proposta da Vincenzo Ambrosino
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Io ascolto musica quando leggo, quando scrivo… però non mi chiedete come si chiama quel tal cantante o quel complesso, lo dimentico. Ma se mi piace una certa musica mi entra dentro: nel cuore, nell’anima, nella mente. La musica che mi dà emozioni la percepisco dal primo accordo; se poi a quegli accordi, a quel suono si aggiungono parole che sento mie, allora sono felice.
Ascoltando Peppe Servillo – che oltre a far rinascere canzoni napoletane con la sua voce colta e la sua mimica da attore di teatro, è anche “la voce” degli Avion Travel –, mi sono trovato ad ascoltare questa canzone di Fausto Mesolella su testo di Stefano Benni.
Quello che non voglio
Io non voglio morir cantante
Se al buon sonno del padrone
Servirà la mia canzone
A gola storta voglio cantare
Ringhio di porco e romanze nere
Voglio svegliarvi col fiato ansante
Io non voglio morir cantante
Io non voglio morir poeta
Di ogni passione sceglier la dieta
Gioie, amorini e dolori piccini
Da imbalsamare dentro il rimario
Della giuria al valor letterario
Coda di sangue ha la mia cometa
Io non voglio morir poeta
Io non voglio morire artista
Accucciato come un vecchio cane
Sotto il trono del re di danari
Tra leccaculi e cortigiane
Che alle mie rughe vogliono rubare
Fiori di gelo, dolore e fame
Li accechi il fuoco della mia vista
Io non voglio morire artista
E io non voglio morire libero
Se i begli alberi del mio giardino
Annaffia il sangue del mio vicino
Meglio la peste che l’ipocrita danza
Di vostra santa beneficenza
Chiudete la cella, lasciatemi stare
Di libertà vostra non voglio morire
E io non voglio morire attore
Dentro allo schermo di un paradiso
Crocefisso a un finto sorriso
Di morti in ghingheri e ribelli servili
Re dello schermo, generale dei vili
Ti sto davanti e voi belle signore
Guardate la scena dove gli mangio il cuore
Perché non voglio morire attore
Io non voglio far altro che vivere tra una corda e l’altra
Saltando dentro la cassa di una viola da gamba
Voglio ascoltare le voci di fuori
Ringhio di porco, voce di dama
Tamburo indio, amore che chiama
E voci spezzate di cento popoli che dalla mia terra non voglio scacciare
Io voglio vivere, non ho altro da fare
Io non voglio che mi ricordiate nel trionfo, ma nella mia sera
Nelle cose che dissi tremando, in ciò che suonai con paura
Povere genti che ai menestrelli credete, dimenticarvi di me non potrete
Ed io di voi scordarmi non posso
Dentro un tramonto feroce e rosso
Dentro un cielo di sangue e vino
Ascoltate come sembra il primo, l’ultimo accordo che io imparai
Io non voglio, non voglio morire
E a morire non riuscirò mai
Fausto Mesolella nasce a Caserta nel vicolo Della Ratta, il 17 febbraio 1953 ed è cresciuto con una generazione di musicisti, attori e scrittori.
Samuele Bersani ha chiamato la chitarra di Mesolella “l’insanguinata” per via di quella colorazione rosso sangue “che tradiva quell’anima del grande combattente”.
E lui ci teneva a sottolineare: “Io sono completamente autodidatta. Non ho mai studiato, non ho mai avuto un maestro che mi ha detto questo è il Do, questo è il Re. Ho trovato questi accordi da solo e quindi ho continuato da solo”.
E’ stato adolescente, in una città che dava poco spazio a spiriti artistici e lui non aveva tanto tempo neanche per lo studio aveva una passione la musica e una amica che era la sua chitarra.
A 15 anni aveva deciso che la sei corde sarebbe stata il suo pane, la sua poesia, il suo futuro, la sua droga quotidiana: «il primo ingaggio fu al matrimonio di Ugo, parrucchiere di via Roma». Feste nuziali e di piazza furono la sua scuola, la sua gavetta, la sua università, la sua rivoluzione sociale: imparò a suonare con tutti, per tutti, di tutto. Il debutto da professionista risale al 1968, con i Condor. Nel 1970, dopo lo scioglimento dei Condor, forma un nuovo gruppo i Coronilla Varia. Il gruppo però non raggiungerà la fama a causa di dissapori interni. Sempre nel 1970 forma il complesso La Prima Pagina con il quale suona senza sosta dividendosi tra i vari ingaggi, approfittando di qualsiasi occasione possa servire ad arricchire la formazione e la conoscenza del palco per un musicista. Dal 1974 al 1975 fa parte dell’Orchestra di Augusto Martelli. Dal 1983 al 1986 lavora presso uno studio personale di registrazione, cura arrangiamenti e produzioni per vari artisti italiani. Il 16 gennaio del 1986 entra a far parte della Piccola Orchestra Avion Travel guidata da Peppe Servillo.
Ma quando stava da solo con la sua chitarra continuava a cercare con essa una via per valorizzare quell’amore. Cercare tra quelle corde i giusti accordi che dessero il suono, un particolare suono che lo facesse riconoscere in mezzo a tanti altri suoni.
