiziario quando dispone rinvii a giudizio, arresti, quando indaga nel malaffare ma lì invece no. Lì è giustizia a orologeria, è giustizia politica, è tutto un magna magna. I giudici e gli organismi di controllo sono buoni solo quando impediscono a qualcun altro di fare quel che avresti voluto fare tu. Allora si ricorre, la funzione inibitoria gode di massimo intatto credito. Del resto è diffusissimo l’equivoco in base al quale la competizione consista nell’impedire agli altri di fare anziché provare a fare meglio degli altri. E insomma interviene l’Agcom, giudice di queste cose, e dice niente dibattito. Chi ci perde?
Una settimana di discussione e di retroscena sul presunto vantaggio della presunta svantaggiata quando a perderci sono solo le persone da casa: che avrebbero dovuto vedere di più, dice solenne l’Agenzia, e così invece non vedono niente. Sull’altro canale, tv privata, approfondimento sulle intenzioni belliche e terrestri di Macron, sulla risposta tracotante di Putin, sulla possibile rielezione di Trump, sull’asse Russia-Cina a discapito dell’Occidente. Angoscia.

Telecomando, zap. Reportage sull’Ucraina allo stremo, zap, pacifisti italiani contrari all’invio di armi a Zelensky, taluni candidati nel Pd talaltri in una nuova lista le cui firme non sono però state ammesse in certe Regioni, ricorso.
Zap. Celebre ministra lamenta di non poter parlare, di essere vittima di censura, lo fa in tv su diversi canali: sta parlando, tuttavia e meno male perché tutti, tutti hanno diritto di parola. Ecco i comitati pro vita nei consultori (quali consultori, dove sono i consultori?).
C’è in generale un tema grande di competenza della classe dirigente. Certo che tutti hanno diritto di parola ma sarebbe bello assai che dicessero qualcosa di sensato e di illuminante, quando parlano. Sarebbe magnifico che a governare, a fare politica ci fossero persone competentissime, assai migliori di noi cittadini che abbiamo la ventura di poter eleggere qualcuno che ne sa più di noi.
Zap, se Ilaria Salis e Giovanni Toti siano da mettere sullo stesso piano, quanto a commesse illegalità presunte. (Gli scandali giudiziari ancora qualcosa muovono. Tengono banco, in un senso o nell’altro indignano. Il caso Genova per esempio, avrebbe presa su circa cinque milioni di elettori, indicano gli osservatori di intenzioni di voto. Sarebbero incerti, a centrodestra, se rinnovare il loro consenso).
La corruzione e la presunzione d’innocenza. La politica e gli affari. Ricordo la preistoria. L’altro giorno ero in un ospedale pubblico romano e all’improvviso mi è tornato in mente di quando alla fine degli anni Novanta quel polo, allora privato, fu venduto da Don Verzè non allo Stato (che era in lizza per comprarlo) ma una società della famiglia Angelucci la quale lo rivendette allo Stato pochi mesi dopo.
D’Alema era presidente del Consiglio, lo dico come elemento di cronaca: governava la sinistra. Fu un breve passaggio di mano. Angelucci lo comprò per 270 miliardi, leggo, e lo rivendette per quasi 320 nel giro di un momento: 50 miliardi di profitto, che straordinario imprenditore, no?

Il panorama attuale consta di abilità minori e maggiori goffaggini, vien da dire. Si sono impoverite le competenze, persino nel dare per avere, ma non la consapevolezza di sé.
Tutti perseguitati, tutte vittime, tutti statisti.
È una sindrome appassionante, seconda nella mia affezione solo alla sindrome rancorosa del beneficiato.
Questa è una distorsione cognitiva detta effetto Dunning-Kruger, dal nome dei due scienziati che l’hanno studiata: chi non ha competenza si sopravvaluta, chi ne ha si sottovaluta o al massimo è realista. Allegati grafici di decenni di ricerca. In sintesi. Chi non sa pensa di sapere, chi sa sa bene di non sapere abbastanza.
Zap, intellettuali e/o ministri vittime di micro-aggressioni, tipo uno che ti urla qualcosa, cinque che alzano uno striscione, solidarietà a pioggia.
Zap, la guerra può esplodere in Georgia. I bambini della Striscia. Gli ostaggi uccisi. Le proporzioni e le sproporzioni. Si può dire genocidio? Dibattito.
Intanto Chico Forti è tornato in Italia, foto, il ponte sullo Stretto darà lavoro, foto, e pazienza se l’occupazione cresce a 4.50 l’ora, pazienza per chi muore nei cantieri. Salvini dai manifesti elettorali promette di proteggere le case e le auto degli italiani, pare la pubblicità di un antifurto.

Fra venti giorni si vota e noi qui a pretendere che si parli di Europa, la solita sinistra disfattista. Se ci dobbiamo estinguere almeno estinguiamoci ridendo, dai, essù: un bel sorriso per la foto.

 

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