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Festa laica per eccellenza, popolare, di sinistra:
1° maggio
+ lavoro
+ diritti
…titola la Repubblica do oggi in un bell’articolo del suo direttore Maurizio Molinari, stampato su una copertina aggiuntiva che precede quella del giornale vero e proprio.
Lo pubblichiamo in chiaro qui sotto.
Noi vogliamo sottolineare anche l’anima popolare (e mangereccia) della Festa, in una vignetta che ci è stata fatta pervenire da amici dei Castelli…
1° maggio
+ lavoro
+ diritti
di Maurizio Molinari
C’è il lavoro all’origine delle diseguaglianze che generano disagio, proteste e populismo ma le maggiori forze politiche europee sono in evidente affanno nell’affrontare tale sfida. È un ritardo che nasce da una difficoltà oggettiva: l’evoluzione tecnologica cambia il mondo dei mestieri e delle professioni, richiede di riqualificare chi è nel bel mezzo della propria attività lavorativa e obbliga a ripensare il sistema dell’istruzione per modificare in maniera radicale la preparazione, al fine di poter competere su scala globale, anche con i robot.
Si tratta di una rivoluzione del sapere, prima ancora che del lavoro, perché obbliga le democrazie industriali a rivedere non solo il sistema produttivo ma anche quello intellettuale per affrontare una competizione fondata sulla capacità di gestire e guidare lo sviluppo delle nuove tecnologie. Se tutto ciò è all’origine della più profonda e seria delle diseguaglianze è perché la differenza fra coloro che riescono a riqualificarsi e gli altri genera una ferita profonda che esclude dal sistema produttivo una moltitudine di persone, mettendone a rischio prosperità e sicurezza.
Più ci si sente esclusi più si vive nel disagio, generando protesta e scontento che alimentano disaffezione per le istituzioni della democrazia rappresentativa. Poiché siamo nel bel mezzo della campagna elettorale per l’Europarlamento è dunque necessario porre alle forze politiche della Ue la necessità di proporre iniziative per accelerare la riqualificazione professionale, adattare la preparazione scolastica alle nuove tecnologie e immaginare delle protezioni sociali capaci di sostenere chi si trova ad affrontare questa difficile fase di transizione. Più si tarda, più grave sarà la ferita da rimarginare.
A dimostrarlo sono i segnali che abbiamo davanti a noi: l’aumento esponenziale dei lavoratori deboli, che si accontentano di paghe insufficienti pur di avere un impiego precario; il numero in crescita inarrestabile dei giovani che abbandonano le università o ancor peggio non si iscrivono; la carenza cronica di nuove professionalità hi-tech; lo spopolamento dei piccoli centri rimasti ai margini dell’innovazione digitale. E, su tutto, la feroce costanza del numero delle vittime sul lavoro che evidenzia il ritardo dell’Italia nel garantire le protezioni basilari, necessarie a chi è impiegato nei cantieri.
A dispetto dei moniti inequivocabili arrivati dagli ultimi due presidenti della Repubblica, i morti sul lavoro nel nostro Paese continuano a sottolineare il drammatico contrasto fra la realtà di tutele insufficienti per chi opera in maniera assai tradizionale e la necessità di ripensare radicalmente l’idea stessa di lavoro per far fronte alle sfide del XXI secolo. Ecco perché oggi abbiamo scelto di dedicare l’approfondimento che segue alle stragi avvenute nei cantieri dall’inizio dell’anno, affinché contribuiscano a far maturare l’urgenza di agire per varare leggi e regolamenti capaci di aggredire la più pericolosa fra le diseguaglianze.
[Di Maurizio Molinari, del 1° Maggio 2024]