“Per me il chitarrista deve avere un suono. Io parlo per me, l’ho visto sulla mia pelle. Io non so fare neanche due scale con la chitarra, non c’ho mai pensato. Non so neanche come si chiamano gli accordi che prendo. Però tendo ad avere un suono che penso di avere raggiunto definitivamente negli ultimi anni. Con la mia ‘Chet Atkins’ sono riuscito a creare un suono personale che fa dire alle persone che mi conoscono: «Ah, questo chitarrista ha il suono come ce l’ha Fausto!»
Il suo obiettivo era di avere un suo suono che lo rendesse unico”.
Ed io ho ascoltato quel suono della sua chitarra e mi sono sentito trasportato in un viaggio che attraversa spazi, confini , orizzonti. Fausto è riuscito a trovare il suono che ti porta via con se. E’ riuscito poi, a trovare un’anima gemella, un poeta che con le sue parole ha dato contenuti che riempiono quegli spazi creati dalla suona della chitarra. Spazi che non sono mai geografici, esterni al tuo essere uomo ma sono spazi interni, intimi in cui si producono vibrazioni che collegano con il tutto.
Fausto Mesolella e Stefano Benni, due artisti quasi coetanei si sono conosciuti a casa di Dario Fo e dopo il loro sodalizio artistico è continuato nello spettacolo “Ci manca Totò”. In quell’occasione Fausto disse: “abbiamo avuto modo di approfondire la nostra amicizia, e poco tempo dopo lui mi ha regalato queste splendide poesie che ho musicato e pian piano ha preso vita l’idea di realizzare un disco “Live ad Alcatraz”. Un album che è un viaggio nel mondo dell’anima.
Quando ho ascoltato questo album non sapevo che Fausto Mesolella fosse morto. Poi Sandro mi ha detto di scrivere qualcosa e ho scoperto che ora Mesolella è solo un’anima.
E Anima è una poesia di Benni musicata da Mesolella ed è bellissima: “Anima, non ci sono più diavoli che la richiedono preferiscono gli immobili”.
Provate a sentire questo brano sempre di Mesolella/Benni dal titolo “Tulipani”, quando inizia con quel suono che diventa una nuvola trasparente che si muove spinta da una brezza leggera “Non occorre parlare, certi silenzi soffiano come il vento”.
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Tulipani
Non occorre parlare
Certi silenzi soffiano come il vento
Foglia di amore vola lontano
Nel tempo in cui si apre un tulipano
Foglia di amore vola lontano
Nel tempo in cui si apre un tulipano
Era all’inizio un piccolo cuore
Che linfa e destino premeva a fiorire
Spalancò i petali e fu bocca e cratere
Fuggirono parole, baci ed ore
Spalancò i petali e fu bocca e cratere
Fuggirono parole, baci ed ore
Ma splendido fu il tempo
Necessario, lento, violento
Per me forse l’ultimo, per te il primo
Il primo del tuo nuovo giardino
Per me forse l’ultimo, per te il primo
Il primo del tuo nuovo giardino
Fausto – non lo sapevo quando ascoltavo la sua musica – è morto a Macerata Campania il 30 marzo del 2017. Il suo cuore era malato; la sua fragilità fisica ha dato forse il carattere al suono della sua musica.
Fragilità che è un valore per l’uomo, significa essere unici, irripetibili. Se tutti gli uomini riuscissero a non nascondere il lato, forse più bello del loro essere – la loro fragilità -, avremo in giro più artisti e meno arrampicatori sociali.
La fragilità è la bellezza. Bellezza che non è solo quella fisica estetica ma anche quella interiore. Bellezza è la diversità, è l’irripetibilità di un uomo che non può essere replicato e di questo ci accorgiamo quando viene a mancare. Magari non lo consideriamo, lo sottovalutiamo, deridiamo quell’uomo per il suo manifestarsi tra di noi ma poi quando viene a mancare ne sentiamo l’assenza. E allora ci accorgiamo delle qualità che aveva. Per esempio sapeva ascoltare, aveva un bel sorriso. Era gentile, educato, era romantico, generoso, leggeva di nascosto poesie, amava la musica. “Io non voglio che mi ricordiate nel trionfo, ma nella mia sera. Nelle cose che dissi tremando, in ciò che suonai con paura”.
Vale come un Addio.
Agrigento, 27.12.14 – Fausto Mesolella interpreta con la sua chitarra “Imagine” di John Lennon durante l’evento Extra sul palco del Pala Moncada a Porto Empedocle.
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Appendice del 14 maggio (cfr. Commento della Redazione)
A grande richiesta, per messaggi giunti in redazione, aggiungiamo al bell’articolo di Vincenzo su Fausto Mesolella un brano “chitarra solo” dall’album del titolo.
Fausto Mesolella – Dall’album “Suonerò fino a farti Fiorire” del 2012
Sonatina improvvisata d’inizio estate.
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Link all’intero album:
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La Redazione
14 Maggio 2024 at 06:19
A grande richiesta, per messaggi giunti in redazione, aggiungiamo al bell’articolo di Vincenzo su Fausto Mesolella un brano “chitarra solo” dall’album del titolo.
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Fausto Mesolella – Dall’album “Suonerò fino a farti fiorire” del 2012.
Sonatina improvvisata d’inizio estate.
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Nell’articolo di base (visto che c’eravamo – ed era su YouTube -, l’intero album!)
GRAZIE VINCENZO! …da parte dei molti cui hai fatto scoprire Fausto Mesolella.